di Vittorio Emiliani
Grazie all’antica cultura del vino il borgo del Veronese è riuscito a salvaguardare il suo paesaggio
A Soave ricordo giornate di un bel sole settembrino che indorava il rosso caldo delle mura merlate e del castello. Appena dentro la porta principale, una vineria dall’ottimo assortimento, di bottiglie, formaggi, salumi da gustare col «pan arabo», bianchissimo, di queste parti. Intorno, bellezza e silenzio. Poi ho saputo che questo Comune del Veronese è Bandiera arancione del Touring Club Italiano per accoglienza, attrattività, qualità ambientale.
Soave, la cittadina che prende il nome dai Suavi (Suaves), cioè dagli Svevi che combattevano a fianco dei Longobardi di re Alboino, si raggiunge con grande facilità, eppure ha saputo conservare questa quiete agreste, probabilmente perché i suoi vini tipici che coprono le colline ricamandole di verde intenso rendono ben di più della solita speculazione edilizia. E speriamo che duri a lungo così. Il borgo murato è tipicamente medievale. Ha ascendenze lontane, all’età della pietra. Poi arrivano i soliti Romani, ma prima di loro gli Etruschi, forse quelli che, secondo Plinio rifluiscono verso le vallate retiche, anziché ritrarsi a sud, sotto il Po dopo la sconfitta coi Celti, e lasciano qui viti di uva Garganica (o Garganega), bianca, squisita. Che appartiene alla famiglia dei Trebbiani, dal profumo giusto, mai esagerato, nella forma etrusca della vite a palo, maritata cioè a un albero. Se ne parla già nel 1200 e però le prime citazioni sparse risalgono addirittura al Mille. In val d’Alpone la leggenda vuole che lì sia addirittura nata la vite, certo qui antichissima. Per il Soave ha grande tradizione la Cantina sociale fondata nel 1898, molto attiva anche all’estero.
Ma torniamo al bel borgo murato, anzitutto ben conservato e curato, a misura di passo d’uomo finalmente. Fondato nel 568 dell’era volgare e presto circondato da alte e rosse mura per difendere quella posizione strategica. Medievale è il castello che sovrasta l’abitato e dal quale si gode una vista impagabile. Fra gli edifici civili spicca il trecentesco palazzo di Giustizia voluto da Cansignorio della Scala nel 1375 alla cui costruzione, fatto singolare, concorsero ventidue paesi del Capitanato di Soave, fra cui Colognola ai Colli, San Bonifacio, Monteforte d’Alpone e Bolca. Poi il palazzo Scaligero sede dei Governatori di Soave e poi dei Capitani della Serenissima, il tardogotico palazzo Cavalli, alzato nel 1411, dal capitano di Soave, Nicolò Cavalli. Le chiese principali sono S. Giorgio in Borgo Covergnino (probabilmente Conventino) chiesa dei Francescani (un romanico di ingenua semplicità), S. Maria dei Domenicani risalente al 1443, tardoromanica, poi rimaneggiata da frà Giocondo, oggi utilizzata quale sede di mostre, mentre l’attiguo convento è diventato sede della biblioteca civica di Soave. Sempre nel centro storico la chiesa, stavolta barocca, di S. Antonio fatta edificare da Matteo Cusani, nobile del luogo. Al Foro Boario, la sorpresa finale: un singolare museo del Gioco nei secoli, visivo e sensoriale, ludicamente bello e utile.