L'ora di Ibiza e Formentera

Gianmario MarrasGianmario MarrasGianmario MarrasGianmario MarrasGianmario Marras

Spenti laser e riflettori, staccata la spina ai dj delle discoteche è questo il momento per scoprire le meraviglie naturali e l’atmosfera più autentica delle due perle del Mediterraneo

 Provate per un attimo a immaginare Ibiza senza il sottofondo della musica techno che rimbomba fino alle sei del mattino (non oltre grazie alla nuova legge!). Fate sparire poi con un colpo di bacchetta magica i mega capannoni hi tech in cui si sono installate le discoteche più note del pianeta; via gli schiuma party dell’Amnesia, via le luci laser del Pacha, via lo Swag Club, l’Ushuaia open air, vale a dire musica a palla all’aria aperta e via la più grande disco d’Europa, il Privilege. Infine cancellate con la fantasia la spiaggia più candida ma più incasinata dell’isola quella di Bora Bora trasformata in un beach club diurno alla platja (spiaggia) d’en Bossa, periferia sud della cittadella storica dell’isola, dove si alternano, dall’alba al tramonto, bagni e balli, tuffi e cocktail. Che cosa rimane allora, se spariscono questi fragorosi emblemi della “regina del divertimento”delle isole Baleari nel cuore del Mediterraneo al largo di Barcellona? Cosa rimane di questa irresistibile attrazione fatale, del sogno estivo più sospirato dagli adolescenti e dai sempre giovani di mezzo mondo, del luogo di vacanze più permissivo, trasgressivo e sfrenato del vecchio Continente fin dagli anni Settanta? C’è anche una vita oltre la disco? Possibile che il modello ibizenco (ma questo vale anche per la più piccola e vicina isoletta di Formentera), lanciato dagli hippy alla fine degli anni Sessanta e poi adottato dai tardi epigoni dei figli dei fiori, presto affiancati (solo nei mesi estivi) dai tatuatissimi calciatori (soprattutto italiani) e dallo stuolo di palestrate veline, non abbia alternative in un’isola dal clima ideale tutto l’anno? Possibile che questo richiamo fiorisca e appassisca solo tra luglio e agosto? Che cosa accade negli altri 10 mesi?

Siamo andati a vedere e l’esperienza vale la pena di essere raccontata e soprattutto di essere rivissuta. Sbarcando da uno dei numerosi voli che collegano (intelligentemente) tutto l’anno Ibiza con la Spagna e il resto dell’Europa, già dalla prima impressione non si può non sfoderare una trita definizione dell’Eden, che però ben si adatta al fortunato arcipelago delle Baleari. In una luce nitida spazzata dai frequenti venti, spiagge bianchissime, calette di mare color turchese, dune di sabbia protette da passerelle di legno per non disturbare la flora e la fauna locale, e poi verso l’interno, stradine sterrate che si inerpicano sulle colline coperte di lecci e di querce, vigneti bassi, protetti dal vento da muretti a secco, qualche finca, ovvero fattoria, isolata, sparsa tra le valli e circondata di bouganville ipercolorate, minuscoli borghi intorno a chiesette (imperdibile il Puig de Missa di Sant Miquel), imbiancate con la calce e fronteggiate da raccolte piazzette, colorate dai tavolini dei caffé all’aperto e da negozietti di artigianato, all’ombra di centenari eucalipti. Uno per tutti nel cuore dell’isola, Santa Gertrudis de Fruitera. Insomma davvero un piccolo paradiso, per gli occhi, per il naso e come scopriremo presto, anche per il gusto

A interrompere la calma e l’armonia bucolica del paesaggio la colorata confusione del mercatino del sabato mattina di Las Dalias, in località Sant Carles. Centinaia di bancarelle graziose e artisticamente allestite, dove stagionati hippy (che qui chiamano affettuosamente peluts, capelloni) acclimatatisi qui dalla fine degli anni Sessanta mettono in vendita i loro manufatti artigianali: cuoio, tessuti, abiti (la moda qui ha l’etichetta Adlib, che sta per ad libitum, cioè che va bene tutto), ceramica, bijoux e arredi per la casa ricavati da metalli o legni riciclati. In quest’area nella zona nordest dell’isola di Ibiza ci si può fermare per una sosta allo storico caffé Annita con piacevole déhor sotto un pergolato sorseggiando un fresco calice di pomada, il cocktail locale (a base di gin dolce e succo di limone). È un mitico luogo di appuntamento per le comunità internazionali di residenti dove la proprietaria faceva volentieri credito ai giovani disertori americani in fuga dalla guerra del Vietnam e rimasti a corto di soldi, in attesa delle rimesse di dollari dalle famiglie. Seguendo il camino de miradores, ovvero quello che collega i punti più panoramici dell’isola, ci si imbatte in Na Xamena, una piccola oasi tra i boschi dove già negli anni Sessanta fu realizzato un buen ritiro, con hotel ristorante e spa, dall’architetto Daniel Lipzyz. Prima di imbarcarsi per Formentera non si può trascurare la città vecchia (dalt vila, in catalano) che è patrimonio Unesco ed è tutta costruita intorno al castello con stradine, piazzette; la casa Broner, eredità di un architetto ebreo tedesco del Bauhaus fuggito dal nazismo, e un bel museo di arte contemporanea. Si può anche fare una gita in kayak sulla costa ovest davanti agli splendidi isolotti di Es Vedrà e Es Vedranell, il punto più mistico dell’isola dove assistere alla puesta del sol, un tramonto spettacolare.

Assistere al tramonto è una delle attività più amate a Formentera. Piatta isoletta a poche miglia da Ibiza, la più amata dagli italiani. Qui niente discoteche e poche auto (ma solo bici e motorini): solo piccoli paesini come Sant Francesc Xavier, il capoluogo, o il più turistico Es Pujols, spiagge rinomate (la più bella quella di Ses Illetes sulla punta di S’Espalmador); ristorantini sulla spiaggia come Chezz Gerdi (frequentato negli anni Settanta dal mondo del rock e pop e ora da stilisti e attori) o es Moli; antichi mulini a vento (quello de La Mola citato dai Pink Floyd e da Bob Dylan) e spianate a picco sulla costa dove appunto assistere al tramonto e impilare piramidi di sassi alla maniera tibetana come si fa a Cap de Barberia e allo storico faro di Es Garroveret; le cantine di Terramoll con assaggi di un piacevole bianco Monastrel, borghi di pescatori con i tipici rimessaggi delle barche come Es Calò. Insomma per ritrovare l’anima di queste perle delle Baleari non c’è bisogno di bacchette magiche. Basta evitare il carnaio dell’estate e la vera magia è già tutta qui.