Temi caldi. Un altro modo di viaggiare

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Voli charter, vacanze tutto compreso e villaggi turistici: il viaggio organizzato ha permesso a milioni di italiani di conoscere il mondo. Storia di un successo che compie 70 anni

In principio fu il pullman, anche se all’epoca – nel secondo dopoguerra – si chiamava ancora torpedone. Trasportava i sogni di vacanza di milioni di persone. Mentre fuori dal finestrino scorreva lento il paesaggio, all’interno tra i sobbalzi si creava una socializzazione immediata tra la piccola borghesia che si apprestava a conoscere il mondo.  A loro modo pionieri, senza saperlo prendevano parte alla costruzione di un’istituzione sociale caratterizzata da un modo di viaggiare che dura ancora oggi: i viaggi di gruppo organizzati. Un fenomeno iniziato già dagli anni Cinquanta nel Nordeuropa e in Gran Bretagna, che diventerà ben presto di massa. «In Italia siamo arrivati dopo perché non siamo mai stati un Paese di viaggiatori, neanche con le nostre élite che non hanno mai fatto nulla di equivalente al Grand Tour. Eravamo piuttosto il Paese d’elezione dei viaggiatori di ogni dove» spiega Patrizia Battilani, storica dell’economia all’università di Bologna. «La grande disponibilità di luoghi per le vacanze facilmente raggiungibili e la bassa propensione degli italiani a recarsi all’estero per piacere ha rappresentato un freno all’espansione del settore» sostiene.

Ciò non di meno anche l’Italia si è messa in viaggio, agganciandosi, anche se con ritardo e numeri inferiori, al grande trend dei viaggi organizzati con pullman e charter. Anche se all’inizio erano ancora solo “voli a chiamata”. Come quello, pionieristico, che il 1º novembre 1958 partì da Torino Caselle alla volta di Nizza. A organizzarlo Stefano Chiaraviglio, fondatore del tour operator Mistral. «Era un poeta, un romantico visionario – spiega Michele Serra, attuale presidente di Mistral, membro del consorzio Quality Group che realizza per il Tci i Viaggi del Club –. Dal nulla si inventava viaggi ed esperienze». Chiaraviglio portò «un folto gruppo di lavoratori della Riv a fare la prima crociera aerea verso il sole» come raccontò La Stampa. Durò un giorno, ma l’aereo degli operai fu una rivoluzione simbolica.
Qualche anno più tardi, nel 1962, l’agenzia Alpi – fondata nel 1947 a Cuneo da Lorenzo Isoardi, che nel 1967 diventerà Alpitour – lancia i primi charter verso le Baleari. Perché una cosa è certa: la ricerca del sole è stata il vero motore dei viaggi organizzati. Per le classi popolari le vacanze furono la conquista di un diritto al tempo libero che ovunque in Europa, almeno fino agli anni Novanta, era perlopiù declinato nelle due settimane al mare. Prima, dagli anni Cinquanta, sulle coste italiane e francesi; poi, dagli anni Sessanta, in Spagna: Baleari e Costa Brava. Più tardi arrivò la scoperta delle Canarie, il primo paradiso turistico disponibile 12 mesi l’anno. Viaggi tutto compreso, perché il nuovo turista organizzato preferiva la sicurezza all’avventura: la vacanza diventava un diritto di tutti, non un lusso per pochi.

