Lombardia, sul Sacro Monte di Varese

A cinque chilometri dal centro della città si trova uno dei posti più amati dai varesini. È il Sacro Monte di Varese, luogo di meditazione e preghiera, ma anche meta di passeggiate laiche e panoramiche, soprattutto al tramonto. Realizzato nel XVII secolo sulle pendici del monte Orona e oggi Patrimonio Unesco, ospita interessanti musei come quello dedicato a Lodovico Pogliaghi, l’artista che realizzò la porta del Duomo di Milano

E’ il riferimento d’obbligo per gli occhi dei varesini. Il piccolo borgo spicca in groppa al monte di Velate come una corona di pietre e mattoni e si affaccia su un panorama unico, che abbraccia a perdita d’occhio laghi e montagne, paesi e città, compresa la nuova Milano dei grattacieli, la dorsale degli Appennini liguri e la catena del Rosa. È il Sacro Monte di Varese, un tempo denominato “sopra Varese”, Patrimonio mondiale dell’Unesco e percorso devozionale conosciuto nel mondo, ideato nel 1604 da padre Giovanni Battista Aguggiari da Monza, cappuccino predicatore, e realizzata dall’architetto Giuseppe Bernascone, detto il Mancino, progettista dei campanili del Santuario e della basilica cittadina di S. Vittore.
Sul monte si sale per passeggiare chiaccherando, per fare footing, spesso per recitare il rosario, a volte per “bigiare” la scuola o solamente per starsene un po’ in pace a contemplare il panorama che nel 1881 fece scrivere a Samuel Butler, nel suo Alps and Sanctuaries of Piedmont and the Canton Ticino: «Pare che gli italiani non possano guardare un luogo elevato senza desiderare di metterci qualcosa in cima, e poche volte l’hanno fatto più felicemente che al Sacro Monte di Varese».
Oggi la Madonna del Monte, come i vecchi varesini chiamano il borgo, è al centro di un impegnativo piano di rilancio che ha segnato, come prima tappa, la creazione di un polo museale a riunire il Museo Baroffio e del Santuario, il Museo Pogliaghi e la cripta sotterranea, restaurata e riaperta alle visite dal novembre 2015. «Lo scorso anno abbiamo avuto oltre 5mila visitatori...

«Lo scorso anno abbiamo avuto oltre 5mila visitatori, tra cui molti giovani, attirati anche dai concerti nella sala che custodisce il calco in gesso della porta principale del Duomo di Milano, realizzata in bronzo da Lodovico Pogliaghi. Molti studiosi vengono per approfondire le ricerche sulla collezione dello scultore milanese che visse a Santa Maria del Monte fino alla morte», spiega Marina Albani, della società Archeologistics, che gestisce il museo per conto dell’Ambrosiana di Milano, proprietaria degli immobili per donazione dell’artista e, da qualche mese, anche il management dell’intero polo museale.«Anche la Cripta posta sotto l’altare del santuario è molto visitata e offre la vista di splendidi affreschi devozionali datati tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, che raffigurano Sant’Ambrogio, l’Annunciazione, la Natività, la Crocifissione e la Trinità».
Il Museo Baroffio, invece, riaperto già nel 2001, accoglie accanto alla scultura della Madonna con Bambino del XII secolo, a dipinti di scuola fiamminga, lombarda, emiliana e veneta, a uno dei primi antifonari ambrosiani, con miniature del XIII secolo, e a tre importanti paliotti della Milano degli Sforza, anche una raccolta di opere moderne degli artisti più amati da papa Paolo VI, grande collezionista d’arte del Novecento.
«L’intenzione del Comune di Varese è di creare un vero e proprio sistema che comprenda il lago con l’Isolino Virginia, anch’esso patrimonio Unesco, e il complesso del Sacro Monte, perché la via Francisca del Lucomagno, che collegava Costanza a Pavia unendosi alla Francigena verso Roma, passava anche da Varese e la sua riscoperta può essere un importante veicolo turistico per l’intero comprensorio», dice l’assessore alla Cultura e al Turismo Roberto Cecchi.«Certo, servono piccole infrastrutture per migliorare l’accesso al Sacro Monte: parcheggi non invasivi, punti di sosta e qualche intervento conservativo, peraltro già in atto, per alcune Cappelle della via sacra.

