Di là dal Po, tra gli alberi

@ Graziano Perotti@ Graziano Perotti@ Graziano Perotti@ Graziano Perotti@ Graziano Perotti@ Graziano Perotti

Punto di incontro fra tre regioni – Lombardia, Emilia e Piemonte – l'Oltrepò è terra di artisti, natura, salumi robusti e vini frizzanti

I had a farm in Africa at the foot of Ngong Hills. «Avevo una fattoria in Africa, ai piedi delle colline Ngong». In un parallelismo autoironico, l’incipit del romanzo di Karen Blixen mi riporta ai luoghi dove sono cresciuto: una cascina dell’Oltrepò pavese ai piedi dell’Appennino. È un incipit considerato sottotono, che a me piace per come suona nostalgico, malinconico. La zona dell’Oltrepò dove si trovava la cascina è quella particolare striscia di terreno in cui la pianura inizia a ondularsi e si trasforma verso l’orizzonte in prima collina. L’orizzonte dell’Oltrepò pavese è l’Appennino, che sale a sud e digrada verso il mare. Nella cascina si allevavano soprattutto maiali che venivano venduti e trasformati – non solo – in salami. Il salame di Varzi è almeno idealmente il principale alimento della zona, sicuramente il più noto. Negli anni Novanta è diventato il primo salame italiano a ottenere la dop. Se lo meritava, ma la cosa mi stupisce perché l’Oltrepò pavese non brilla certo per capacità di promuoversi. Parlare di Oltrepò pavese è un po’ limitante perché si tratta di una zona di confine. Il Piemonte è a due passi e l’Emilia non è lontana.

Si sente l’influenza di altre tradizioni. In cibi piacentini, come la coppa e i pisarei e fasò, gnocchetti di pane con sugo di pomodori e fagioli, o nei ravioli con sugo di stufato che ricordano quelli piemontesi. Un dolce non proprio facile da trovare, ma sempre tipico, sono le pesche ripiene. Nella cascina c’era anche un pescheto. Si fanno con un particolare tipo di pesca che si apre in due e al posto del nocciolo viene messo un ripieno di cioccolato e amaretto. La zona delle pesche è Volpedo. Pochi minuti da Voghera, dunque dalla cascina, ma già Piemonte. Anche Volpedo è ai piedi delle colline. I paesaggi si ritrovano nei quadri di Giuseppe Pellizza: Il sole che sorge, Idillio primaverile, Sul Fienile... A Volpedo c’è l’atelier di Pellizza, con il lucernario, alcune opere e intorno i paesaggi ancora incantati, se non intatti.

Tornando a Voghera e prendendo la strada verso Piacenza si passa da Casteggio, la Clastidium romana. Queste colline danno molto pinot nero, che viene usato qui e altrove per produrre spumante, ma anche vinificato in rosso. Un’azienda che ha puntato sul pinot nero è Mazzolino, che ha messo in pratica l’idea dell’enologo Giacomo Bologna: «Dovete vinificarlo in rosso» chiamando i migliori esperti dal Piemonte e dalla Borgogna. Mazzolino produce anche Chardonnay e Bonarda. Se parliamo di Oltrepò pavese non possiamo ignorare la Bonarda, vino rosso vivace che deve essere apprezzato con il rispetto e la curiosità che si deve alle cose meno facili da capire, sia per le bollicine che per le note dolci. La tenuta Mazzolino si trova a Corvino San Quirico.