«Il boom dei tour operator degli anni Settanta e Ottanta seg ue da vicino le trasformazioni del settore aereo – spiega Battilani –. L’evoluzione degli aeromobili guida i cambiamenti: quando verranno inventati i turbo jet, più capienti e di lunga percorrenza, riempiendoli si riusciranno ad abbattere i costi e i charter diventeranno la norma». Anche se in Italia il protezionismo verso Alitalia e una certa miopia nella gestione dei regolamenti aeroportuali complicherà le cose, al punto che per anni non si svilupperanno grandi compagnie charter. Nonostante questo le destinazioni diventano sempre più esotiche: negli anni Settanta Alpitour inizia a proporre voli non di linea oltre Atlantico, introducendo destinazioni come Madagascar, Maldive e Mauritius. Nel 1978 Mistral, in collaborazione con il Touring, organizza – con la compagnia di stato cinese Caac – il primo charter verso la Cina. Negli anni lo sviluppo tecnologico è sempre andato a braccetto con l’evoluzione del settore turistico. «La piattaforma di teleprenotazione Easy Book che Alpitour inaugurò nel 1985 permise alle 1.500 agenzie di viaggio italiane di sveltire le pratiche e rivoluzionò il sistema» spiega Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato del gruppo Alpitour, il più grande tour operator italiano. Leader di un mercato comunque minuto rispetto agli altri Paesi europei. «Nel 1982 – scrive Battilani in Vacanze di pochi, vacanze di tutti – il principale operatore tedesco, Tui, faceva numeri che superavano tutto il mercato italiano». Anche se in Germania non hanno mai avuto un claim pubblicitario altrettanto efficace quanto lo storico: «Turista fai da te? No Alpitour? Ahi ahi ahi». Nelle sue versioni lo spot girato da Alessandro D’Alatri è stato talmente di successo da far entrare il claim nel linguaggio corrente e a creare, mettendo in guardia dall’autorganizzazione, un nuovo spazio nell’immaginario popolare per i tour operator.

Da quegli anni d’oro il mondo dei viaggi organizzati è cambiato, in modo accelerato. L’irruzione delle compagnie low cost, il crollo delle Torri gemelle, gli attacchi terroristici ai paradisi turistici della sponda Sud del Mediterraneo e la grande crisi economica: hanno messo a dura prova il settore. I tour operator in Italia hanno visto il fatturato passare dai 7 miliardi del 2007 ai circa 3,5 del 2016. Però la voglia di viaggiare non è venuta meno, e anzi sta tornando. «Il mondo del turismo sta conoscendo un’ulteriore trasformazione: negli ultimi sei, sette anni si è evoluto più rapidamente dei 50 anni precedenti. È cambiato il modo di comprare i biglietti, di cercare le offerte, la tecnologia ha reso il cliente più attento ed esigente». In tutto, a partire dal volo. «Fino a qualche tempo fa i charter erano considerati le carrette dei cieli. Adesso con Neos abbiamo deciso di invertire questo pensiero comprando i Boeing 787 Dreamliner che ci traghettano in un nuovo modo di viaggiare: più comodo e lussuoso» spiega Burgio.

Un modo di viaggiare sempre più ritagliato su misura dei clienti. «Sono le tribù verticali, un gruppo di persone accomunate non più da reddito ed estrazione culturale, ma dall’interesse verso un certo tipo di esperienza» scrive Battilani. A loro devono guardare i tour operator. «Il nostro mestiere oramai è come quello delle case di alta moda: con cataloghi estate/inverno in cui presentiamo la nostra collezione alle agenzie di viaggio. E ogni anno ci devono essere sempre delle novità per attrarre i turisti» spiega il presidente di Alpitour, che questa stagione ha inserito il Vietnam come nuova frontiera del mare invernale. Certo, nel caso specifico avere una compagnia aerea di proprietà aiuta a essere flessibili e a potersi gestire con relativa autonomia, ma nel mercato che cambia sempre più rapidamente c’è posto per tutti. «Con Quality Group portiamo avanti un concetto artigianale del mestiere – chiosa Serra –. Il nostro è diventato un viaggio organizzato di nicchia, unisce viaggio classico, culturale e di scoperta. Un prodotto sempre più dinamico, affidato alla cura dell’accompagnatore che diventa l’amico nel Paese, il vero “ospite” che permette di fare del viaggio un’esperienza». Ne hanno fatta di strada quei torpedoni.

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