di Barbara Gallucci
Ginevra, Basilea e Zurigo sono tre capitali dell’arte moderna e contemporanea. Musei, fondazioni e nuove istituzioni ospitano migliaia di capolavori dei maestri internazionali
Il bello del Grand Tour in Svizzera è che proprio della bellezza gli svizzeri ne hanno fatto una questione di orgoglio. La tutela dei paesaggi, della natura, della storia e della tradizione è evidente ovunque, ma l’attenzione si spinge anche molto oltre, puntando sulla creatività contemporanea e le sperimentazioni artistiche. A cominciare da Ginevra, città dalla bellezza sofisticata, circondata dalla Francia, dove si sentono parlare quasi tutte le lingue del mondo anche solo passeggiando sul lungolago. Sede delle Nazioni Unite e di decine di altre organizzazioni internazionali, la seconda città per popolazione della Svizzera ha una lunga storia che ha avuto picchi dall’antichità, col dominio romano, al medioevo con la straordinaria potenza culturale oltre che religiosa di Giovanni Calvino residente in città dal 1536, fino al primo dopoguerra quando diventa sede della Società delle Nazioni nel 1919. Nel terzo millennio Ginevra si propone come polo culturale della contemporaneità. Contemporanei sono i giovani che frequentano le decine di locali, brasserie, ristoranti del Quartier des Bains, un tempo zona industriale, ora concentrazione massima di gallerie e spazi espositivi tra i quali spicca il Mamco, museo d’arte contemporanea che occupa gli spazi di un’ex fabbrica di strumenti scientifici la cui struttura è rimasta pressoché intatta dando vita a un originale dialogo tra le opere esposte. La collezione permanente e le mostre temporanee si alternano in un turn over pressoché continuo, dimostrando una vitalità sorprendente. Dirimpettaio del Mamco il Centre d’art contemporain che si propone come spazio espositivo, ma anche di ricerca e sperimentazione. Nel corso degli anni (fu fondato nel 1974) ha dimostrato un pionierismo lungimirante dedicando mostre a grandissimi artisti in collaborazione con musei e gallerie di tutta Europa come la recente personale di Roberto Cuoghi ora tra i protagonisti del Padiglione italiano alla Biennale di Venezia. Le sue sculture antropomorfe sembrano quasi dialogare con una collezione completamente diversa ma sempre nel Quartier des Bains, quella del Meg, il museo etnografico, un’architettura ardita, ma accogliente e una collezione impressionante (e solo in parte esposta) che conduce in viaggi intorno al mondo tra oggetti, disegni, abiti, monili che, pur di epoche storiche passate, talvolta hanno uno stile ipercontemporaneo, anche più di qualsiasi installazione. Non c’è polvere nelle bacheche, non c’è noia nelle didascalie, anzi, luci, proiezioni, suoni accompagnano una visita interattiva e di concezione estremamente moderna. E il risultato è evidente osservando il gruppo di bambini in gita: invece di ascoltare un po’ annoiati una guida sembrano intenti in una caccia al tesoro divertentissima alla quale è dura non partecipare...
Se Ginevra è la bella scoperta del Grand Tour in chiave contemporanea, Basilea è la conferma di un istinto quasi naturale. Sede della più importante e nota fiera d’arte moderna e contemporanea, non dà l’impressione di volersi sedere sugli allori e la recente inaugurazione del nuovo edificio del Kunstmuseum, realizzato proprio per ospitare la parte più recente della collezione dell’istituzione basilese, è l’ennesima conferma di un’attitudine insita nella città. La struttura è stata progettata da due architetti locali Christ & Gantenbein, allievi e forse futuri eredi dell’altra coppia di prodigi di Basilea Herzog & de Meuron che, nella loro città, hanno realizzato decine di progetti, dalla fiera al nuovissimo edificio per l’azienda farmaceutica Roche, prima parte di un completo ripensamento di un’area immensa. Il loro diretto competitor è un altro svizzero basilese, Peter Zumthor, incaricato di allargare uno dei simboli architettonici della città (anche se non proprio in centro): la Fondation Beyeler i cui spazi, progettati da Renzo Piano, non sono più sufficienti per ospitare la collezione permanente e le impressionanti mostre temporanee. Per i suoi vent’anni, per esempio, la fondazione ha inaugurato un ciclo di esposizioni che stanno catalizzando l’attenzione di visitatori da tutto il mondo. Per primo Monet (conclusasi il 28 maggio), ora Wolfgang Tillmans e poi Paul Klee. Una tripletta che induce ad andare e tornare periodicamente gli appassionati d’arte. Appassionati che se vogliono unire l’allenamento intellettuale a quello fisico possono intraprendere una passeggiata transfrontaliera e camminare dalla Beyeler al Vitra Campus di Weil am Rhein, in Germania. Il percorso del Rehberger-Weg, è lungo meno di cinque chilometri e non è particolarmente impegnativo. Sul tracciato l’artista Tobias Rehberger ha collocato 24 installazioni che si incastrano bizzarramente nel paesaggio. Poltrone giganti, colorati binocoli, casette per uccelli multiformi, cestini per la spazzatura... tutto con forme buffe, morbide, dove il giallo, il viola, il blu, spiccano nella campagna e tra i vigneti. Camminando in una giornata di sole il cervello si ossigena e si nutre, poi una comoda navetta gratuita riporta al punto di partenza.
L’approdo a Zurigo by night può essere spiazzante perché il panorama che si para davanti è chiaramente in crescita. Decine le lucine rosse che indicano gru e cantieri, altrettanti i palazzi di acciaio e vetro sulle quali si riflettono quelle luci. Là dove c’erano decine di impianti industriali le cui macchine componevano ripetitive sinfonie ora si sentono musica, voci, risate. La parte ovest di Zurigo è il fulcro di una rivoluzione urbanistica dirompente. Le enormi architetture delle fabbriche sono diventate musei, come la Kunsthalle e il Migros, abitazioni di lusso, showroom, sale concerti. L’accordo tra gli imprenditori dietro a queste conversioni e i cittadini di Zurigo è chiaro: ci deve essere spazio sia per i nuovi rampanti sia per le famiglie, per il verde e per il divertimento, per la cultura e per il business. Zürich-West è un esempio perfetto di trasformazione riuscita, è di moda, ma c’è ancora un’atmosfera rilassata, alternativa, che lascia spazio anche al relax e allo shopping, possibilmente local. Già perché su questo gli svizzeri sono molto attenti e sostengono l’imprenditoria del Paese e, se possibile, della città. I negozi del Viadukt, ricavati tra le arcate della ferrovia, propongono marchi locali di abbigliamento e design, mentre non lontano svetta la torre di container che ospita la sede di Freitag, una delle aziende più di tendenza di Zurigo che realizza zaini, borse e portafogli con materiale riciclato. La contemporaneità qui prende forme davvero rivoluzionarie, ma con stile.