La reggia di Caserta come racconto. Interrotto

Il suo direttore (uscente) Mauro Felicori dialoga con Ferruccio de Bortoli

Ci sono giornate particolari nella sede del Touring che suscitano nuovi pensieri e solleticano riflessioni. Lo scorso 5 ottobre è stato uno di quei giorni grazie all'incontro aperto tra Mauro Felicori, energico direttore della Reggia di Caserta fino a poche settimane fa, e Ferruccio de Bortoli, editorialista del Corriere della Sera. A fare gli onori di casa il presidente del Tci Franco Iseppi. Il tema di partenza era La Reggia di Caserta come racconto, ma poi il racconto è andato ben oltre.

«Giunto alla fine della mia direzione alla Reggia è il momento dei bilanci», ha esordito Felicori (il cui contratto quadriennale sarebbe scaduto nel 2019, ma si è interrotto il 31 ottobre per raggiunti limiti di età pensionabile): «Mi darei un 8 in comunicazione e un 6 stiracchiato per la gestione. Parlando della Reggia dobbiamo ricordarci sempre che è uno dei massimi monumenti in Europa di cui si era persa la memoria e di cui si parlava solo male. Per 20 anni è stato abbandonato, poi piano piano abbiamo cominciato la rimonta». Rimonta che, in numeri, significa ingressi più che raddoppiati (da 400mila scarsi a quasi un milione all’anno, contro i 7 milioni di Versailles), e in reputazione, il riconoscimento unanime non solo della bellezza della Reggia stessa, ma il netto miglioramento nelle opzioni di scoperta e visita. «Non è stata una passeggiata e qualche pallone l’ho dovuto sequestrare...», aggiunge con una fragorosa risata Felicori. Già perché nei giardini i ragazzi ci andavano a giocare a calcio, tra le statue e le fontane, come se fosse normale. Provate a farlo a Versailles... «Tenere in piedi e rendere efficiente (nonché economicamente vincente) una struttura di queste dimensioni è già di per sé un’impresa?» domanda provocatoriamente de Bortoli. «Questa è come un’azienda, sono le persone che fanno la differenza. Il mio è un progetto economico a lungo termine per arrivare a un pareggio di bilancio che renderebbe la Reggia indipendente dai sussidi statali. Con gli ingressi raddoppiati abbiamo avuto soldi per spolverare i lampadari e sagomare le siepi!». Quando l’ovvio diventa un sogno è evidente che il sistema complessivo ha lacune difficili da colmare: «Io sono orgoglioso di essere un caso positivo ma i singoli casi non servono a nulla, è la continuità che cambia le cose», prosegue Felicori: «È nel metodo la virtù». Metodo che ha saputo contare anche su alleanze vincenti come quella tra la Reggia e i volontari per il patrimonio culturale del Touring Club Italiano di Aperti per Voi: «Grazie ai volontari siamo riusciti ad aprire il Teatrino della Reggia che era chiuso da sempre. Vedere il pubblico che si mette in coda ogni weekend per entrarci è una soddisfazione. Il concetto di sussidiarietà dovrebbe essere diffuso in tutti i musei e il Touring sarebbe un partner perfetto ovunque. In Inghilterra lo fanno da sempre». 

Di andare davvero in pensione Mauro Felicori non sembra averne particolarmente voglia. Troppe le idee, troppi gli spunti e le energie da condividere. Mille i discorsi e le suggestioni, stimolati dalle puntuali domande di de Bortoli, che Felicori ha lanciato: dalla gratuità per i musei («No per quelli grandi, sì per quelli piccoli») all’art bonus («In astratto ottimo strumento, io però sono refrattario»), dal contingentamento per luoghi e città d’arte («Sono favorevole a un ticket per proteggere le città affinché non diventino parchi tematici»), al concetto di arte diffusa («Le opere ‘minori’, abitualmente confinate nei depositi, perché non possono stare in alberghi, ristoranti o uffici così da far capire alle persone che vivono circondati dalla bellezza?»), fino ai colpi di fulmine con l’arte («La mia prima volta a Londra, 50 anni fa, andai alla Tate e c’era questa cosa: una persona parlava per un solo quadro per 15 minuti. Una folgorazione che sogno di ripetere in Italia»).

Una giornata particolare quella del 5 ottobre al Touring che si è conclusa con una sfida lanciata dal presidente Iseppi: «Quale guida Touring vorrebbe scrivere?». Umilmente Felicori non si mette a confronto con le mitiche Guide Rosse con le quali ha viaggiato tutta la vita, ma un’idea ce l’ha: «Vorrei scrivere una guida sull’Appia Antica, una guida innovativa». Non ci resta che aspettare un’altra giornata particolare per la presentazione del volume.