Grand Tour. Quando gli scrittori andavano a piedi

Carlo Linati e Riccardo Balsamo Crivelli, tra i primi scrittori moderni a riscoprire e promuovere la tradizione di viaggiare a piedi e raccontare il viaggio lento

C’è stato un tempo in cui gli scrittori camminavano, attraversavano paesi e città per poi raccontarli nei propri libri. Negli anni Venti del secolo scorso, due erano i camminatori di lungo corso delle lettere italiane, Carlo Linati e Riccardo Balsamo Crivelli, lombardi amici di penna e di bastone, capaci di vagabondare assieme per settimane nel Casentino, sul monte Amiata e l’Abetone. 

«Sacco in spalla e bastoncello alla mano, si partiva da Milano il poeta Balsamo Crivelli ed io, un giorno d’estate, e si raggiungeva qualche bella regione toscana», scrisse Linati in un numero de L’Esame del sodale Enrico Somaré. Riccardo Balsamo Crivelli, nato a Settimo Milanese nel 1874 da una famiglia della piccola nobiltà, poeta e grande cultore della lirica italiana trecentesca, di chilometri ne percorse migliaia, girando l’Italia in lungo e in largo e descrivendola in diversi libri di racconti, tra i quali Cammina… cammina…, A salti e schizzi e Paesi e grilli, fresche prose piene di natura e richiami all’arte, immagini di un Paese scomparso dalla bellezza stupefacente. Balsamo Crivelli fu uomo fuori dal tempo. Nemico di ogni modernità usava vestirsi alla moda ottocentesca e parlava in maniera ricercata, negando ogni contaminazione con la poesia a lui contemporanea. Profondo conoscitore della letteratura italiana del Tre e Quattrocento, si appropriò degli strumenti linguistici di quel tempo, e la sua ricerca stilistica culminò nel poema in ottave Boccaccino, che narra la giovinezza di Giovanni Boccaccio a Napoli, pubblicato nel 1920. 

Scrittore prolifico, anche se non sempre di grande qualità, Riccardo Balsamo Crivelli dà il meglio di sé come prosatore di viaggio più che come autore di romanzi, che scrisse per lo più in età avanzata per far fronte a difficoltà economiche. La sua poesia, invece, si mantiene sempre a un buon livello, soprattutto nelle raccolte Rossin di Maremma e Voci alte e fioche in cui emerge una vena malinconica e a volte dolorosa. In uno dei suoi libri di viaggio più noti, Cammina… cammina…, Balsamo Crivelli, dopo un’arguta prefazione dedicata al bastone, compagno di ogni camminatore che si rispetti, regala pagine deliziose sui luoghi manzoniani, le isole Borromee, Ferrara e San Gimignano, il Senese, Spoleto e la Sicilia.

Come le righe dedicate all’Isola Madre del Lago Maggiore: «È, a parer nostro, la più seducente. Il Flaubert che vi sbarcò un giorno gridò per la maraviglia che gli pareva il Paradiso terrestre. Piacque allo Stendhal a me e ad altri illustri. Oggi dorme solitaria e sembra un gran cespuglio sull’onde. Gli uccelli vi gorgheggiano, l’acque la baciano intorno silenziose e qualche volta la circondano di schiume». E un breve appunto sui luoghi manzoniani che spesso visitava con l’amico Linati: «Chi patisce di nostalgie manzoniane salga al paese d’Acquate e troverà l’orto di Renzo, incolto da un pezzo, e la casetta di Agnese e di Lucia con la pianta di fico, che in questi giorni li fa maturi e con la gocciola. A diritta, un po’ più sotto, c’è il santuario di San Gerolamo, (quello veneto) fondato circa nel 1500, sul quale spiccano i ruderi del castello dell’Innominato. Non si fa troppa fatica a credere a tutte queste bubbole tanta polpa di verità diede il Manzoni alle fantasie della sua mente».