di Silvestro Serra
L’intervista alla vicepresidente Tci Claudia Sorlini inaugura una serie di incontri con personalità che interpretano lo spirito del viaggio e del club
Professore emerito di Microbiologia agraria all’Università degli Studi di Milano, Claudia Sorlini ha ricoperto vari incarichi nel sistema universitario e in commissioni ministeriali. Commendatore all’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e “Ambrogino d'oro” del Comune di Milano. Socia del Tci dal 2008, poi consigliere e, dal 2010, vicepresidente.
Che viaggiatrice è? «Amo il viaggio più che la vacanza. Mi piace conoscere e ogni viaggio deve essere una scoperta di cose nuove sia dal punto di vista culturale sia ambientale. Sono una “viaggiatrice leggera”, dal bagaglio ridotto al minimo, che si muove con grande agio e che se cambia itinerario lo fa senza difficoltà».
Genere di viaggi. «Ne ho fatto tantissimi (anche il giro del mondo), ma amo in modo particolare quelli nei Paesi lontani, soprattutto nel Sud del mondo, e quelli alla scoperta dell’Italia minore, bellissima, dove ho scoperto cose meravigliose».
Con chi viaggia. «Di solito in due, con mio marito. Siamo viaggiatori esperti, lui conosce molte lingue per cui ce la caviamo sempre».
Il viaggio indimenticabile. «In Yemen, affascinante, tra storia e natura. Viaggio scomodo, ma mi ha lasciato un’emozione che non posso dimenticare».
Una delusione. «Forse Mauritius: una bella isola, un mare perfetto ma se non trovo il giusto mix tra natura e cultura (e cibo locale) un luogo finisce con il perdere la magia».
Il cuore del viaggio. «È il rapporto con le altre umanità, con le culture che loro esprimono – come hanno costruito le case, salvaguardato la natura, i paesi –, con le loro esperienze. Attraverso le loro esperienze riesco ad ammirare i luoghi».
Mezzi di trasporto. «A me piace il treno, lento, che vada per vie secondarie. Mi rilassa e mi permette di godermi la natura e il panorama».
Libri di viaggio? «Porto quelli che mi raccontino la storia dei luoghi. Ho amato tanto Ryszard Kapuscinski. E poi viaggio con le guide Touring che mi hanno sempre accompagnato dappertutto».
Accessori di viaggio indispensabili. «Non dimentico mai un taccuino per appunti che rileggo poi a casa».
L’organizzazione. «Partiamo con un programma e avendo studiato le tappe, ma mi consento il piacere di lasciarmi porte aperte per scoprire quello che ci viene proposto dalla realtà, durante il viaggio, senza troppe rigidità. Ci lasciamo ampi spazi per poter fare cose non previste ma decise sul posto». La sistemazione. «Qualunque tipo di accoglienza, hotel, b&b, pensioni... l’importante è trovarmi al centro. Mi piace vedere il centro storico, anche se degradato, anche se c’è chiasso, per poter uscire e vedere la città vera, capire come si vive. Voglio respirare i suoi odori».
Il bagaglio. «Un trolley piccolissimo, con l’essenziale. Se serve qualcosa si può sempre comprare in loco. Non facciamo vita mondana per cui niente abiti eleganti né tacchi alti, ma sempre due paia di scarpe basse e comode. L’ho imparato da mio padre, grande viaggiatore: devi camminare sempre coi piedi asciutti. Poi qualche medicina, senza esagerare. Ho imparato che i primi tre giorni non devi mai mangiare verdura cruda, frutta non sbucciata, né gelati. Dopo in genere comincio poco a poco a mangiare i cibi locali, quando le difese si sono preparate».
Il viaggio da fare. «Mi piacerebbe conoscere le comunità italiane che hanno messo le radici in Argentina. Vedere come è cambiata la loro vita, che legami hanno mantenuto con l’Italia. Aiuta a ricostruire anche la storia, l’arte, il dialetto che hanno conservato, capire quanto della dieta mediterranea è rimasto laggiù. La passione mondiale per il cibo made in Italy è anche frutto delle tradizioni che questi emigrati hanno saputo mantenere per generazioni. Veri presidi del modo di mangiare italiano. Hanno difeso e mantenuto questo saper fare, ovunque siano andati. Era l’unico modo per mantenere la propria identità in un luogo di cui non conoscevano né lingua, né costumi, né regole».
Gli imprevisti. «Aiutano a vedere le cose con più calma. Ti blocchi, non puoi più andare avanti e allora hai l’opportunità di approfondire. Oppure, come è capitato tante volte, se per esempio perdi la valigia, ti devi arrangiare. Se capita un imprevisto cerco di approfittarne per approfondire, curiosare su quello che non avrei fatto se non fosse capitato. Insomma, li prendo con filosofia».
Il Tci del futuro. «Lo vedo soprattutto nello sforzo che fa per adeguare le sue strumentazioni alle nuove tecnologie, alle nuove esigenze, alla nuova domanda e a quella della fascia più giovane. Ma quello che resta valido è che nel mondo dei viaggi le cose che ha da dire sono tantissime e nessuno sa dirle come le dice il Touring. Riesce a parlare di cultura a 360 gradi, non sceglie solo l’ambiente, i temi culturali, la geografia: questa capacità di trasmettere è quello che ho imparato ad amare nella mia vita».