di Clelia Arduini | Foto di Clara Vannucci
Un tesoro di 6mila ettari di oasi naturale. Un’ex riserva di caccia dei re, poi residenza dei Presidenti della Repubblica, ora aperta ai cittadini. Scopriamola in anteprima con i volontari del Tci che, da marzo, accompagneranno le visite
Nel silenzio di uno spartano padiglione, un giovane fa le prove generali del suo nuovo lavoro: deve inanellare con estrema delicatezza le zampe degli uccelli migratori in visita alla Tenuta presidenziale di Castelporziano, che si estende per circa seimila ettari fino al litorale, a 25 chilometri da Roma. Poco distante, un branco di cavalli bruca nelle praterie miste a macchia mediterranea, senza curarsi degli sguardi dei visitatori: sono gli anziani equini dei corazzieri – guardia d’onore dei capi di Stato – che dal 2003 in questi quattro ettari, grazie all’iniziativa di Carlo Azeglio Ciampi, trascorrono il loro meritato riposo, lontani da parate e servizi d’ordine. Durante l’anno, i membri dell’Associazione corazzieri in pensione si danno appuntamento proprio qui e c’è chi ha riconosciuto le proprie cavalcature di servizio. Ci troviamo in un’oasi naturalistica tra le più rare di tutto il bacino del Mediterraneo, ultimo lembo delle antiche foreste planiziali che dalla foce del Tevere scivolavano lungo il litorale sino alla selva del Circeo: un quadro di pace e bellezza che non ti aspetteresti dalla “residenza estiva” dei Presidenti della Repubblica, assegnata nel 1948 alla Presidenza assieme al Quirinale a Roma e a Villa Rosebery a Napoli, e da allora divenuta riserva naturale dello Stato ed utilizzata sia come luogo di residenza e rappresentanza sia come zona d’attività zootecniche e agricole sostenibili. È un luogo sorprendente e vitale che Sergio Mattarella, dodicesimo Capo di Stato, ha deciso di condividere con i cittadini (a partire dall’estate 2015 con iniziative di carattere sociale), aprendo le sue porte, così come è stato per il Quirinale, e trasformandolo man mano nella Tenuta degli italiani. Finora l’hanno visitata oltre 14mila persone e da marzo (dopo l’iniziale esperienza tra settembre e novembre 2018), noi del Tci faremo di nuovo parte, con orgoglio, della squadra del Presidente, con trenta volontari del Patrimonio che cureranno, durante la visita storico-artistica della Tenuta, l’accoglienza e l’attività informativa di orientamento dei visitatori, secondo i principi cardine del progetto Touring Aperti per Voi, che l’anno prossimo compie 15 anni.
In realtà, più che una visita, Castelporziano propone un viaggio monumentale nel tempo e nello spazio, nella storia e nella natura: varcato quell’ingresso, sentiamo di appartenere a qualcosa di più grande che è stato, ma c’è ancora e ci sarà, grazie a personale gentile e preparato che lavora per il bene comune, guidato con competenza da Giulia Bonella, da quasi due anni direttrice della Tenuta: fisico atletico, occhi color verde bosco e grande passione per i cavalli, sembra che faccia parte di questo ecosistema da sempre. L’aroma del mare avvolge il castello color ocra –, il cui nucleo primitivo sorge a partire dal X-XI secolo – con le bandiere tese al vento sulla torretta. Nelle sue stanze, tra il piano nobile e la sala dei trofei, regnanti e capi di Stato di mezzo mondo sono stati ospitati, nutriti e coccolati secondo i più alti crismi dell’ospitalità italiana e forse hanno contribuito a determinare nel bene e nel male una parte di ciò che siamo oggi, come cittadini e come Paese. Il museo archeologico racconta la storia del territorio, dall’età protostorica a quella romana, mentre all’esterno, deliziosi, ecco la sala della colazione, la Coffee house, circondata da affreschi, la limonaia e il giardino storico della Regina Margherita in cui è stato collocato in anni recenti un mosaico a tessere bianche e nere di età romana, rinvenuto nel 1874 in un edificio del Vicus Augustanus, vero e proprio quartiere urbano fatto edificare dall’imperatore Augusto. Seguono il roseto, l’antico fontanile e il padiglione delle carrozze con i break e hunting break utilizzati dalla corte sabauda per le cacce reali, e poi carri sportivi, come i phaeton e gli spider-phaeton, e i calessi di vimini con i quali le dame accompagnavano la sovrana. Tutto intorno vive e respira il verde antico, che rimane molto simile a come l’aveva descritto Plinio il Giovane in una lettera all’amico Gallo, in riferimento alla sua villa Laurentina, i cui resti sono stati individuati all’interno della Tenuta. «Vario qua e là il paesaggio; giacché a tratti il cammino è stretto a cagione dei boschi che ti vengono incontro, a tratti si attarda e si allarga in vastissime praterie; molte greggi ovine, molte mandrie di cavalli e armenti bovini, che cacciati dai monti dall’inverno si ingrassano in quei pascoli al tepore della primavera». Eccole, a distanza di duemila anni, quegli armenti, le vacche maremmane, che a metà degli anni 70 per ripristinare la naturale vocazione del territorio, sono state riportate nel comprensorio secondo il tradizionale sistema di allevamento brado, insieme a un branco di cavalli maremmani, nell’intento di recuperare una razza a “rischio”.
