di Isabella Brega
A Conca dei Marini, dove negli anni Sessanta era facile incontrare Gianni Agnelli, Margaret d’Inghilterra, Sophia Loren e Jackie Kennedy. E nel monastero dove inventarono le sfogliatelle
Era rimasta solo lei. Alla fine dell’Ottocento Suor Carmina Gambardella si aggirava tutta sola nell’enorme convento di S. Rosa a Conca dei Marini (Sa), appollaiato simile a un possente castello della fede su un sperone roccioso proteso tra cielo e mare. Nelle stanzette spoglie, odorose di spigo e inondate dalla luce del sole e da quella di Dio, la monachella domenicana di clausura aveva continuato fino alla fine dei suoi giorni a rendere grazie al Signore con la preghiera e il lavoro: l’orto, la vigna abbarbicata alle terrazze digradanti, le acque profumate e i rimedi medicinali da distribuire agli abitanti del posto. Sempre più stanche, le sue mani continuarono a dispensare amore anche attraverso quei dolci inventati un secolo prima da un’altra suora, cui era avanzata una piccola quantità di pasta di semola. Vi aveva aggiunto zucchero, latte, strutto e un bicchiere di vino bianco, dividendo la pasta in dischi e riempiendoli con una crema di farina, latte, zucchero e frutta secca. Chiuse il tutto sovrapponendo altri dischi di pasta e dando loro la forma di un cappuccio monacale, sormontato da un’amarena sciroppata. Erano i primi del Settecento e nel monastero sulla Costiera Amalfitana era nata la sfogliatella. Dopo la morte nel 1912 di Suor Gambardella, il complesso, costruito nel 1681 a ridosso della chiesetta di S. Maria di Grado, fu abbandonato. Trasformato nel 1934 in hotel, ospitò personaggi del calibro di Eduardo De Filippo, per poi cadere nuovamente nell’oblio dopo la morte dell’ultimo proprietario.
Ci voleva un’altra donna appassionata e un altro grande atto d’amore per ridare vita a questo monumento di fede e di bellezza. Vedova da poco più di un anno del fondatore della Texas Instruments, nel 2000 l’americana Bianca Sharma, in vacanza sulla Costiera, durante una gita in barca regala il suo cuore a quell’enorme complesso in rovina che le si para davanti a metà costa, fra casette bianche e scalinate sinuose che precipitano sulla spiaggetta del borgo. È un vero e proprio colpo di fulmine, decide di aquistarlo per trasformarlo in un hotel prestigioso. È un sogno tenacemente perseguito, ma pagato, anche emotivamente, a caro prezzo. Occorrono undici anni, una lunga opera di recupero filologico e una pazienza infinita nei confronti dell’elefantiaca burocrazia italiana perché il progetto titanico vada in porto, restituendo al nostro Paese uno dei suoi monumenti più affascinanti.
Oggi, nel segno di quella tradizione del Grand Tour che portò in Costiera il meglio del Gotha intellettuale e finanziario, il Monastero Santa Rosa Hotel & Spa è uno dei fiori all’occhiello dell’hotellerie. Ricavate dalle celle delle monache, conservando i soffitti a volta e le piccole finestre che fanno fatica a contenere gli ampi panorami e lo splendore del mare su cui si aprono, le 20 lussuose camere e suite dedicate alle diverse piante officinali hanno conservato la pace e persino la spiritualità del monastero. Fra mobili antichi, pezzi di design e oggetti d’arte provenienti da tutto il mondo, i lunghi corridoi freschi e silenziosi, il profumo di limoni e rosmarino del grande giardino fiorito adagiato su ampie terrazze che finiscono in una vertiginosa piscina a sfioro affacciata sul mare, regalano ancora bellezza ed emozioni. Sensazioni che si ritrovano nel Refettorio, il ristorante curato dallo chef Christoph Bob che, utilizando anche i prodotti a km 0 dell’orto del monastero, offre una cucina mediterranea rivisitata e leggera, ricca di profumi e di gusto. Le antiche cantine sono invece state trasformate in una suggestiva Spa, con un esclusivo percorso benessere e un’ampia gamma di trattamenti con i prodotti dell’antica Officina Profumo di S. Maria Novella.
Ai piedi del monastero, Conca dei Marini, con i suoi circa 700 abitanti il quarto Comune italiano più piccolo, dalle gloriose tradizioni marinare (è stato il primo paese della Costiera a impiantare nel Settecento le tonnare), è un fantastico monopoli di chiesette, uliveti, vigne terrazzate, abitazioni dal caratteristico tetto in pietra a cupolette. Se la sua gloria acquatica è costituita dalla splendida Grotta dello Smeraldo, ricca di stalattiti e stalagmiti, quella agricola è legata soprattutto alla coltivazione dei limoni. In località Penne, vicino alla chiesetta di S. Michele Arcangelo, si trova la bella limonaia di Raffaele Casabona (tel. 345.5668801; valeriaproto81@gmail.com), frutto della tenacia, della serietà e del duro lavoro di un’intera famiglia. Il tutto con la straordinaria vista sulla Torre cinquecentesca di Capo di Conca. Un tripudio di profumi e sapori, una ricchezza di forme e varietà, come lo sfusato amalfitano igp, dolce e succoso e dal gusto deciso. Come l’anima salda e generosa delle donne che hanno dato un cuore e il cuore al monastero di S. Rosa.
Info: monasterosantarosa.com.