Gioielli di famiglia. Apologia dell'olio di Venafro

Franco Spuri Zampetti

Fin dai tempi dei Sanniti nel borgo molisano si coltivano le più pregiate varietà di ulivi

Chi dice Venafro, dice ulivi, fra i più antichi piantati in Italia, dice olio d’oliva di gran pregio. La cittadina molisana, ai piedi del maestoso massiccio delle Mainarde (inserito nel Parco nazionale d’Abruzzo) è immersa nel verde argenteo degli ulivi che lì hanno casa da millenni. È un leggendario personaggio sannita, Liborio, a importarli qui dalla Grecia sfidando chi sosteneva che potevano attecchire solo sul mare e non in collina, sotto quei monti. Già nel II secolo a.C. Marco Porcio Catone ha qui una villa con ulivi e detta regole per coltivarli meglio. Orazio canta l’olio di Venafro con versi ammirati. Con lui concordano Plinio, Columella, Varrone, Strabone e altri. A Orazio piace soprattutto una salsa di erbe aromatiche e di olio venafrano. Marziale lo apprezza per gli unguenti curativi. Insomma ce n’è per tutti i gusti e ancor oggi l’olio di Venafro grandeggia più che mai fra i tanti di qualità che l’Italia può esibire. Di recente l’Associazione Nazionale dei Patriarchi ha piantato qui un giardino con le più pregiate varietà di ulivi storici dalla bacca plurimillenaria come la Licinia e la Sergia.

Arrivando a Venafro (Is), vi colpirà la vista di un poderoso castello di origine longobarda, poggiato su di un’area antichissima, divenuto poi residenza dei Pandone, baroni napoletani, che lo ampliarono e arricchirono di decorazioni dedicate ai cavalli, passione di famiglia. Passato poi ai Peretti-Savelli, ora si erge con torrioni e torri su un borgo fortificato di chiaro impianto romano col cardo e col decumano ben visibili. Ma le origini di Venafro risalgono ai duri e combattivi Sanniti i quali a lungo si opposero all’espansione romana fino alla guerra sociale. Romani sono l’anfiteatro, detto Verlasce, e il teatro. Il primo ben leggibile, come a Lucca, nella sua pianta ellittica sotto un quartiere urbano, medievale e seicentesco. Si calcola che potesse contenere 15mila spettatori. Anche il teatro situato nella zona nord dell’abitato mostra notevoli dimensioni (circa 3.500 posti) e anche per questo il suo recupero si presenta problematico. Venafro è detta anche «la città delle 33 chiese», con una cattedrale fuori dalle mura. Alcuni di questi edifici di culto sono di qualità, anche se non è sempre facile, per il rarefarsi delle vocazioni, trovarli aperti. Sicuramente aperto il Museo nazionale del Molise ospitato nel castello dei Pandone, con opere provenienti dal territorio circostante e con due percorsi. Il primo è il Museo del castello medesimo, con documenti e testimonianze d’epoca; il secondo, attraverso disegni, stampe, tele, affreschi documenta un pezzo di storia del Molise. Nell’ex monastero seicentesco di S. Chiara troverete un piccolo, interessante Museo archeologico coi reperti provenienti dagli scavi del periodo sannitico e da quelli di età imperiale. Ma anzitutto godetevi dal mare il paesaggio, la vista di Venafro e delle sue colline di ulivi, con lo sfondo grandioso delle imponenti Mainarde, ricche di boschi e di storia.