di Viviano Domenici
La storia di Cesare Scacchi, chirurgo di Preci, in Umbria, che nel ’500 operò di cataratta la regina Elisabetta I
Che gli antichi borghi del nostro Paese siano scrigni di storia e d’arte ormai lo sappiamo bene. Per questo, scoprirne uno con una storia molto speciale leggendo la biografia di Elisabetta I regina d’Inghilterra, è stata una sorpresa che ha svelato la mia ignoranza in materia, cosa che non fa mai piacere. Superato l’imbarazzo ho apprezzato la bella sorpresa. Probabilmente anche Elisabetta dovette provare un certo imbarazzo nel sentirsi dire dai medici di corte che, in tutto il regno, non c’era un chirurgo in grado di operarla agli occhi, entrambi velati dalla cataratta. Era il 1588 ed Elisabetta aveva 55 anni. I suoi ambasciatori avevano interpellato tutte le corti europee in cerca del medico che potesse affrontare un intervento tanto rischioso, e la risposta era stata univoca: l’uomo giusto è Durante Scacchi, nativo di Preci, borgo dell’Umbria dove erano attivi decine di chirurghi specializzati nell’operare cataratta, calcoli vescicali ed ernie inguinali. La regina ascoltò attenta e ordinò che il chirurgo fosse rintracciato e portato a Londra; ma, quando gli ambasciatori incontrarono Scacchi, si sentirono rispondere che, essendo il medico personale di papa Sisto V, nemico della regina protestante, non poteva fare l’intervento per non irritare il pontefice. Per questo, consigliò di rivolgersi al fratello Cesare, che aveva 33 anni (quindici meno di lui), mano ferma e senza problemi «diplomatici».
Cesare accettò l’incarico e, presa la borsa dei ferri e dei farmaci, arrivò a Londra dove fu sottoposto a interminabili consulti con i medici della regina, finché fu presentato a Elisabetta. Il colloquio tra i due si svolse in italiano, presumo, dato che la sovrana parlava bene la nostra lingua e, immagino, avrà voluto sapere tutto di lui e di quello strano borgo italiano dove sembrava nascessero solo chirurghi. Non dev’essere stato semplice per Cesare Scacchi raccontare che i medici di Preci venivano da famiglie di norcini che da sempre macellavano maiali e pecore e, grazie a questo, erano diventati grandi conoscitori dell’anatomia. Non sappiamo come reagì la regina, ma lui l’avrà rassicurata raccontando come, dopo maiali e pecore, i preciani s’erano dedicati con successo a operare gli umani. Nel 1215 la Chiesa aveva proibito la pratica chirurgica agli uomini di fede, ragione per cui i sant’uomini che vivevano nella vicina abbazia di S. Eutizio dovettero abbandonare i bisturi ma, prima di farlo, trasmisero il loro sapere ai norcini, che finirono per diventare grandi specialisti ricercati in tutte le corti europee.
Elisabetta decise di affidare i suoi occhi offuscati a Cesare, che la preparò all’intervento con un salasso e tre giorni di digiuno. Solo acqua in abbondanza. All’alba del giorno stabilito, la regina si sedette davanti al chirurgo, ginocchia contro ginocchia, con le mani bloccate sotto le gambe di lui mentre un assistente le teneva ferma la testa. Dopo aver bendato uno dei due occhi, alla regina furono fatte aspirare le esalazioni di una spugna calda bollita per ore in un composto di vegetali anestetizzanti. A quel punto ebbe inizio l’operazione. Con la mano destra, Cesare infilò un lungo ago d’oro nel bulbo oculare destro, fino a raggiungere la cataratta, e, con una rapida e precisa rotazione l’abbassò sotto la pupilla. Disinfettato e bendato l’occhio operato, il chirurgo ripeté l’intervento sull’occhio sinistro utilizzando la mano sinistra. Tutto andò bene. Gli occhi furono medicati con un collirio antinfiammatorio a base di erbe e di fegato di gallina, Elisabetta rimase bendata nove giorni, poi poté vedere il volto dell’uomo che le aveva ridato la vista. Scacchi rientrò in Italia con mille scudi d’oro e una quantità di regali preziosi. Tutto questo lo si poteva imparare visitando il museo di Preci (Pg), dov’erano esposti antichi strumenti chirurgici, rari testi di storia della medicina e documenti che raccontavano come nel borgo una trentina di famiglie dettero origine a dinastie di specialisti. Oggi il museo non c’è più, distrutto dalle scosse di terremoto del 2016 che devastarono l’antico borgo e l’abbazia di S. Eutizio. I reperti del museo furono recuperati, nessuno sa quando potranno tornare a raccontare antiche storie.