Mezzano: dove il legno si fa arte

Il minuscolo borgo-gioiello ai piedi delle Pale di S. Martino è tornato a nuova vita. Si è trasformato in un prezioso polo turistico grazie al ritorno dei giovani e agli artigiani-falegnami

 

 Per chi è nato e cresciuto in montagna, la sola vista delle cime innevate è casa. Casa sono i boschi e i caprioli, i prati punteggiati di fiori, i campanacci degli animali al pascolo, i “buongiorno” scambiati fra compaesani. Rituali e immagini familiari che quando si vive in città, anche per brevi periodi, mancano come l’aria.  Il mal d’Africa non è tanto diverso dal “mal di montagna” e nel borgo di Mezzano – uno dei borghi più belli d’Italia – c’è chi se ne tiene lontano. ­ Mezzano si trova a 650 metri di altitudine nella valle di Primiero, in Trentino, e sorge ai piedi delle Pale di S. Martino, celebre gruppo montuoso delle Dolomiti. Fa parte della riserva naturale del parco di Paneveggio Pale di S. Martino e confina con il parco delle Dolomiti bellunesi. San Martino di Castrozza, da cui si parte per visitare l’emozionante paesaggio lunare dell’altopiano delle Pale, dista soli 15 chilometri; nei dintorni si trovano anche i prati di S. Giovanni, che portano alla scoperta di boschi, malghe e masi, e il sentiero degli abeti giganti, un percorso silenzioso all’ombra dei secolari custodi della vicina val Noana. La fama di Mezzano è legata alla mostra urbana delle cataste di legno artistiche che abbelliscono il centro storico e agli oltre 400 orti che adornano gli ingressi delle case. Ma è allo spirito di iniziativa e collaborazione fra gli abitanti (circa 1.600) che si deve il suo fascino, e alla forza dei giovani che si danno da fare per tutelare eccellenze e tradizioni, per innovare i saperi e attirare visitatori.

 

Di sabato mattina, Simone Zugliani e la moglie Valentina tagliano la legna per l’inverno nel prato di famiglia, dove c’è tutto l’occorrente per sezionare e accatastare i ceppi. La figlioletta Emily, di un anno, si regge appena in piedi; il figlio più grande ha quattro anni e indossa un casco giocattolo, guanti e cuffie come il papà. «Si chiama Agostino, come mio nonno materno – racconta Simone –. È grazie a lui che sono diventato boscaiolo, mestiere che amo». «Mi sveglio all’alba e torno a casa dopo il tramonto – aggiunge –. Trascorro le mie giornate nei boschi, io e i miei colleghi condividiamo la sana fatica quotidiana che ci fa andare a letto contenti la sera».  Al boscaiolo trentenne di Mezzano si illuminano gli occhi quando parla del suo mestiere, che svolge in proprio con attrezzature che gli consentono di abbattere abeti e larici autoctoni e portarli sulla strada, dove vengono raccolti da altre ditte per seguire il loro destino nel settore dell’arredamento e dell’edilizia. «È un mestiere difficile da spiegare, spesso l’abbattimento degli alberi viene visto come una violenza – dice Zugliani –. Ma guardiamoci intorno: il legno è dappertutto, da sempre fa parte della nostra vita e della quotidianità. L’attività dei boscaioli va di pari passo con la rigenerazione naturale dei boschi, regolamentata dai piani di assestamento regionali e tutelata dal custode e dalla guardia forestale». «Ci vuole la testa, per farlo, ma senza la passione sarebbe impossibile».

 

E di passione per il legno parla anche lo scultore Gianluigi Zeni, mentre scolpisce una statua di Giacomo Scalet, uno dei più grandi fondisti fra le due guerre. Zeni sta adattando l’eredità artistica del padre Renzo – scultore di arte sacra – allo stile contemporaneo che lo porta a girare tra l’Italia e l’estero. «Mi sono diplomato all’Accademia di Verona, lavorando in parallelo nel laboratorio di famiglia – racconta – Sono partito dall’iconografia classica per raggiungere il mio stile, che spazia da rappresentazioni pop ispirate ai manga giapponesi a riproduzioni da fotografie, a opere di denuncia sociale, come la serie dei bambini con la mascherina antigas». Anche Matteo Gubert e Giorgia Bugarini, titolari dell’azienda Artistica legno GT, vedono il legno come un materiale in evoluzione. Il loro showroom si trova in via delle Giare, nella zona artigianale di Mezzano. Giorgia è originaria di Ancona, ma l’amore e i casi della vita l’hanno portata a vivere qui. «Ho iniziato a lavorare nel Primiero da ragazzina, facevo le stagioni negli alberghi – racconta – Quando ho visto le Dolomiti è stato amore a prima vista. Mezzano è diventato il mio borgo di adozione». ­­La coppia realizza progetti di arredamento di interni su misura e tutti i disegni sono realizzati a mano da Matteo Gubert, che ama l’approccio “analogico” al mestiere. «In ufficio non abbiamo il computer, disegno tutto a mano in modo che i clienti abbiano una percezione realistica di come saranno arredati i loro spazi», spiega. I prodotti di punta dell’Artistica legno GT sono complementi di arredo in legno massiccio dai colori insoliti: «Abbiamo ideato una particolare tecnica di colorazione, che si realizza con polveri colorate per i tessuti», spiegano Gubert e Bugarini. «Le venature assorbono i pigmenti e le superfici levigate sembrano rivestite di stoffa».

