di Gianluca Biscalchin
Non più rassegnata alla splendente arroganza di Firenze sfida la concorrenza di Pisa, Lucca e Siena.
Ora Pistoia è Capitale della Cultura! Discreta e protetta dalle antiche mura, ha saputo costruirsi intorno un piccolo mondo di pace
È difficile vivere circondati da vicini ingombranti? Pistoia sembra non farci caso. Da secoli la città toscana è come rassegnata alla splendente arroganza di Firenze e, nell’era del turismo senza curiosità, è abituata a essere ignorata dalle fila di pullman diretti a Pisa, Lucca e Siena. Pistoia sembra quasi non esistere; D’Annunzio la chiamava “città del silenzio”. Ma lei sembra non soffrirne, anzi, ne ha fatto un punto di forza. O per lo meno ha permesso ai suoi cittadini di sviluppare un carattere diffidente, aspro, ma accogliente e fiero dell’ottima qualità della vita locale.
Protetta dalle antiche mura, dalle sue incantevoli colline da una parte e da una piana strabordante di piante e fiori, la città si è costruita su misura un suo piccolo mondo di pace. Almeno fino a oggi. Ora finalmente ha deciso di uscire dal silenzio e salire sull’affollato palcoscenico toscano e far sentire la sua voce. Quest’anno è infatti Capitale italiana della Cultura. In più è stata inserita da Lonely Planet fra le dieci città che nel 2017 fanno tendenza nel mondo. È così che la discreta cittadina rischia di diventare famosa. Il motivo è semplice: Pistoia è vera. Passeggiando tra le strade del centro non si troveranno negozi di souvenir, né ristoranti con menu turistico, né torpedoni carichi di comitive in infradito.
È più facile trovare qualche intellettuale inglese (le colline intorno ne sono piene) con la passione per l’arte antica e la cucina semplice. Dal punto di vista degli stranieri la città è infatti in un punto strategico. Vicina alle città d’arte più famose, alle colline di Leonardo, non lontana dal mare, è un’ottima base per i viaggiatori curiosi. O per gli amanti delle terme. Nei dintorni si trova un distretto vivaistico che produce il 40% delle piante da giardino in Italia. E poi ville e boschi fitti. Ma è la città stessa che ha iniziato a proporsi. A iniziare da piazza del Duomo, con la cattedrale di S. Zeno (1) con l’altare gotico, il battistero di S. Giovanni in Corte (2) e il trecentesco Palazzo comunale.
Dentro, la storia dell’arte pistoiese, dallo strepitoso S. Francesco di Coppo di Marcovaldo al Miracolo di Marino Marini nel cortile del palazzo. È il grande scultore che impone una tappa alla sede della fondazione che porta il suo nome. Nel museo con annessa la chiesa del Tau (4) si possono vedere i celebri cavalli e le “Pomone”, le donne floride che riecheggiano la dea latina dei frutti e dell’abbondanza. Passando per la Torre di Catilina, si arriva all’Ospedale del Ceppo (8) con il celebre fregio policromo in terracotta smaltata di Santi Buglioni. E poi le chiese: da S. Andrea con lo stupefacente pulpito di Giovanni Pisano (7) a S. Giovanni Fuorcivitas adornata delle tipiche strisce di marmo policrome, che contiene la Visitazione di Luca Della Robbia. La cupola della basilica della Madonna dell’Umiltà (5) è la prima cosa che si vede nello skyline cittadino, mentre all’interno di S. Ignazio di Loyola, dal 1774 intitolata allo Spirito Santo, si ammira l’altare disegnato da Bernini.
Per gli amanti dell’arte contemporanea è a disposizione Palazzo Fabroni con le sue mostre temporanee e, per i bambini, il Giardino Volante con vari giochi interattivi. Insomma, la città è carica di sorprese, ma tenute nascoste. È nella natura dei pistoiesi non mostrare troppo. Non mancano però eccentrici filantropi come Niccolò Puccini che nell’800 raccolse nel suo salotto l’intellighenzia italiana, da Niccolò Tommaseo a Giacomo Leopardi. D’altra parte questa è una città colta. Il suo primo cittadino, Samuele Bertinelli, è capace di trasformare il racconto della sua Pistoia in un romanzo: «è una città della profonda provincia, ma ha sempre frequentato il mondo». E cita il legame con Finisterre e Santiago de Compostela: Pistoia è l’unico luogo al mondo che conserva reliquie di San Giacomo.
D’altra parte di cultura qui si vive in abbondanza. Il Comune investe più del doppio della media nazionale: in mostre, restauri e in un sistema di biblioteche riconosciuto dagli Usa come il più interessante d’Europa. «L’investimento in cultura» sottolinea il sindaco «è un valore per la libertà dei cittadini».
E qui la parola libertà piace molto. È del 1117 lo Statuto dei Consoli, il primo documento dell’autoproclamazione di un Comune in Italia (e nel mondo). «L’aria della città rende liberi» afferma Bertinelli. Liberi e ribelli. Bianchi e neri, guelfi e ghibellini, da buona città toscana la ferocia interna ribolle da secoli. Polemici e sarcastici sono più maledetti dei maledetti toscani di Malaparte. Forse non è un caso che il simbolo della città è l’orso: schivo e aggressivo. Ma anche, secondo i critici, micco, tontolone, bonaccione. E goloso. Come i pistoiesi.
Per capire cos’è il cibo a Pistoia bisogna partire da piazza della Sala (6), proprio dietro al battistero. Intorno, una miriade di negozi, trattorie, posti di ristoro.
Da provare i tipici confetti a riccio bitorzoluti, da acquistare nella storica pasticceria Bruno Corsini 1918 in piazza S. Francesco. In città si trovano i dolci della zona, come le cialde di Montecatini, i brigidini di Lamporecchio e il cioccolato Slitti di Monsummano. La schiacciata si prende da Giuntini a Quarrata, mentre il caffè da Bono di Nulla, che è anche forno e osteria.
La cucina pistoiese è povera, contadina. Nei ristoranti si trovano piatti fatti come se si mangiasse in famiglia. Per provarli tutti ogni anno si celebra l’evento Toscana in bocca: una selezione di ristoratori locali si riunisce sotto le volte della ex Breda, per proporre piatti della tradizione (latoscanainbocca.it). Non è comune invece trovare il piatto tipico pistoiese: la zuppa del carcerato. Ne fa un’ottima versione la trattoria La Bettola: trippa, lampredotto, verdure e pane secco. Cotture lunghe, verdure povere come il cavolo nero, pane senza sale e verità.
E quando un viaggiatore distratto, guardando la città dall’autostrada, crederà ancora di scorgere la cupola del Brunelleschi, sarà smentito dalla realtà: Pistoia esiste. Ed è pronta a stupire. Anche con la fortezza di S. Barbara (3). In fondo, almeno per un anno, è capitale d’Italia.