Star trekking. «Ho conquistato la Kamčatka. E messo in fuga un’orsa»

Viaggio nell’estrema penisola russa – nota a tutti grazie al Risiko! Luogo straordinario di vulcani e terme

Molti non sanno nemmeno come si scrive. Ve lo dico io, si scrive Kamčatka. Molti non sanno nemmeno se esista veramente. Ve lo dico io, esiste veramente, è una penisola che una volta era nell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Oggi è in Russia.
La Kamčatka è grande quanto l’Italia, è lunga quanto l’Italia ma ha gli abitanti di una città italiana di provincia. è ormai famosissima perché è nel tabellone del Risiko! Ci sono 160 vulcani, 29 dei quali attivi. è una penisola bellissima, di fatto un immenso parco naturale.
E io ho un ricordo straordinario della Kamčatka (nella foto, una veduta primaverile). Ci sono arrivato con un viaggio lungo e rocambolesco guidato dalla follia lucida di un amico polacco, Jazek E. Palkiewicz, giornalista, esploratore, studioso, tecnico della sopravvivenza, che avevo conosciuto quando dirigevo Sette. Mi aveva parlato della valle dei geyser e del custode della riserva Kronotzkij dove vivevano 20mila orsi. Mi aveva detto: «Ci vuoi venire con me?» ed io gli dissi subito di sì. Ci andai con mio figlio, con mia moglie e con Peter, mio cognato. Viaggiare con Jazek era una sorpresa quotidiana. Sapevi ogni giorno da dove partivi ma non dove arrivavi né quando. Prendevamo aerei al volo, a volte anche senza biglietto, oppure stavamo due giorni sotto un elicottero aspettando la partenza. Imbarcati nell’elicottero carico di galline e di un maialino arrivammo alla fine nella casa dell’uomo degli orsi, Vassilij Nikolayenko, il custode della riserva Kronotzkij, dove saremmo rimasti ospiti per una decina di giorni, in mezzo a geyser puntualissimi e orsi pericolosissimi nella stagione degli amori. Non avremmo potuto stare lì perché nella stagione degli amori il territorio era vietato ai turisti. Ma noi non eravamo turisti, eravamo amici di Jazek e Jazek non conosceva la parola proibito. Vivemmo una settimana di incanto, in un trekking continuo e improvvisato, stando ore a godere dello spettacolo dei geyser, tuffandoci in torrenti a volte freddi a volte caldi, mangiando caviale, dormendo per terra.
Il momento più delicato e avventuroso della giornata era quello dei bisogni. Il bagno, un casotto costruito a cento metri dalla casa, era in zona aperta.
Il che voleva dire che bisognava controllare che non vi fossero orsi in vista. Uno correva al casotto e gli altri controllavano la zona, davano il via e autorizzavano il ritorno. Non ci furono incidenti tra un bisogno e l’altro. Ma l’incontro ravvicinato ci fu lo stesso.

Facevamo il bagno in una specie di terme fai-da-te realizzata da Vassilij deviando piccoli geyser con canalizzazioni di acque calde e acque fredde che finivano in una vecchia vasca smaltata. Fu durante uno di questi bagnetti che incontrammo l’orsa. Eravamo, mia moglie e io, dentro la vasca, nudi, quando sentimmo il suo verso e la vedemmo, a dieci metri circa. Si alzò sulle zampe, fece gesti che giudicammo aggressivi, ci guardò. Io incosciente detti la macchina fotografica a mia moglie e le ordinai: «Scatta».
Io, in piedi, nudo, fronteggiavo l’orsa.
Mi ero montato la testa. Già pensavo alle foto pubblicate sui giornali italiani sotto la scritta: «Giornalista italiano affronta nudo l’orsa della Kamčatka». L’orsa mi guardò e non condivise il programma. Non le piacqui. Evidentemente pensò: «Questo è scemo». Si rimise su quattro zampe e se ne andò schifata. Io tornai indietro e dissi a mia moglie: «