di Clelia Arduini | Foto di Giuseppe Carotenuto
Statue messe in salvo dalla guerra in Siria, dipinti rubati della scuola caravaggesca, falsi ritratti di Marilyn di Warhol: il caveau dei Carabinieri responsabili della tutela del patrimonio culturale è un tesoro pieno di storie e di misteri da svelare.
Gli occhi, incastonati in un viso nobile scolpito nel marmo, fissano il buio della stanza dove prende forma la sua terra che al tramonto si colora di rosso: Palmira. Un giorno la rivedrà. Accanto, le teste marmoree dell’imperatore Tiberio e di suo figlio Druso condividono lo stesso pensiero: a quando il ritorno a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, dove furono rubate durante l’ultimo conflitto bellico? Sono alcune storie delle oltre tremila opere custodite a Roma, in via Anicia, nel caveau della caserma La Marmora, sede del reparto operativo dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale: il primo reparto di polizia al mondo istituito espressamente, il 3 maggio del 1969, per proteggere i beni archeologici, artistici e storici di una nazione e operare con attività investigative per recuperare opere rubate o provento di scavi clandestini o, ancora, illecitamente asportate. Allora, i militari si contavano su una mano; oggi, a quasi 50 anni dalla loro nascita, sono trecento. Uno squadrone qualificato dotato di fiuto, sensibilità e capacità investigativa, ancora unico al mondo (in Francia i poliziotti di settore sono 24, in Inghilterra 4, appena nato in Messico un piccolo nucleo su modello italiano), che, in sinergia con i colleghi dell’Arma, della Polizia di Stato e del ministero dei Beni culturali e del turismo, contrasta il gigantesco mercato clandestino dell’arte. È un business tentacolare l’appropriazione indebita delle opere artistiche che, nella storia, da Napoleone a Hitler, ha contribuito a creare lo status di conquistatori, e oggi, oltre ad arricchire i salotti di collezionisti disonesti, ingrossa le casse del terrorismo e delle attività criminali. Un impero del male che per l’Interpol frutta tra i quattro e i sei miliardi di dollari e per l’Unesco è inferiore solo a quello della droga e delle armi.
Nel caveau sono allineati, con le loro rispettive schede – vere e proprie carte d’identità di ciascun pezzo – basi di colonne di marmo e sarcofagi d’epoca romana, anfore attiche, crocifissi lignei rinascimentali, arredi sacri e putti barocchi, sculture, candelabri, bronzi e quadri, come Il compianto di Adamo ed Eva su corpo di Abele, la grande tela di Battistello Caracciolo, allievo di Caravaggio, rubata nel 1989 da Villa Ayala a Valva, in provincia di Salerno, e ritrovata dai Carabinieri nel 2014. Più avanti, i décollage di Mimmo Rotella sequestrati a Massimo Carminati durante l’inchiesta di “mafia capitale”, insieme all’inquientante donna-giaguaro della scultrice Rabarama. Tra monete antiche, reliquiari e mobili d’epoca, affiora in una custodia nera anche un violino: è il prezioso strumento con decorazioni floreali firmato nel 1563 dal liutaio cremonese Andrea Amati – capostipite di una famiglia di artigiani dove lavorò Antonio Stradivari – sequestrato durante un tentativo di esportazione illecita. Le grandi e le piccole opere d’arte rimangono nel caveau fino alla conclusione dei procedimenti giudiziari e alla restituzione ai legittimi proprietari, ma nel caso non ci sia più nessuno, diventano di proprietà pubblica e possono essere affidate a musei e istituzioni su indicazione del ministero per i Beni e le attività culturali. Le sorprese continuano in un locale sotterraneo cui si accede attraverso una rampa di scale: è la sala dedicata ai falsi, per lo più di arte contemporanea. Sfilano in un silenzio irreale alcune teste di Amedeo Modigliani e numerose opere che imitano, tra gli altri, Mario Schifano, Filippo De Pisis, Mimmo Rotella, Alberto Giacometti. Il loro destino, secondo la maggior parte delle sentenze, è scritto nel fuoco, nel senso che saranno bruciate in collaborazione con l’Ama (la società del Comune di Roma per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) oppure trasportate al “Laboratorio del Falso”: iniziativa nata da qualche mese dalla collaborazione tra i Carabinieri per la tutela patrimonio culturale e l’Università degli studi di Roma Tre, per studiare e contrastare la falsificazione dei beni culturali.