Non lontano c’è l’Antica Osteria di Calvignano, dove sulla terrazza si può osservare un ampio paesaggio collinare e assaggiare un salame di Varzi, nella migliore versione immaginabile, vale a dire fatto fare dal contadino e stagionato a lungo. Queste sono le zone della Ca’ Longa, dimora di campagna degli Arbasino. Qui Alberto Arbasino ha ambientato Distesa estate, il racconto più bello delle Piccole vacanze, suo libro d’esordio uscito negli anni ‘50 sotto la supervisione di Calvino. Come lui e molti studenti dell’Oltrepò pavese sono finito a fare l’università a Pavia, tra i cortili teresiani, le magnolie, le nebbie, i vicoli medievali, una prova scultorea per il sepolcro del Foscolo, che qui ha tenuto la famosa prolusione e insegnato. La famiglia di un compagno di studi dallo strano cognome, Gentile Thogan Porri, aveva una salumeria a Voghera e produceva i salumi. Gentile ha finito l’università negli anni in cui il salame di Varzi è diventato dop e invece del classico impiego a Milano ha ingrandito l’attività di famiglia chiudendo il negozio e aprendo un salumificio. Produce il salame di Varzi anche nella versione più nobile e costosa, vale a dire il cucito. Il budello del maiale viene usato doppio e cucito per ottenere una massa e una capacità di stagionatura maggiore

Ricordo l’uccisione del maiale nella cascina dei nonni, anche se in prevalenza le bestie venivano vendute vive. Il metodo di uccisione era la pistola col chiodo. Crescere in campagna è un’educazione alla vita e alla morte. I maialini appena nati erano molto divertenti e venivano castrati dal veterinario che poi si faceva i testicoli in padella, a quanto mi dicevano. Un altro prodotto dell’Oltrepò è il formaggio. Si può comprare nelle salumerie, ma anche nei mercati della domenica, da Casteggio fino al monte Penice. Negli ultimi anni, in controtendenza rispetto allo spopolamento delle colline, si sono insediate famiglie che producono formaggi di capra in una dimensione rurale che è anche esistenziale. Giovanni e Maria Buzzi allevano capre di razza camosciata delle Alpi e producono formaggio, fresco e stagionato. La loro azienda si chiama Grater. Il formaggio più leggendario dell’Oltrepò pavese è illegale, anche se si produce ancora. È il formaggio nisso. Nisso vuol dire marcio o qualcosa del genere e il formaggio nisso è un formaggio a pasta molle reso saporito dai vermi. Si può trovare al mercato del Penice, ma anche sottobanco in alcune salumerie sopra Varzi. Alla leggenda si aggiunge un’altra leggenda. Si dice che Hemingway abbia pescato da queste parti e assaggiato il formaggio nisso. Non ci sono prove, fotografie, note dello scrittore. Probabile che sia transitato sull’Appennino, lungo i passi che sono stati la principale via di passaggio verso la Liguria. Di qui a dire che si sia fermato a pescare... Ci sono comunque testimonianze. Luigi Callegari, che aveva uno studio dentistico a Bobbio, racconta: «Imboccata a Marsaglia la valle dell’Aveto abbiamo fatto tappa a Salsominore, nella cui osteria Ernest Hemingway, quantunque ancora digiuno, tracannò due bottiglie di vino bianco. La pesca fu abbondante e a mezzogiorno divorammo una forma di formaggio nisso».

L’Aveto è un torrente che confluisce nel Trebbia. La val d’Aveto è vicina alla val Trebbia. Bobbio è una tappa per chi dall’Appennino vuole scavallare verso Piacenza. È un borgo fondato dal monaco irlandese San Colombano, con un ponte romano, che qualcuno, con un po’ troppa fantasia, avrebbe individuato nello sfondo della Gioconda. Da Hemingway a Leonardo da Vinci, come ignorare questo torrente che è stato teatro della battaglia tra Annibale e le legioni romane? Qui la Bonarda diventa Gutturnio e la coppa più secca rispetto all’Oltrepò pavese. Un punto di congiunzione tra le due realtà, sul confine tra Emilia e Lombardia, è Ponte Organasco, dove si trova un bar, la Fragolina, per fare merenda a base di salame dopo il bagno nel Trebbia. Ci sono calette più nascoste fino ad arrivare all’esoterismo di luoghi isolati, dopo avere percorso impervi sentieri a piedi, noti solo ai conoscitori della zona.

@ Graziano Perotti