di Piero Carlesi
Il Granducato, incuneato tra Belgio, Francia e Germania, già paradiso fiscale, oggi è meta per un soggiorno tra castelli e musei. Oltrte alla capitale, per gli amanti della natura e del trekking è da non perdere la Piccola Svizzera, come è chiamata la M
P { margin-bottom: 0.21cm; }
üllerthal.
È il più vasto fra gli Stati più piccoli d’Europa, ma non per questo il più noto (i più piccoli sono la Repubblica di San Marino, lo Stato della Città del Vaticano, i Principati di Andorra e del Liechtenstein). Quello un po’ più grande, anche se pur piccolo, è il Lussemburgo. Quanti italiani lo conoscono per averlo visitato? Pochi. Però per sentito dire lo conoscono in tanti. Un po’ perché storicamente fa parte di quel Benelux, sigla che sta per Belgio, Olanda e appunto Lussemburgo, tanto in voga negli anni Cinquanta-Sessanta, agli albori dei patti europei, un po’ perché dal punto di vista finanziario è stato per anni uno dei paradisi fiscali più vicini a noi.
A questo punto la domanda è: «Vale la pena una vacanza in Lussemburgo?» Anche perché è talmente piccolo (è un quarto della superficie della provincia di Trieste che è la più piccola d’Italia) che per visitarlo anche palmo a palmo due-tre giorni sono sufficienti. La risposta è «sì» soprattutto come sosta se la meta è la Francia o la Germania.
La visita inizia dalla capitale del Granducato, Lussemburgo. Il centro finanziario è proprio qui e lo si vede dal numero spropositato di sedi bancarie presenti (circa 180) e dalle sedi periferiche dell’Unione europea (lo stesso presidente della Ue Juncker è cittadino lussemburghese). Oggi la città è abitata al 60 per cento da stranieri, sia dell’Unione sia da immigrati, questi ultimi soprattutto siriani. Ne consegue che per strada si sentono parlare tantissime lingue anche se quelle ufficiali sono il francese, il tedesco e il lussemburghese, un idioma che è frutto di una mescolanza fra le due lingue degli Stati vicini, usato dagli autoctoni in modo un po’ snob per distinguersi.
La città è divisa in due dalla valle scavata dal fiume Alzette; su un lato il centro storico, un tempo difeso dai bastioni realizzati dal celebre architetto Vauban, sull’altro i quartieri nuovi della fase “europea”; tra di loro, in basso, il vecchio quartiere Grund, già degli artigiani. Le due parti della città sono unite da un grandioso ponte dedicato alla granduchessa Charlotte. Che cosa vedere nella capitale è presto detto: il palazzo Granducale e soprattutto il Museo di storia e d’arte, per ammirare il grandioso e spettacolare pavimento musivo romano recuperato dalla villa di un funzionario imperiale ritrovata nei dintorni. Si tratta forse del mosaico romano rinvenuto più a nord in Europa.
Nei quartieri nuovi, invece, è da non perdere il grandioso Mudam, il Museo d’arte moderna duca Jean, progettato dall’architetto cinese Ieoh Ming Pei, ben inserito in un bastione del Vauban e il vicino Auditorium, sede di concerti.
Esaurita la visita della capitale, non resta che andare in esplorazione dei dintorni, tanto tutto è quasi a un tiro di schioppo. Intanto ci colpiscono i vigneti che costeggiano per 42 chilometri il corso della Mosella, fiume che segna per un buon tratto il confine di Stato con la Germania. La vite fu portata dai Romani e si è ben adattata. Oggi la produzione di vini è di eccellenza, soprattutto per il crémant, uno spumante secco prodotto da uve chardonnay e pinot blanc.
A 37 chilometri a sudest si trova Schengen, nota per il celebre trattato europeo: qui hanno voluto sfruttare la popolarità a fini turistici aprendo un piccolo museo sulla Mosella.
Un altro motivo d’attrazione del Paese è dato dall’abbondanza dei manieri. A Clervaux, per esempio, il castello del borgo ospita la mostra permanente The family of man, che racconta la storia degli essere umani. L’esposizione presenta 503 fotografie di 273 autori (tra cui Robert Capa, Ansel Adams, Henry Cartier-Bresson) e fu realizzata nel 1955 per essere esposta al Moma di New York; oggi, pur datata, resta una testimonianza di grande interesse. Un altro castello che vale la pena di visitare è quello di Vianden costruito tra l’XI e il XIV secolo sui resti di una fortezza romana. Arroccato sulla montagna, a guardia della vallata, domina il piccolo abitato. Ai piedi del maniero si distende il borgo che vanta la bella chiesa della Trinità, mentre sulla spalla del ponte sul fiume Our fa la sua bella figura il busto, firmato da Auguste Rodin, di un tormentato Victor Hugo, che qui soggiornò in un edificio oggi trasformato in museo.
Prima di lasciare il Paese è consigliabile fare un’ultima puntata nella Müllerthal, area protetta ricca di boschi di faggi e betulle, che ricoprono le dolci colline, e di formazioni rocciose spettacolari entro le quali si snodano sentieri con scalette in ferro. Qui gli appassionati di trekking trovano numerosi sentieri che permettono di attraversare il territorio tra Beaufort ed Echternach. Sono a disposizione tre percorsi ad anello di varia lunghezza per un totale di 112 km, ognuno percorribile in due giorni, coordinati nel Müllerthal trail (mullerthal-trail.lu). Nei punti info si può noleggiare tutta l’attrezzatura necessaria. E a questo punto non sta che mettersi in cammino!