di Luca Bonora
Un piccolo centro alla periferia di Torino ha sfiorato, meritatamente, il titolo di Capitale italiana della Cultura 2018. Siamo andati a vedere come mai
Palermo sarà Capitale italiana della Cultura 2018. Città d’arte, meta turistica, luogo di cultura. Un triangolo perfetto, quasi sacro: turismo-arte-cultura. Se scorriamo l’elenco delle dieci località finaliste, vediamo che sono tre temi che ricorrono. Da Trento alla Recanati di Leopardi, dalla ferrarese Comacchio all’Ercolano “gemella” di Pompei. Un nome balzava e balza all’occhio, in quell’elenco: Settimo Torinese. Che cosa ci fa lì? È una città della cultura italiana? Evidentemente sì, dato che non solo è entrata nella rosa delle dieci città finaliste (da 21 candidate iniziali), ma è arrivata anche a un passo dall’assegnazione del riconoscimento. Perché? Siamo andati a scoprirlo.
Il tema centrale di questa edizione è quello dell’accoglienza. «Questo non è un concorso di bellezza», ha ammonito il presidente Stefano Baia Curioni. E questo già è un indizio forte per capire come ha lavorato la commissione.
Comune di 48mila abitanti alle porte di Torino, Settimo è una periferia che non ha grandi patrimoni artistici, chiese di spicco, preziose raccolte d’arte. Ma è un luogo dove negli ultimi decenni si è creata cultura. Una cultura viva, vivace, che costruisce il presente pensando al futuro. Mattone su mattone, anno dopo anno. Con impegno e pazienza. Alla fine degli anni Settanta nasce qui l’esperienza del Teatro Laboratorio Settimo fondato da Gabriele Vacis – che qui vive – e qui sono nati i talenti di Laura Curino, Marco Paolini, Alessandro Baricco. Racconta Vacis: «Da decenni a Settimo abbiamo cercato di praticare una cultura che non fosse solo effimero ed eventi, ma cultura come memoria e innovazione nell’industria; cultura come creazione di relazioni, di comunità, di società; cultura come partecipazione. Tutto questo ha salvato una periferia».
La città ha saputo costruire luoghi di aggregazione e integrazione come nessun’altra. Dario Netto, responsabile per la comunicazione del Comune di Settimo Torinese, che ha creduto fin dall’inizio a questa candidatura, racconta un dato significativo: la biblioteca comunale, realizzata nel 2010 presso la ex fabbrica di vernici Paramatti, fa 138mila prestiti all’anno: è la prima del Piemonte, tre volte la media nazionale. Un luogo di ritrovo e di cultura straordinario, che ospita iniziative per le scuole, incontri, mostre temporanee, reperti e documenti della Paramatti, e ai suoi utenti propone sette giorni su sette, tutto l’anno, libri, supporti video e audio. Qui si trova uno degli otto centri Lego Educational in Italia, qui si portano avanti progetti come il Baratto 3.0: i ragazzi insegnano agli anziani le nuove tecnologie, internet e i social media, e i pensionati in cambio insegnano loro la manualità: cambiare la gomma di una bici, fare il formaggio, in un circuito virtuoso di scambio di saperi.
Il vecchio mulino, un suggestivo complesso dell’Ottocento recuperato fra il 1996 e il 2002, oggi ospita un museo etnografico, l’Ecomuseo del Parco fluviale del Po e delle Colline torinesi, che cinge la città e le fa da polmone verde, mentre all’esterno il rio Frediano è il cuore vivo di un parco tematico dedicato all’energia idraulica, in un percorso pensato appositamente per gli studenti. Il mulino è anche tappa di una tratta già esistente di VenTo, la grande pista ciclabile in via di realizzazione che collega, seguendo il Po, Torino e Venezia. Elena Piastra, giovane vicesindaca con delega alla Cultura, spiega: «Ci siamo chiesti: una città che non è città d’arte può candidarsi a Capitale italiana della Cultura? E ci siamo risposti sì. Una città che con la cultura e attraverso la cultura ha saputo ripensarsi crediamo possa diventare un simbolo delle periferie italiane che non si rassegnano; un esempio di come le criticità possano diventare spunti per inventare nuovi percorsi culturali.L’Italia ha centinaia di cattedrali storiche, di monumenti splendidi, di musei invidiati in tutto il mondo. Settimo no.Però Settimo porta con sé, nella sua storia, nel suo percorso di sviluppo elementi di grande attualità: il “rammendo” delle periferie, l’integrazione possibile, le “fabbriche belle”. Storie che altri non hanno».
La collaborazione fra pubblico e privato ha portato a nuovi modelli di industrializzazione: Pirelli, Lavazza e L’Oreal hanno investito centinaia di milioni per rinnovare le loro fabbriche a Settimo Torinese. Il caso più eclatante è quello della Pirelli: lo stabilimento è il più tecnologico al mondo, qui si creano pneumatici e miscele di alta e altissima gamma, e per la Formula1. A raccordare fisicamente le due aree produttive della fabbrica è la Spina, un edificio di 400 metri progettato da Renzo Piano con un tetto di pannelli solari. E la Spina, così come la fabbrica, è meta continua di visite. Ogni anno, inoltre, lo stabilimento ospita una tappa di Mi-To, il festival musicale che unisce Milano e Torino. La cultura, in fabbrica. Fra parentesi: anche la biblioteca della Pirelli è collegata informaticamente allo Sbam, Sistema bibliotecario dell’area metropolitana di Torino. Questo significa che accede virtualmente a un archivio di oltre un milione di titoli che possono essere consultati dopo pochi giorni.
Dal 23 marzo è aperto il Torino Outlet Village, un nuovo centro commerciale di 50mila mq che ospita soprattutto marche del lusso ma all’interno della città, non in aree isolate come avviene nella maggior parte dei moderni outlet. E di conseguenza si sono già mossi imprenditori per aprire alberghi collegati al circuito del turismo della moda, oggi uno dei più redditizi.
Ancora: la Siva, fabbrica di vernici di Settimo Torinese dove ha lavorato per 28 anni Primo Levi, l’autore di Se questo è un uomo, è in fase di ristrutturazione per diventare un nuovo spazio culturale dedicato a Levi chimico – il suo lavoro – e scrittore fantastico. Già, perché per anni Levi pubblicò racconti di fantascienza (con lo pseudonimo di Damiano Malabaila, poiché all’epoca quel tipo di letteratura era considerata di serie B), racconti straordinari e moderni, da riscoprire.
Infine, poiché il progetto di Capitale della Cultura prevede eventi e attività nel corso dell’anno, a Settimo Torinese hanno semplicemente rafforzato il palinsesto di iniziative esistenti, che vanno dai concerti presso la Suoneria-casa della musica agli spettacoli al Teatro Garybaldi (scritto proprio così), dalle visite guidate nei luoghi dell’archeologia industriale alle manifestazioni di street art come Opera viva, al festival Collisioni Off e Le culture del cibo, all’insegna dell’integrazione e del meltin’ pot.
Confida la vicesindaca che in commissione le hanno detto: «avete aperto una strada, fra due anni saremo pronti per una capitale italiana della cultura che non sia una città d’arte.» Sono avanti, qui a Settimo. Pur non avendo vinto, sono vincitori morali. E sono al settimo cielo.