Il viaggiatore. Le vacanze lituane di Thomas Mann

Tra i boschi e le spiagge della penisola baltica lo scrittore trovò una baita e «la vera concentrazione»

Nida fu un vero colpo di fulmine. La famiglia di Thomas Mann si stava annoiando in una banale località balneare della Prussia quando una gita li portò nella penisola di Neringa, «la sottile lingua di terra tra il territorio di Memel e Königsberg/Kaliningrad, tra la laguna curlandese e il Mar Baltico». Quei 98 chilometri che si addentravano nel mare – oggi divisi a metà tra Lituania e Russia – erano composti soprattutto di sabbia, boschi e paludi. «L’impressione fu profonda». Trascinato dall’entusiasmo, lo scrittore tedesco comprò una concessione di 99 anni per costruire una baita di legno uguale a quelle dei pescatori con il tetto di paglia e canne e profili di «un tipo particolare di blu brillante, il cosidetto blu di Nida». Sulla cuspide blu c’erano due teste di cavallo, come sulle altre case della penisola. Dalla larga veranda si entrava nella sala da pranzo. Ognuno dei sei figli di Mann aveva a disposizione una camera. Per lui c’era al primo piano uno studio da cui nei giorni più limpidi si riusciva a vedere il litorale prussiano. Ogni sera nella laguna di acqua dolce apparivano le barche dei pescatori con le loro vivaci bandiere, fatte per essere visibili a distanza e controllare eventuali sconfinamenti nelle zone di pesca altrui.
Gli abitanti con quei tratti slavi molto marcati non si potevano definire belli, ma erano molto cordiali e fieri di ospitare quella celebrità. Per gratitudine il premio Nobel aveva concesso loro la fabbricazione di cartoline in cui la sua presenza garantiva la qualità del luogo. Thomas aveva imparato da loro a conoscere i pericoli della laguna. I nuotatori dovevano stare attenti a non farsi trascinare al largo da una corrente insidiosa e una sera aveva visto un pescatore paralizzato da un fulmine. La sua giornata iniziava con una passeggiata tra gli alberi, senza lasciarsi tentare dalle «enormi pareti sabbiose delle dune» che gli affaticavano il cuore.

Al ritorno, dopo colazione, si metteva a scrivere. Le sabbie di Nida diventavano quelle del deserto di Giuseppe e i suoi fratelli. Il pomeriggio era riservato alla famiglia, che lo aspettava sulla spiaggia, dove sedeva compostamente su una poltrona di vimini. Sempre elegante, abbinava a una giacca a doppiopetto da yachtman un cappello da capitano. Dopo avere preso il tè, rispondeva alle numerose lettere che riceveva. La musica chiudeva quei giorni tranquilli, lontani dalle preoccupazioni della crisi che l’anno prima, il 1929, aveva sconvolto il mondo e ancora di più la Germania già impoverita dalla guerra.
A Mann piacevano le gite nell’interno tra gli abeti rossi della foresta. La carrozza avanzava oscillando sui sentieri finché non si avvistavano le maestose corna degli alci, «un misto di toro, cavallo, cervo, cammello e bufalo», che si lasciavano fotografare placidamente dai turisti. Bandito dai nazisti, Thomas non tornò mai più in quella casa, oggi museo. Lì aveva gustato «la vera concentrazione, il vero oblio di se stesso, il giusto riscatto nell’universale della propria esistenza limitata che mi è concesso solo contemplando l’acqua».