Va ricordato che questo è innanzitutto un luogo dello spirito, da non snaturare, e va contestualizzato all’interno del complesso montano che comprende anche Campo dei Fiori con il recupero, speriamo, del Grand Hotel, tra i più begli esempi del liberty italiano». Anche l’antico albergo Camponovo, della seconda metà dell’Ottocento, che accolse tra gli altri Giosuè Carducci e chiuso per anni, è stato restaurato e riaperto per cerimonie e feste, mostre ed eventi culturali grazie alle ex cantine trasformate in suggestivo spazio museale. Nel borgo è attiva dal 1967 l’associazione Amici del Sacro Monte presieduta da Ambrogina Zanzi, che pubblica la rivista Il nostro Sacro Monte e promuove iniziative culturali per far meglio conoscere le molte bellezze artistiche e naturalistiche della montagna varesina.
Un’altra attrattiva è lo storico albergo-ristorante Al Borducan, dotato di una splendida terrazza sulla quale si gode un panorama unico sulla città di Varese e il lago, dove si può gustare l’Elixir del Borducan, un liquore a base di arancia (borducan in lingua araba) ed erbe aromatiche inventato dal garibaldino Davide Bregonzio nel 1872 e servito con una particolare bottiglia a carillon.
Il complesso architettonico del Sacro Monte di Varese, costituito dal santuario, le 14 cappelle del percorso e gli archi trionfali fu costruito grazie al milione di lire imperiali – una cifra enorme, pari quasi alle entrate annue nel 1612 della città di Milano – raccolto da padre Aguggiari, straordinario cacciatore di sponsor grazie alle prediche infuocate e alla capacità di persuasione messa in atto nelle diocesi di Como, Milano, Novara, Pavia, Vercelli, Lodi e Santhià, e con il cardinal Federigo Borromeo, che benedisse l’iniziativa creando un comitato di notabili e religiosi a Varese, incaricati di amministrare le entrate.
 

In ossequio ai Misteri del Rosario, le Cappelle, perfettamente inserite nella scenografia naturale, diventarono quattordici più una quindicesima, posta idealmente all’interno del santuario di
S. Maria del Monte, oltre ai tre archi e alle altrettante fontane che introducono ai diversi Misteri. Dotate di un portico, di finestre e grate, accolgono gruppi di statue policrome di Dionigi Bussola, nonché affreschi di importanti pittori dell’epoca, tra cui spicca Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone.
A questo luogo amato da Stendhal, che vi capitò una prima volta nel 1811 sulle tracce dell’amata Angela Pietragrua, quindi nel 1817, quando rimase estasiato davanti al tramonto dalla Madonna del Monte con i sette laghi che gli si presentarono dinnanzi, si può arrivare anche con la funicolare che parte dalla Prima Cappella (e un tempo proseguiva fino alla cittadella liberty di Campo dei Fiori) ma il primo problema da risolvere è quello del traffico del finesettimana e dei parcheggi, insufficienti del borgo. Durante la settimana, spariti i venditori di souvenir lungo la via sacra e vicino al santuario e i pullman dei pellegrini, Santa Maria del Monte appare semideserta e si riappropria del suo fascino senza tempo, del silenzio che invita a meditare e a contemplare ciò che la pietà popolare rese monumento solenne alla divinità.
Padre Aguggiari morì nel 1631 e non vide ultimato il suo progetto, completato soltanto nel 1698 nella sua forma attuale, con inoltre l’intervento moderno, nel 1983, di Renato Guttuso, autore della Fuga in Egitto, l’acrilico che orna la parete esterna della terza Cappella, dedicata alla Natività.
Nati per ricomporre la frattura che la Chiesa aveva subito a opera della Riforma luterana, soprattutto per l’azione di San Carlo Borromeo, i sacri monti costituivano, oltre a un chiaro messaggio missionario e spirituale, un baluardo fisico contro l’eresia, un fortilizio posto in un luogo elevato in cui il pellegrino ritrovava quasi per incanto le suggestioni di Terra Santa, come attesta la “piccola Gerusalemme” ricostruita da Bernardino Caimi al Sacro Monte di Varallo, uno dei nove Sacri Monti italiani tutelati dall’Unesco.