Spoleto: il Festival fa Sessanta

Il direttore Giorgio Ferrara ci racconta una delle rassegne culturali più importanti del mondo. Un motivo in più per seguirla? Gli sconti per i soci Tci

Quest’anno il Festival di Spoleto compie 60 anni. Ci racconta le linee guida di questa rassegna, forse più speciale delle altre, e i piatti forti che la nutriranno?
È vero, questi sessant’anni sono un traguardo molto importante per il Festival e per questo, durante la prossima edizione, ci saranno molte manifestazioni dedicate a questo anniversario. Avremmo voluto essere ancor più celebrativi, ma la “natura maligna” che ha colpito il centro Italia ci ha indotto a dedicare più attenzione alle gravi problematiche del territorio e, per questo, un Requiem civile per soli, orchestra e coro, da noi commissionato, risuonerà in piazza Duomo per onorare le vittime dell’orribile sisma e per dare speranza ai vivi. Anche parte dell’incasso del Concerto finale, momento più prestigioso del Festival, che vedrà quest’anno, sul podio di piazza Duomo, Riccardo Muti, sarà in parte devoluto al Comune di Spoleto e destinato alla sua città colpita.

Dieci anni tondi tondi come direttore artistico del Festival dei due Mondi. Ci può svelare gli incontri dietro le quinte con i maestri e gli artisti, che l’hanno più emozionato?
Ogni artista è una storia a sé. Fra tutte, posso dire che questi anni sono stati segnati dalla presenza voluta e costante dei due massimi registi del nostro tempo: Luca Ronconi e Robert Wilson. La collaborazione con loro ha, non solo arricchito la programmazione delle diverse edizioni in modo straordinario e originale, ma ha anche emozionato e arricchito me sul piano personale e professionale.

Qual è stata la sua ricetta per risanare il Festival, arrivato a 80mila presenze?
Prima di tutto abbiamo avviato una nuova fase organizzativa e abbiamo superato le annose difficoltà della gestione precedente e i risultati positivi di questi anni sono stati premiati dal recupero delle relazioni con le istituzioni pubbliche, i privati, i media, in un clima di ritrovata fiducia. Grazie a questo e grazie alle diverse politiche e strategie per andare incontro ai tempi, ai pubblici, alle richieste che venivano dal territorio, il Festival ha consolidato la sua immagine e si è riaffermato come evento di punta del panorama culturale mondiale.

 

La sfida è stata quella di emulare il modello storico su un altro terreno, allargando i confini dei due mondi al mondo intero. 
In tempo di crisi abbiamo inoltre dato il nostro contributo affinché chi ama l’arte possa continuare a coltivare le proprie passioni mettendo in atto una politica di drastica riduzione dei prezzi dei biglietti e proponendo diverse tipologie di promozioni sull’acquisto. Il pubblico ha risposto con grande calore al nostro intento di rendere il Festival più fruibile.

Potrebbe provare a tracciare il futuro del Festival di Spoleto?
Credo che oggi il nuovo Festival possa guardare con fiducia al futuro perché in questi ultimi anni si è riaffermato come terreno d’incontro tra culture ed esperienze artistiche diverse, come prestigiosa ribalta per artisti di fama, come importante vetrina per autori emergenti; e soprattutto perché è nuovamente luogo di produzioni originali. Era questa la nostra maggiore aspirazione: riaccendere il dialogo fra passato e presente, tenendo stretto il filo che collega nuove idee e grandi memorie. Continuando sulla strada dell’apertura e della collaborazione verso e con nuovi mondi e puntando sempre all’eccellenza, il Festival avrà lunga vita.

Ci può raccontare la sua Spoleto del cuore?
Spoleto possiede spazi scenografici incredibili, che sembrano nati per ospitare la manifestazione. Fra i luoghi che amo di più, direi certamente la Rocca Albornoziana che sembra accoglierti, così imponente e dominante, all’ingresso della città. E poi il Duomo con la sua grande piazza palcoscenico, il Teatro Nuovo dell’Ottocento, così lussuoso ed elegante, il prezioso Teatro Caio Melisso, un gioiello del Seicento, il suggestivo Teatro Romano all’aperto, la chiesa di S. Nicolò e il suo magnifico chiostro, la chiesa gotica di S. Simone, così délabré eppure così affascinante, la chiesa di S. Salvatore una delle principali testimonianze dell’arte longobarda, oggi patrimonio dell’Unesco… ma anche i bellissimi palazzi nobiliari di cui Spoleto è ricca e le sue stesse strade e i vicoli permeati da un fascino senza tempo.