Bandiere arancioni: Bergolo, dove piccolo è bello

Michele MorosiMichele MorosiMichele MorosiMichele MorosiMichele MorosiMichele Morosi

La più piccola Bandiera arancione d’Italia si trova nelle Langhe, immersa in un tranquillo paesaggio di noccioleti e colline; 68 abitanti ma anche una vita culturale sorprendentemente intensa

 C’è solo una strada a Bergolo, e non è per dire. Si chiama via Roma. Parte dal cimitero, poco più in alto sulla cima del crinale dove è acciambellato il paese. Scende attraverso un paio di campi, entra nell’abitato, passa davanti al municipio, alla chiesa di S. Maria Vergine, alla piazza, allo slargo dove si trova il Bunet – ristorante che fa anche da bar – costeggia un’altra manciata di case, e poi risale verso la piscina fino al Villaggio Erica, con le sue casette di legno e infine arriva al bosco. C’è solo una via a Bergolo e intorno a questa via abita la maggioranza dei 68 abitanti. «Fino a qualche anno fa eravamo 75, ma la popolazione invecchia. Lo spopolamento è il grande nemico di un paese come il nostro», allarga le braccia il sindaco, Mario Marone. Gli abitanti sono così pochi da far di Bergolo, in provincia di Cuneo, la più piccola tre le 227 Bandiere arancioni d’Italia.

Qui vivono meno persone che in una scala di una palazzina milanese, eppure accadono più cose che in una riunione di condominio. Anche se, a guardare le curve demografiche, il paese sembrerebbe destinato a morire: la scuola elementare ha chiuso 30 anni fa, il prete viene la domenica, la posta è aperta a giorni alterni, l’emporio ha chiuso bottega da tempo. Eppure chi ci vive ci sta bene, specie con la bella stagione. Ne apprezza i silenzi, ascolta i rumori. Le mucche che ogni tanto fanno capolino, i cani che abbaiano in lontananza, il vento tra i rami. Tanti ne apprezzano la bellezza estetica, le case di pietra tutte restaurate, l’ordine sabaudo. E poi il paesaggio che dai 616 metri di altitudine si apre su due vallate parallele, da un lato la valle Uzzone, dall’altro la val Bormida, in un trionfo di noccioleti, sparsi sulla terra chiara, argillosa delle Langhe. Ma soprattutto ne apprezza l’attivismo culturale. Perché è difficile trovare in Italia Comuni di queste minuscole dimensioni altrettanto attivi. Merito delle amministrazioni che negli anni hanno reso Bergolo un centro di attrazione, dando una decisa impronta artistica a un paese di campagna. In estate ci sono eventi ogni settimana. E non solo sagre – che pur non mancano –, ma tanti concerti e due piccole mostre di pittura e scultura. Opere che da anni sono disseminate sulle facciate del borgo. Questo attivismo discende da una festa antica, con radici nei riti di fertilità pagani del Calendimaggio, riti che in piena epoca hippie sono stati riesumati nel Cante’ Magg. Dal 1975 questo festival di canto e musica folk aveva trasformato Bergolo in una mini Woodstock langarola. L’ultimo fine settimana di maggio arrivavano in migliaia e, all’insegna dell’assoluta libertà, invadevano l’unica strada e i tanti campi intorno al paese. Il Cante’ Magg è proseguito fino al 2007, poi è stato sospeso.

 

Ma lo spirito non è andato perduto, come racconta Elisa Motta, vice presidente dalla Proloco. «Siamo una decina i membri attivi. Facciamo qualunque cosa per il paese» spiega. E lo fa anche non vivendo qui. «Sono legata a questo posto. I miei genitori mi ci hanno portata quando avevo 40 giorni, da allora vengo appena posso». Anche perché le estati sono ancora animate. «Solo che oggi al posto dei prati c’è un auditorium inaugurato nell’estate 2016, costruito in due anni grazie a un bando ministeriale» racconta il sindaco, orgoglioso della sua lotta per raggranellare fondi. È in cemento armato rivestito: esteticamente forse non eccelso, ma è funzionale, e questo è quel che conta. Può contenere 500 spettatori e da giugno a settembre ospita un ricco calendario di eventi. Così Elisa, quando le chiedono che cosa ci trovi in Bergolo, ha la risposta pronta: «Dico di venire a provare: non è l’aria buona, non è il paesaggio, c’è qualcosa nella gente, nel modo discreto ma unito di vivere la comunità che conquista».

Il paese ha origine medievale, come attesta la chiesa romanica di S. Sebastiano al cimitero, e non è mai stato grande, al massimo 300 abitanti. Ha iniziato a spopolarsi negli anni Sessanta, quando hanno aperto le fabbriche ad Alba. «I contadini non ce la facevano più a mantenere le famiglia. L’agricoltura non rendeva, la vita era faticosa. Abbiamo dovuto fare la valigia per vivere» racconta l’ex postino del paese. Ma adesso i foresti tornano. «Siamo nati qua, e alla fine, se può scegliere, uno preferisce stare dove è nato». E non sono gli unici. Nelle colline intorno a Bergolo come in tutte le Langhe non tornano solo paesani emigrati. Ci sono tedeschi, inglesi, svizzeri. «Comprano un casolare, lo ristrutturano spendendo fior di soldi e poi con la bella stagione vengono. Si danno da fare, li dobbiamo ringraziare», spiega il sindaco. Come Lee Battams, inglese che in località Blangera ha aperto Villa Bergolo, casa vacanze frequentata quasi solo da ospiti del Nordeuropa. Anche Bergolo ha i suoi migranti, due famiglie di marocchini con due bimbe, un rumeno che si è installato nella frazione Bergamaschi, e Janet, colombiana che fa la cuoca da Bunet. È la moglie di Ennio, ha imparato a fare agnolotti e piatti tipici con i prodotti che lui ogni mattina prende nell’orto. «Il ristorante era dei miei, il menu segue le stagioni da ben prima che il cibo chilometro zero diventasse moda».

Stranieri sono anche i turisti che fanno capolino in un qualsiasi giorno d’estate. Intenti in un picnic in piazza, due olandesi stanno facendo un giro a piedi, il percorso glielo hanno consigliato al B&b dove dormono, più a valle. Il sindaco porta loro un caffé, perché sono i dettagli che fanno l’accoglienza, e loro si godono l’ombra, felici dell’ospitalità. Lo stesso giorno, al mattino presto, sono passati due tedeschi: scarponi e bastoncini percorrono la Gtl, la Grande traversata delle Langhe, sentiero che passa per via Roma. E poi una coppia di francesi con due bambini, arrivati fin qui perché c’è la piscina «ed è un bel posto per passare il pomeriggio». Perché Bergolo avrà pur una sola via, ma ha anche una piscina e nessun campo da calcio. Deve essere l’unico Comune d’Italia.

Foto di Michele Morosi