Borbonia Felix

Ufficio Stampa Reggia di Caserta

Dalla rinata Reggia di Caserta al borgo artigiano di San Leucio, dalla Cavallerizza di Carditello al Museo di Pietrarsa, tutte le eccellenze di un territorio aperto per voi

Sarà perché mi trovo, nel giorno in cui riapre al pubblico grazie ai Volontari del Tci, nel settecentesco Teatro di corte della Reggia di Caserta, la piccola Versailles italiana all’ombra del Vesuvio. Sarà perché mi conquistano i numeri resi pubblici dall’illuminato direttore, il bolognese Mauro Felicori, che sta portando avanti la sua sfida a colpi di un tridente virtuoso fatto di: a) accoglienza in ogni suo aspetto, b) manutenzione con restauri a regola d’arte e pulizie, c) comunicazione e promozione con successo crescente. Un dato su tutti, mentre da 12 anni si perdevano 50mila visitatori ogni anno, nel 2016 c’è stata la svolta, 650mila turisti contro i 490mila del 2015. Sarà perché mi lascio catturare dalle parole del presidente del Tci, Franco Iseppi: «Oggi realizziamo una promessa che ci eravamo fatti per impegnarci nei beni più performanti che ci caratterizzano: il turismo, i beni culturali, il digitale. Questa è una stagione buona per seminare, da Caserta comincia un cambiamento di marcia del Sud». Insomma, saranno queste coincidenze (associate all’idea che siamo nel 2017, Anno dei Borghi secondo il piano voluto dal ministro Dario Franceschini, e Anno internazionale del turismo sostenibile per l’Onu) che mi fanno affiorare alla mente un’ideale bussola per il cambiamento di marcia con l’ago che punta sulle iniziali di due lettere chiave coincidenti con la sigla della città che ci ospita: CE. C come Conoscenza, Connessione e Comunicazione; E come Emozione, Estetica, Educazione...

Il mosaico dei siti borbonici. Albert Einstein era un bimbetto di quattro anni quando il padre Hermann gli regalò una bussola. Nella sua biografia il geniale fisico racconta che da questa bussola, con l’ago che puntava misteriosamente verso il Nord, i suoi pensieri di bambino volarono verso la scienza e verso curiosità infinite.

La nostra bussola la immaginiamo nella borsa di coloro che pilotano con destrezza navi piccole e grandi nel mare agitato dell’economia dei turismi, dell’ospitalità, del tempo libero, della qualità della vita: cioè di un turismo che è aggregatore e motore di ogni settore economico. Una nuova bussola che punti decisamente verso quelli che sono i binari della strategia di Felicori e del Touring stesso con l’operazione “Aperti per Voi”: oltre alla Reggia, i volontari campani, che sono circa 200, si impegnano già nell’accoglienza presso altri sette luoghi culturali della Regione (a Capua, Napoli e Salerno, ben 200mila visitatori nel 2016). E dal 2005 a oggi tanti i successi dell’iniziativa: sono 2.200 i volontari Tci attivi oggi in tutta Italia, 70 i luoghi aperti in 28 città italiane, in 13 regioni e oltre 10 milioni i visitatori accolti.

Conoscenza perché per guardare al futuro di un sito è importante ricostruire la sua storia e accorgersi dell’importanza strategica della Reggia, posta al centro dei siti borbonici che Felicori vuole rilanciare come sistema. Mettendo insieme piccole e grandi eccellenze che mi delinea.

– San Leucio, borgo confinante con la Reggia, con due file di case tutte uguali costruite per ricevere persone di nazionalità diverse lì chiamate per eccellere nell’arte della seta e che rivestirono, con le loro tappezzerie, i muri delle regge d’Europa e persino della Casa Bianca a Washington.

– Capodimonte, come polo della ceramica: le porcellane partenopee sono un vero e proprio capolavoro che vanta quasi tre secoli di storia. Era il 1743 quando re Carlo di Borbone e sua moglie Amalia di Sassonia fondarono, all’interno della Reggia, la Real Fabbrica di Capodimonte, dedita alla lavorazione della ceramica in modo da eguagliare e poi superare la tradizione teutonica.

– Carditello, è qui che venivano allevati i cavalli della pregiata Real Razza Governativa di Persano.

– Castellammare di Stabia con i suoi cantieri animati a fine Settecento dai bravi maestri d’ascia stabiesi e da 2.006 dipendenti, costruttori della flotta borbonica, la seconda marina mediterranea dopo quella francese.

 – Il Museo nazionale delle ferrovie a Pietrarsa, poco fuori Napoli, dove si fabbricavano i primi treni voluti dai Borboni (vi lavoravano, nel 1853, 700 operai che facevano di quell’opificio il più importante nucleo industriale italiano).

 «L’altro progetto su cui voglio lavorare», mi informa Felicori, «è quello dell’Appia antica. La Reggia è collocata sulla “regina delle strade” dell’antica Roma, con il territorio costellato da musei, di resti romani importanti e poi c’è quell’unicum che sono le matres, le madri latine, divinità rappresentate con in grembo simboli di abbondanza e di fertilità (canestri ricchi di frutta e pani e con tanti bimbi). La strada ci rimanda al tema del paesaggio e dell’acqua, risorsa abbondante che distingue la solare Campania felix rispetto al resto del Sud».

Connettere queste tessere del mosaico borbonico è l’ambizioso progetto cui sta lavorando il direttore venuto due anni fa da Bologna come vincitore di concorso: «Perché la Reggia è il cuore al centro di Borbonia: nasce non per essere la residenza estiva del re di Napoli ma la residenza capitale del Regno delle Due Sicilie. Qui oggi noi abbiamo la tessera Campania art card per entrare nei musei della Regione. Ho proposto, così per scherzare, la Borbonia art card che permette l’accesso a tutti i siti borbonici”.

ll ruolo centrale della parola “connessione” deriva dalla convinzione che in questo momento storico la risorsa chiave non sia il petrolio. I veri giacimenti sono quelli cerebrali; le due mammelle che producono ricchezza da redistribuire sono oggi la conoscenza e l’educazione. La vera ricchezza è saper connettere, saper “mettere in forma” le cose che ci circondano. Per Piero Angela la parola “connessione” dovrebbe addirittura trovare un posto centrale nei nostri sistemi educativi, informativi, culturali, televisivi, scolastici, economici, politici. Dovrebbe addirittura costituire una nuova materia di studio in ogni scuola e a ogni livello. Ore 9: a lezione di connessione, per essere culturalmente all’altezza della gestione di strutture complesse (come sono anche i distretti turistici).

Infine, il modello di Caserta per il Sud e l’Italia tutta sta in un’altra C, quella (per dirla con uno slogan sbrigativo) di Comunicare beni, Comunicare bene. «Appena sono arrivato qui ho annunciato ai 230 dipendenti dell’azienda che mi sarei battuto per migliorare l’accoglienza in ogni suo aspetto, a partire dalla quasi inesistente comunicazione. Così mi sono personalmente messo in piazza su Facebook in modo che ognuno può darmi suggerimenti o critiche. Ho varato i Caserta day, monumenti più sapori e vini del territorio, già festeggiati a Bologna e a Vignola, prossimamente in altre città del Nord Italia e anche all’estero, a San Pietroburgo e a Tokio, dove spero di esportare la nostra mostra permanente Terrae Motus, 80 opere commissionate da Lucio Amelio a grandi artisti contemporanei in occasione del terremoto che sconvolse l’Irpinia».