di Claudio Sabelli Fioretti
Con le racchette da neve per fare in inverno quello che faccio d’estate: camminare
Hanno vari nomi, tutti di origine dialettale. Caspe, ciastre, ciaspe e infine ciaspole. Poi magari le si può chiamare anche racchette da neve o addirittura snowshoes, scarpe da neve. Comunque sono quei due attrezzi, obiettivamente somiglianti a racchette, con le quali da tantissimo tempo gli uomini, pastori, allevatori, contadini, sono riusciti a camminare sulla neve alta per raggiungere campi, alpeggi, stalle, ovili, anche là dove non ci riuscivano con gli sci. Oggi, quando incontrate qualche coraggioso solitario o anche lunghe file di escursionisti che camminano miracolosamente nei boschi o nelle distese di neve alta, be’, controllate bene i loro piedi: sotto gli scarponi hanno degli oggetti misteriosi di plastica e di ferro con i quali riescono a non affondare.
Andare con le ciaspole è divertentissimo. Io dalle mie parti (gli altipiani cimbri: Folgaria, Lavarone, Luserna, pochi chilometri dal grande e splendido altipiano di Asiago) lo faccio spesso. Ho abbandonato da tempo lo sci da discesa, e non mi diverte più tanto lo sci di fondo. Ci sarebbe lo sci alpinismo ma è veramente troppo impegnativo. Le ciaspole sono un bel surrogato di tutto questo. Posso partire da casa, arrivare a Luserna, salire a Millegrobbe, e poi raggiungere le Vezzene. Sempre in mezzo ai boschi. Oppure posso andare sulla pista da fondo che dalle Vezzene porta addirittura ad Asiago. Dalle Vezzene posso anche salire al Piz per guardare il fantastico paesaggio sulla Valsugana. O magari alla Baita Belem per vedere i laghi di Levico e Caldonazzo. Le ciaspole insomma mi permettono di fare d’inverno le stesse cose che si fanno d’estate, che poi sarebbe il trekking.
Dalle parti mie si fanno anche quelle cose che si fanno in tutta Italia e in tutto il mondo. In Italia si chiamano ciaspolade (o ciaspolate), nel mondo, soprattutto nel continente nordamericano, si chiamano Snowshoes Race. Sono gare, generalmente sulla distanza classica dei 10 chilometri, ma esistono anche le gare di velocità, sui 100 metri e quelle di lunga distanza sui 100 chilometri.
E naturalmente esistono i Campionati del mondo. Nel 2016 si sono svolti a Vezza d’Oglio, in Val Camonica e due italiani sono addirittura saliti sul podio, Filippo Barizza, secondo fra gli uomini e Isabella Morlini, prima fra le donne. Io di gare non ne ho mai fatte. E non tanto perché correre con le ciaspole è un po’ ridicolo e fa assomigliare a tante anatre, quanto perché è veramente faticoso. Ma, visto che esistono quelli che corrono tanto per correre, penso che prima o poi andrò a Fondo, in Val di Non, il giorno dell’Epifania, a fare la ciaspolada, la manifestazione per ciaspolatori (ammesso che si dica così) più famosa d’Italia. Nel frattempo mi accontenterò di fare quelle piccole ciaspolatine paesane, come la Ciaspoluna, la ciaspolata di notte che si fa anche a Lavarone come in tanti altri paesi del Trentino e dell’Alto Adige.
Resta da chiedersi una cosa: come mai le ciaspole non sono considerate uno sport olimpico? C’è il curling e non ci sono le ciaspole? Potete comunque consolarvi. Se siete dei forti ciaspolatori e volete competere a livello mondiale potete andare ai Giochi Artici Invernali che quest’anno si sono svolti a Nuuk, capitale della Groenlandia. Le ciaspole sono ammesse. Ma ora che ci penso bene voi no. Perché sono ammessi solo i popoli artici. Se non siete esquimesi, niente da fare.