di Clelia Arduini | Fotografie di Ignacio Maria Coccia
Per la sua forma a gomito protesa nell’Adriatico, è l’unica città in Italia dove il sole sorge e tramonta sul mare. Ed è l’unica con la spiaggia nel centro storico. Ma anche la montagna.
Oltre il porto, andiamo a scoprire il sorprendente capoluogo delle Marche, oggi come in passato un formidabile insieme di popoli
È una tempera su tavola e misura 21 centimetri, come un fazzoletto. Eppure questa minuscola opera firmata Carlo Crivelli ha motivato il viaggio di una coppia australiana di Perth, che lo ha raccontato in poche righe sul librone delle presenze nella Pinacoteca comunale di Ancona, dove la tela in questione, Madonna col Bambino, del 1489, è conservata. Grande è stato, nel leggerlo, lo stupore degli operatori del museo.
Suggestioni di una città riservata e speciale con 24 secoli di storia, un Adriatico dalle sembianze mediterranee che la tocca senza pudore a nord, a ovest e a est, un paesaggio da stretta allo stomaco che si fa strada tra i colli del Monte Conero, chiese maestose arrampicate su piazze, colli a tutela ultracentenaria della comunità, musei che celano inaspettati capolavori e ancora il mare, il primo vero cittadino di Ancona, che per il sistema viario del centro si fa in due: quello del bacino portuale e quello della spiaggia del promontorio a picco sulla marina, il Passetto.
E poi quale altra città vanta la prerogativa del sole che qui si alza al mattino e tramonta la sera sempre sullo stesso mare? Preziosi doni che la natura e il genio italico hanno regalato al capoluogo marchigiano, ancora poco conosciuto persino agli italiani, e su cui il governo della città ha deciso di puntare con l’orgoglio di chi si sente ancora parte della stirpe greca dei Dori cui appartenevano i Siracusani, suoi fondatori nel IV secolo a.C. e che per questo tutti definiscono “dorica”. Su tutti i fronti, dal porto al centro storico, è partita la rimonta che non ha trovato ostacoli nemmeno nel terremoto. Il sisma infatti si è sentito anche qui, ma non ha provocato crolli e distruzioni come in molte altre città marchigiane.
La Mole Vanvitelliana, detta anche Lazzaretto, una fortezza pentagonale che si erge sulla banchina S. Giovanni da Chio, unita alla terraferma da un ponticello, da qualche anno è diventata il contenitore dei grandi eventi estivi, dalla gastronomia di Tipicità in Blu, alle mostre temporanee: dopo aver ospitato Steve McCurry, qui l’autunno avrà i colori del poliedrico artista marchigiano Enzo Cucchi.
Più avanti il molo nord, l’area più bella del porto antico situato a settentrione del promontorio a forma di gomito da cui Ancona, che in greco significa appunto “gomito”, ha preso il nome, si offre finalmente libero da ostacoli con una riuscita riqualificazione e ora può essere percorso a piedi fino alla fine. Una sosta, come una preghiera, viene naturale al bianco e solenne Arco di Traiano, il simbolo più antico di Ancona: basta sfiorarlo ed ecco rivivere l’imperatore che scelse lo scalo come luogo di partenza per le guerre contro i Daci, decretando la fortuna e la fama del centro. Sta lì, imponente e austero, come una porta che si apre sul passato.
Pochi metri ed ecco un’altra porta, l’Arco Clementino, in pietra d’Istria, voluto da Clemente XII Corsini intorno al 1735, opera di Luigi Vanvitelli che si ispirò al precedente romano.Da questo punto il molo si assottiglia fino alla Lanterna rossa, simbolo moderno del centro marchigiano, cui è stata aggiunta la panchina degli innamorati da dove lo sguardo si perde nel mare o nel cielo.
C’è un altro spettacolo che da questo punto, ogni giorno, da centinaia di anni, va di scena gratuitamente: è il mare che tramite il porto abbraccia ed è abbracciato dalla città. Un gesto d’amore, benedetto, dall’alto del colle Guasco, da una delle chiese in stile romanico-bizantino più bella delle Marche, il Duomo di S. Ciriaco. Intorno, a picco sul mare, tra i colli Cappuccini e Cardeto, 35 ettari di verde e storia: è il parco del Cardeto, che racconta la storia della città specie dal punto di vista militare, con il bastione di S. Paolo e il Forte Cardeto.
Tra biancospini e ornielli spiccano i 16 metri di altezza del vecchio faro, da oltre 40 anni in pensione, ma che ha ancora tanto da raccontare come quella volta, nel 1904, quando Guglielmo Marconi, proprio da qui, riuscì a collegarsi con una stazione della Cornovaglia. Da quassù il profilo della costa alta e frastagliata si può disegnare con il dito.
In centro, restyling anche per l’ottocentesca piazza Cavour, che fa da cerniera tra le due parti della città e i due mari: corso Garibaldi e la cosiddetta “spina dei corsi” e la zona residenziale che attraverso viale della Vittoria porta al Passetto.
Ma è nella Pinacoteca che si disvela l’inaspettata grandezza artistica di Ancona. L’esposizione con il suo nuovo ampliamento e gli inediti percorsi espositivi accoglie i visitatori con una cascata di capolavori come la Pala Gozzi di Tiziano, la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto, la Santa Palazia del Guercino, i Quattro Santi in estasi di Andrea Lilli, il tutto con la supervisione dell’artista di Ancona per eccellenza, Francesco Podesti, cui il museo è dedicato, che ha per sé e il suo Giuramento degli anconetani – che ricorda la resistenza della città contro l’esercito del Barbarossa – un ambiente interamente dedicato che affaccia sul chiostro monumentale. C’è anche uno spazio medievale destinato agli allestimenti temporanei e tele di pittura moderna. In meno di un anno il museo ha ricevuto più di 10mila visitatori, un dato da applausi considerando che la città non fa parte dei centri d’arte italiani scelti dai turisti per i loro fine settimana. Dalla sua, Ancona ha i croceristi, che però mordono per poche ore il territorio, vedendo poco e comprendendo ancor meno.
La città invece è da capire e da scoprire poco a poco. Basta entrare nella chiesa di S. Domenico per rimanere folgorati dall’Annunciazione di Guercino e dalla Crocifissione di Tiziano e poi farsi travolgere dall’azzurro e dall’odore del mare, diffusi ovunque. Ecco, questa è Ancona, formidabile insieme di popoli – Armeni, Ragusei, Greci, Turchi, Slavi, Ebrei – che qui trovò il suo approdo divenendo nei secoli un’unica, potente e laboriosa comunità.
Del resto una città che ha il mare dentro, come un’anima in continuo movimento, come fa a non emozionare?