di Tino Mantarro
Con molto pragmatismo la città olandese sta cercando di porre un freno all'invasione turistica che rischia di compromettere l'equilibrio sociale e il piacere di visitarla
Il weekend ad Amsterdam inizia il giovedì sera. E non è sempre festa, specie se abiti in centro e vorresti vivere una vita normale. Invece tra vie strette e canali trovi turisti che ascoltano spiegazioni di guide improvvisate sulla soglia di casa tua; ragazzi in cerca di coffee shop per fumare marijuana legalmente; orientali che a testa bassa ma a voce alta seguono la bandierina nel loro tour de force di mezza giornata tra il museo di Van Gogh, la casa di Anna Frank e il giro tra i canali. Perché Amsterdam ha qualcosa da offrire a tutti: locali notturni e musei, coffee shop e negozi alla moda; cultura e divertimento. Complice la moda dello short break nata con il boom dei voli low cost, la città olandese è diventata una meta assai frequentata in ogni stagione. Però: «Genoeg is genoeg», il modo in cui gli olandesi dicono quando è troppo è troppo. Troppi 18 milioni di turisti in una città di 750mila abitanti. Troppe 22mila case in affitto su Airbnb. Così con il pragmatismo di chi ha costruito il suo territorio strappandolo al mare, gli amministratori pubblici olandesi hanno preso in mano la situazione per contrastare l’overtourism.
«In Italia si parla da anni del problema, in Olanda anche. Però dopo aver parlato si è cercato di trovare delle soluzioni», spiega Mirjam Wortmann, direttrice per l’Italia di Nbtc, l’Ente nazionale olandese per turismo e congressi. Ognuno per quel che gli compete, Comune, Iamsterdam – l’azienda di promozione locale – e Nbtc, hanno intrapreso misure per contrastare il fenomeno. Trovando risposte concrete a un problema concreto. «L’obiettivo che ci siamo posti come Ente non è più la crescita numerica, ma qualitativa. Da dieci anni ormai raccogliamo dati: la nostra prospettiva di cambiamento guarda oltre il 2020 per poter avere realmente effetto». Nbtc ha lanciato la HollandCity strategy il cui scopo è di sparpagliare i turisti in tutto il Paese promuovendosi all’estero come un’unica grande metropoli, sfruttando la relativa vicinanza di tutte le destinazioni. «Dal 2014 abbiamo smesso di proporre Amsterdam come destinazione, sviluppando nuove zone e nuove mete, rendendole più facili da raggiungere dall’aeroporto di Schiphol che è la nostra porta d’accesso» prosegue Wortmann. «Con la nostra campagna sul Secolo d’oro olandese ci siamo concentrati nel promuovere città meno note, come Hoorn e Middelburg». Ma la strada da fare è ancora lunga: Amsterdam da sola riceve oltre quattro volte il numero di turisti stranieri di tutte le altre regioni insieme. Per capire come si sia arrivati alla situazione attuale torna utile quel detto: «Chi è causa del suo male pianga se stesso». Il problema, si fa per dire, è che gli olandesi quando fanno una cosa la fanno bene. Così da quando la crisi finanziaria del 2008 ha colpito con forza Amsterdam, gli amministratori hanno deciso di puntare sul turismo, invitando gli investitori a riconvertire i palazzi in hotel e sguinzagliando in giro per il mondo gli esperti di marketing turistico di Iamsterdam per promuove la città come destinazione turistica. Compito portato a termine con successo: tra 2005 e 2016 i visitatori sono passati da 11 a 18 milioni, una crescita del 61%. Ci sarebbe di che far scorrere champagne a fiumi, se non fosse che quei 18 milioni (la metà cittadini olandesi che arrivano nei weekend) sono una marea difficile da fronteggiare, anche per un Paese che ha fatto della gestione delle maree il suo fondamento.