«Il fenomeno è in diminuzione – spiega Alberto Deregibus, vice comandante dei Carabinieri tutela patrimonio culturale – nel quadriennio 2014-2017 la stima delle opere false, sequestrate qualora commercializzate come autentiche, ammonta a sette miliardi di euro con un trend dei furti in calo da 906 del 2011 a 449 del 2016, ultimo dato disponibile. Nello stesso periodo, il commercio clandestino è stato ‘sfiancato’ con il recupero di 320.100 beni culturali di cui oltre 93mila beni antiquari, archivistici, librari, 134.900 reperti archeologici e 92.200 reperti paleontologici, per un valore di 270 milioni di euro. Ma il contrasto al mercato nero dell’arte sarebbe ancor più efficace se la riforma dei reati contro il patrimonio culturale, che inserisce nel codice penale fattispecie illecite a tutela del patrimonio culturale, fosse andata in porto. Purtroppo il disegno di legge passato dalla Camera al Senato non ha avuto il varo definitivo e ora il prossimo governo dovrà farsene carico». Intanto, per rinforzare la capacità operativa del comando, sono stati istituiti tre nuovi nuclei a Roma, Perugia e Udine, che si aggiungono agli altri 12 ed è in progetto l’ampliamento dell’organico per aumentare la sicurezza nei musei e nei luoghi di cultura dello Stato. Cresce anche Leonardo, non un super agente 007, ma una Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti in cui, a partire da quel 3 maggio 1969, sono stati catalogati finora 6.241.265 oggetti, di cui 1.200mila circa da ricercare, e oltre 630.993 immagini e che costituisce l’asso nella manica più ampio ed efficace al mondo, anche per contrastare meglio il mercato nero che si è spostato sul web. La forza militare ha fatto la differenza pure nelle zone terremotate, mettendo in sicurezza ben 22.050 beni (5.141 in Umbria, 13.052 nelle Marche, 3.563 nel Lazio, 20 in Abruzzo e 274 a Ischia), impiegando complessivamente oltre tremila uomini. Vicino al caveau, nel portico della caserma, archeologi, restauratori e storici dell’arte del ministero dei Beni culturali e del turismo, tutti rigorosamente in tuta bianca, si muovono lentamente tra 25 casse che contengono i frammenti dell’affresco di un tempio etrusco del VI secolo a.C. rubati dai tombaroli a Cerveteri negli anni ‘70, finiti nelle mani di un trafficante inglese e ritrovati due anni fa dai Carabinieri in un porto franco di Ginevra.
E mentre gli studiosi, che sembrano astronauti approdati su un antico pianeta, tentano di ricomporre il gigantesco puzzle, termina la visita al museo più sicuro del mondo; la porta blindata del caveau si chiude e i profili delle teste marmoree di Druso e Tiberio svaniscono nel buio. Furono trafugate nel 1943 dal museo civico di Sessa Aurunca e venduti in Francia con destinazione finale negli Stati Uniti; il generale Druso, rientrato per ultimo, è stato intercettato al Cleveland Museum che l’aveva acquistato nel 2004 per circa due milioni di dollari mentre la scultura dell’imperatore Tiberio, venduta a un collezionista privato americano per un milione, era stata recuperata in precedenza. Un’operazione vincente grazie alla procedura giudiziaria instaurata a Roma, all’azione diplomatica condotta dal ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e alla bravura dei “nostri” Carabinieri. E ora il Comune campano si prepara ad accogliere con tutti gli onori i suoi eroi, specchio della storia. È ancora sotto sequestro, invece, il fregio recuperato nel 2011 a casa di un collezionista in Piemonte durante una normale operazione di polizia. La sua identità, accertata da un archeologo siriano, è chiara, ma l’uomo dal nobile viso di marmo deve aspettare ancora, in attesa che nella sua Palmira, rossa di sangue, torni la pace. Nel buio del caveau, sogna la sua casa nel deserto, dove un giorno – grazie ai paladini italiani a difesa della cultura come imprescindibile patrimonio collettivo – tornerà, ambasciatore di civiltà universale.