di Claudio Sabelli Fioretti
A piedi o in bicicletta tra canyon, necropoli e vecchie ferrovie
I posti erano bellissimi e praticamente sconosciuti ai più perché la Sicilia è lontana, difficilmente raggiungibile (ah, il ponte!) e di lei si parla quasi esclusivamente per dire che le strade sono pessime, piene di buche e di frane. Però vi confesso che la cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto di essere passato per Cassibile. Cassibile meriterebbe di essere famosissima, e invece la conoscono in pochi. Credo che sia la frazione più grande d’Italia. Ha seimila abitanti, ma non fa Comune. È frazione di Siracusa e i siracusani non la vogliono mollare, credo per un problema urbanistico-finanziario. E poi, la storia: a Cassibile fu firmato l’armistizio che pose fine alla guerra di Atene contro Siracusa nel 413 a.C., quando il generale ateniese Demostene si arrese alla città di Siracusa.
Sempre a Cassibile, oltre 2350 anni dopo, il 9 luglio del 1943, i soldati inglesi sbarcarono alla foce del fiume (Cassibile, ovviamente), sulla spiaggia della Marchesa, costruirono un ospedale da campo e un aeroporto, mentre la popolazione se la dava a gambe. Poi risalirono la penisola e, insieme agli altri eserciti alleati, liberarono l’Italia. Ma non basta. In ricordo di quello sbarco, quando si trattò di firmare l’armistizio tra Regno d’Italia e Alleati – ricordate l’8 settembre? – si alzò una tenda proprio in un uliveto di Cassibile (dove oggi c’è il resort Donna Coraly, ndr) e sotto quella tenda il generale americano Walter Bedell Smith, il generale inglese Harold Alexander e il generale italiano Giuseppe Castellano firmarono la resa. Attenzione: non era l’8 settembre, era il 3 settembre, ma i badogliani avevano paura della reazione dei tedeschi e tennero la notizia segreta per cinque giorni.
Dunque, Cassibile. Perché ve ne parlo? Perché qualche anno fa capitai del tutto casualmente da queste parti e ne scoprii la bellezza. Spiagge favolose e, all’interno, incantevoli riserve naturali. Io ci arrivai con la mia VW California rossa ma tutta la zona era (ed è) una fantastica e irresistibile tentazione al trekking. Quando si parla di Sicilia è facile ricordare le gole dell’Alcantara, ma le gole di qui (le gole del Cassibile, naturalmente) sono un’altra cosa. Laghetti, cascate, canyon, roba da Far West, Cavagrande, Valle dell’Anapo, le incredibili necropoli rupestri di Cassibile e di Pantalica (nella foto sopra). Duemila tombe da una parte e cinquemila dall’altra, tutte scavate a strapiombo nella roccia. Scendere in fondo alla Cavagrande del Cassibile (nella foto in basso) è un po’ pericoloso: il sentiero è ripido e il dislivello è di 300 metri tutti resi scivolosi dall’umidità. Ma in fondo, il bagnetto nei laghi è quanto di più refrigerante anche in agosto.
Se avete paura lasciate perdere e andate nella valle dell’Anapo, dove potete percorrere (a piedi o in bicicletta) il tracciato della vecchia ferrovia a scartamento ridotto che univa Siracusa a Ragusa, guardati a vista dalle tombe e dagli antichi villaggi bizantini. Si tratta di un bel percorso, 96 km, e c’è perfino la vecchia fermata “Necropoli di Pantalica”. È stata costruita 103 anni fa, tra pareti a picco, brevi gallerie e serpeggiamenti continui sugli argini dell’Anapo. Fu smantellata 62 anni fa. Per un po’ fu lasciata aperta al traffico automobilistico. Ora non più. O a piedi, con la tenda, o in bicicletta. Ai suoi tempi, quando serviva a trasportare tonnellate di asfalto da Ragusa a Siracusa, la chiamavano «U trenu ri Cicciu Piecura», «la ferrovia di Ciccio Pecora». Perché le locomotive a vapore che la percorrevano somigliavano ai giocattoli esposti nella vetrina del negozio di Francesco Battaglia Ciulla, un commerciante ragusano che tutti chiamavano «Ciccio Pecora».