Targhe blu. Con Giuseppe Garibaldi

Gianluca Biscalchin

A Villa Raimondi di Fino Mornasco alle porte di Como. Dove iniziò e finì (male e con uno scandalo) il secondo matrimonio dell'Eroe dei Due Mondi

Lei, diciannovenne all’epoca del fattaccio, era Giuseppina Raimondi, figlia naturale del marchese Giorgio Raimondi Mantica Odescalchi. Lui era Giuseppe Garibaldi, nei paraggi con i suoi cacciatori delle Alpi per combattere gli austriaci. Si erano conosciuti sei mesi prima, quando la giovinetta in carrozza apparve «come una visione» all’Eroe.

Garibaldi in quel periodo smaniava per (ri)prender moglie: aveva fatto traslare i resti di Anita a Nizza, per avere un regolare certificato di morte. Aveva corteggiato un’aristocratica inglese, Maria Esperance von Schwartz, e messa incinta una domestica, Battistina Ravello. Per alcuni mesi l’Eroe dei Due Mondi cinse d’assedio Giuseppina Raimondi, che lo respingeva. La ragazza aveva un amante garibaldino, Luigi Caroli (che però non partecipò alla spedizione dei Mille), e aveva avuto una storia con un altro militare, il maggiore Carlo Rovelli.
A dicembre capitolò e si infilò nel letto di Garibaldi, ospite nella villa dei Raimondi a Fino Mornasco (Como) per una caduta da cavallo, per dirgli un mese dopo che aspettava un figlio da lui (il figlio, con ogni probabilità di Caroli, nacque morto).

Si sposarono il 24 gennaio 1860 nella cappella della villa patrizia, e sul sagrato Garibaldi venne raggiunto dal Rovelli, il quale gli consegnò una lettera anonima, ma verosimilmente scritta da lui, che lo informava sulle infedeltà della sposa. Richiesta di spiegazioni, Giuseppina confermò. Volarono parole grosse. «Signora, voi siete una puttana», le gridò il Generale, prima di montare a cavallo e scomparire. Lei gli diede del «tanghero» e del «soldataccio brutale».
Non si rividero più. Garibaldi riuscì a fare annullare quel matrimonio lampo soltanto nel 1880. Pare avesse scritto anche a papa Pio IX, che anni prima aveva definito «un metro cubo di letame», per chiedergli l’annullamento: in cambio, lui non avrebbe più chiamato Pio IX il suo asino.

Illustrazioni di Gianluca Biscalchin