 

A pochi passi dallo showroom si trova la Birreria artigianale Bionoc’, nome che unisce i nomignoli dei fondatori: Fabio Simioni, “Bio”, e Nicola Simion, ”Noc’”. Nel 2004 hanno iniziato a fare esperimenti nel garage di casa e si sono presto trovati a girare gli Stati Uniti, la Germania e l’Inghilterra per fare esperienza e aprire l’attività imprenditoriale che oggi produce 11mila litri di birra l’anno e distribuisce 15 etichette a livello nazionale. «Le materie prime sono tutte locali, per questo ci definiamo agribirrificio delle Dolomiti - spiega Nicola Simion – L’anno scorso abbiamo creato una nuova società agricola sui Colli Berici, con un produttore e amico che collabora alle nostre nuove etichette Birre della terra». Le prime nate sono la Fil di Farro, con un 40 per cento di farro crudo; la Segalina, a base di segale, e la Nana Bianca, una blanche con frumento aromatizzata da bucce di bergamotto. Con la birra Bionoc’, lo storico locale La Kalchera ha festeggiato i suoi primi cinque anni con un concerto del gruppo trentino The Bastard Sons of Dionisio. È il locale dove i giovani di Mezzano si ritrovano la sera ed è gestito da due soci che lo hanno riqualificato dopo un periodo di degrado. «Si chiama La Kalchera perché qui, anticamente, si produceva la calce – spiega Federico Stefenon, uno dei soci – In estate organizziamo eventi e concerti, per noi è importante che questo locale sia il punto di riferimento per i giovani della zona. Con le località vicine abbiamo stretto una sorta di patto di non concorrenza: organizziamo i concerti in periodi diversi, in modo da non portarci via il pubblico a vicenda».

 

Agli occhi dei visitatori, gli abitanti di Mezzano sembrano far parte di un’unica grande famiglia. Il centro storico è meta di visite alla scoperta dell’architettura delle case, delle piccole corti interne e dei luoghi che raccontano la vita del passato e le eccellenze del territorio. Tre vecchi fienili del borgo, i cosiddetti tabià, sono stati trasformati dai proprietari privati in luoghi aperti al pubblico. Si scoprono passeggiando per il paese, fra una catasta di legno artistica e un orto, fra piazze e fontane di acqua fresca e botteghe artigianali. Il tabià del Rico ospita un incantevole Museo della vita rurale di un tempo. È il fienile di famiglia di Mary Orsingher, nata in Francia da genitori emigrati durante la guerra. A pochi passi ci sono anche il tabià della Gemma, che viene spesso usato per rappresentazioni teatrali o per eventi come la Festa del Latte – che si tiene tutti gli anni a luglio – e il nuovo tabià del Checo, che ospita una mostra permanente di prodotti di eccellenza di Mezzano.  Gli amanti dei sapori tipici non possono ignorare la salumeria Bonat di Luigi Valline, che ha mantenuto il nome del vecchio proprietario. Prima di essere un salumiere, Luigi Valline è fotografo e musicista. Quando racconta i suoi prodotti – dallo speck al cirmolo, alle lonzette di maiale agli agrumi, alle mortadelle – sembra descrivere sinfonie musicali che nascono dall’equilibrio fra ingredienti e profumi, spesso legati dall’alchimia con il sale integrale. Con la moglie Simonetta spiega l’origine e l’anima dei suoi prodotti anche ai musicisti internazionali della Music Academy International di New York che ogni anno, dalla fine di luglio a metà agosto, si trasferiscono a Mezzano per un workshop estivo di musica che coinvolge tutto il paese in un ricco calendario di concerti ­(musicacademyinternational.org).

 

I sapori dolci portano invece lungo la strada provinciale per San Martino di Castrozza dove, accanto al Caseificio sociale, si trova la pasticceria Lucian, nata dal sogno di una giovane coppia. Lei, Janina Correa de Toledo, è brasiliana, lui, Davide Lucian, è di Mezzano. Si sono conosciuti a Firenze, lui lavorava in un albergo, lei in un locale. «Ero venuta in Italia con mia cugina per un viaggio – racconta – Ma ho stracciato il biglietto di ritorno e sono rimasta in Italia». Dopo anni di andirivieni fra stagioni e lavori temporanei, Janina e Davide hanno deciso di stabilirsi a Mezzano e mettere su famiglia. La figlia Ilary ha tre anni e quando torna dall’asilo guarda il papà farcire la pasta frolla e lavorare gli impasti e le creme per i dolci preparati con prodotti del territorio.  Anche Christian e Devid, i figli di Silvia Jagher e Bruno Orsega, seguono con interesse il lavoro dei genitori. A tre anni, Devid si destreggia con un bastone da pastorello fra i pascoli di malga Lozen, a venti minuti da Mezzano. Qui, tutte le estati, la famiglia gestisce l’agriturismo dove vengono serviti piatti tipici a base di salumi, formaggi, polenta e pasta fatta in casa. I pascoli accolgono la mandria delle vacche da latte dell’azienda di famiglia, che trascorre qui tutto il periodo estivo dell’alpeggio. «Non ci saremmo mai adattati a lavorare in un ufficio – racconta Silvia Jagher –. Abbiamo bisogno del contatto con la natura e anche i nostri figli sentono l’amore per la montagna. Tenerli fermi sui banchi di scuola a volte è un’impresa».

«La nostra è una vita ricca di sentimenti e soddisfazioni, ma i sacrifici non mancano», aggiunge.  Quando gli altri sono in ferie loro lavorano e sono sempre con il naso all’insù a controllare il tempo, perché le intemperie o il caldo eccessivo determinano le sorti dell’attività. «Ma la montagna è qualcosa che hai dentro – chiude Sil­via Jagher – Se la lasci, prima o poi ti viene a riprendere».

 

Foto di Silvia Zanardi