Il Comune nel 2014 ha approvato The Stadt in Balans, un piano per affrontare il crescente successo di Amsterdam, intervenendo sul rovescio della medaglia: il peggioramento della qualità della vita dei suoi abitanti. Perché il problema oggi non è soltanto il sovraffollamento di alcune zone della città: è il cambiamento dell’anima stessa di quelle zone. Non più luoghi dove turisti e residenti convivono, ma distretti a uso e consumo turistico, dove non trovi più il fruttivendolo o il dentista, ma solo negozi che affittano biciclette e vendono patatine fritte. In centro – il distretto 1021, tra il Dam e il quartiere a luci rosse – ci sarebbero almeno 280 di queste attività per turisti, e siccome non si può vivere di sole patate fritte lo scorso novembre è arrivata la prima stretta sui negozi focalizzati su turisti e gitanti. Basta nuove aperture di rivendite di biglietti per musei, gelaterie e negozi di dolci, ma anche noleggiatori di bici e negozi specializzati in gouda, il formaggio olandese; chiusure selettive degli esistenti. L’amministrazione è in cerca di un delicato equilibrio anche per quanto riguarda la questione abitativa. Circa un decimo dei pernottamenti avvengono tramite Airbnb, un fenomeno che ha fatto sparire le stanze per gli studenti, ma soprattutto ha fatto lievitare i prezzi già alti degli appartamenti, costringendo molte famiglie a cercare casa altrove. La chiamano gentrification, di fatto ha minato la realtà sociale di intere zone: non più luogo dove gli Amsterdammers possono vivere e lavorare, ma un museo a cielo aperto a uso e consumo dei vacanzieri. Di nuovo il Comune è intervenuto con un blocco dei nuovi hotel, ma soprattutto con una stretta sugli affitti brevi: non più di 60 giorni l’anno e obbligo di denuncia dell’attività, che si aggiunge all’accordo già raggiunto con Airbnb per cui chi soggiorna negli appartamenti deve pagare la tassa turistica. Tassa portata al 6% per tutti gli hotel delle zone centrali; in periferia è al 4%. Ma non è soltanto questione di numeri. «Siamo una città aperta, creativa, inclusiva: è il nostro Dna, questo carattere tollerante è una delle attrazioni principali» spiegano gli esperti di Iamsterdam.
Peccato che in molti se ne approfittino, e la città si trovi a dover affrontare il comportamento non irreprensibile dei turisti. Una parte sono giovani (e meno giovani) che accorrono per memorabili bevute che poco hanno a che fare con la visita culturale. Tra i più molesti e pericolosi quelli a bordo delle beerbike: mezzi a pedali capaci di accogliere fino a 16 persone e fusti di birra da 20 litri con cui attraversare le strette vie del centro. Talmente molesti che lo scorso novembre sono stati banditi dalle autorità comunali. Non sono alcoolici, ma altrettanto di intralcio i free walking tour. Si tratta di passeggiate accompagnate da persone del luogo (senza patentino da guida) che offrono camminate di gruppo e illustrazioni sommarie, che spesso assomigliano più a momenti di improvvisazione teatrale che a vere e proprie spiegazioni. Passeggiate senza regola alcuna, che non possono essere certo vietate. Almeno per quel che riguarda la parte più antica della città il Comune ha stabilito che i gruppi non potranno superare le 25 persone, che non si potrà sostare ovunque per le spiegazioni (niente ponti o ingressi di case) ma solo in aree delimitate. In più è stato predisposto un piano di gestione delle folle che si assembrano per le strette vie, organizzando la circolazione pedonale secondo sensi di marcia. Non solo: lungi dall’introdurre qualsiasi sorta di numero chiuso – contrario alla filosofia liberale olandese e impossibile da mettere in pratica –, la città sta sfruttando la tecnologia. Per esempio con tabelloni elettronici e una app, Discover the city, che invia notifiche segnalando quante persone ci sono in fila in quel momento nei diversi musei.
E non si mettono in campo soltanto divieti, ma si prova anche a decongestionare le zone centrali, spalmando i visitatori su un’aria più ampia. «Cerchiamo di orientare attivamente i visitatori ad andare oltre e scoprire nuove possibilità in tutta la regione. Per questo abbiamo promosso la campagna Amsterdam Bezoeken, Holland Bezoeken: «Visitare Amsterdam, conoscere l’Olanda» spiegano ad Iamsterdam. Per questo le spiagge di Zandvoort – a una ventina di chilometri – sono state ribattezzate Amsterdam Beach, mentre l’area di validità dei biglietti dei trasporti pubblici è stata estesa oltre i confini urbani, dalla storica Haarlem ai mulini di Old Holland. «Non c’è un’unica soluzione. Però le amministrazioni locali si devono coordinare con quelle nazionali, questo è certo, perché l’overtourism è un problema serio. I cittadini devono chiedere ai politici ragione delle loro scelte quando capiscono che il turismo sta schiacciando le loro vite» spiega Elizabeth Becker, giornalista americana autrice di Overbooked, uno dei primi studi globali sull’overtourism. «Bisogna capire che le città sono vulnerabili esattamente come lo sono le foreste e le spiagge: bisogna difenderle». Amsterdam ci sta provando.