Attualmente il numero degli equini oscilla intorno ai 70 elementi; i bovini sono oltre 400, un nucleo dal grande valore culturale e biologico guidato con maestria dai butteri, e che insieme a oltre mille specie botaniche e tremila animali, rendono Castelporziano una gemma preziosa di biodiversità. La sua fortuna? Lo status di residenza reale prima e presidenziale poi, che l’ha conservato fino ad ora. Un fatto più unico che raro – ma che insegna che si può fare – nell’Italia dove hanno sempre vinto abusi edilizi e condoni. Basta vedere le informi colate di cemento e i rifiuti che stringono in una morsa i quartieri all’esterno della Tenuta, per capire che non si può abbassare la guardia nella difesa di questo meraviglioso ma fragile organismo. È del resto quello che i nostri Presidenti hanno cercato di fare in 70 anni di repubblica, in base alle necessità dei vari momenti storici – ma anche rispetto alla loro sensibilità e al loro stile – con modifiche, ampliamenti, rifacimenti e azioni di tutela, che hanno favorito la preziosa conservazione di ambiente, suolo, flora, fauna e patrimonio artistico. Fu merito di Luigi Einaudi, secondo Presidente della neonata Repubblica, rimettere in sesto la Tenuta che, dopo l’ultimo conflitto mondiale, si presentava spoglia e sofferente a causa dell’abbattimento dei boschi, del bracconaggio e dell’occupazione delle truppe tedesche e poi americane nell’area. Un robusto rimboschimento di sughere, pini domestici ed eucalipti arrivò a dar man forte a quel verde, raro e felice insieme di natura mediterranea e continentale.
Giuseppe Saragat nel 1966 decise di donare al Comune di Roma oltre due chilometri della spiaggia di Cancelli, che diviene così il litorale libero più grande d’Europa; Giovanni Leone, nel 1977, vietò l’attività venatoria in tutto il comprensorio, interrompendo così una tradizione ultracentenaria, consolidata specie nel periodo in cui furono proprietari prima i marchesi Grazioli, ricca e potente famiglia romana la quale ottenne che Papa Pio IX, nel 1859, dichiarasse Castelporziano “riserva di caccia”. Un ghiotto carniere di specie animali – tra daini, cervi e cinghiali – che fece gola anche al Re Vittorio Emanuele II il quale l’acquistò nel 1872 attraverso il ministro delle Finanze del Regno d’Italia, Quintino Sella, per quattro milioni di lire di allora, un’enormità. Veniamo al 1985, anno in cui il combattivo Sandro Pertini riuscì a sottrarre ben mille ettari di verde ai progetti dei costruttori che avevano messo gli occhi sulla adiacente tenuta di Capocotta, e li annesse ai circa cinquanta chilometri quadrati di natura “presidenziale”, arrivando ai circa 6mila ettari attuali. Poi fu la volta di Francesco Cossiga che promosse l’ammodernamento della parte nobile del castello con la costruzione del teatro, nel 1989, e delle foresterie, mentre Oscar Luigi Scalfaro favorì il riconoscimento della Tenuta come Area statale protetta, sostenendo anche la realizzazione del museo archeologico. Fu poi Carlo Azeglio Ciampi che dedicò un’area ai cavalli anziani dei corazzieri, per «rendere omaggio a tali silenti soldati, che per lungo tempo hanno servito con onore e amore la Presidenza della Repubblica» e che allestì il museo naturalistico. Infine Giorgio Napolitano fece le prove generali di apertura al pubblico ideando le Feste della primavera e dell’autunno. Oggi, le porte spalancate di Castelporziano, così come tutte le iniziative che promuovono la fruizione dei palazzi della nostra storia e della nostra cultura, rappresentano una delle migliori azioni di tutela partecipata: solo chi conosce può amare e quindi proteggere ciò che sente suo. E la storia, la natura, la bellezza del nostro Paese ci appartengono, corpo e anima, come la nostra Tenuta, la Tenuta degli italiani.