Accadde ieri. La mancia? No, grazie

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Già cento anni fa il Touring si scagliava contro questa abitudine «che rende le relazioni negli hotel servili e favorisce l’ossequiosità»

 Tip, propina, pourboire, Trinkgeld: mancia. Paese che vai, nome che trovi, ma la sostanza è la stessa: si tratta – lo spiega la Treccani – di un piccolo regalo in denaro che si usa dare a chi ha reso un servizio o una cortesia, in aggiunta al compenso dovuto. Si tratta di una questione che fa discutere da almeno cento anni. Lo testimonia un lungo articolo apparso su Le vie d’Italia, il mensile del Tci di allora, del gennaio 1919 in cui erano definite «tutt’ora la piaga del turismo». L’articolo firmato da Attilio Gerelli era corredato dalle vignette satiriche di Renzo Ventura che illustrano questa pagina. Esponeva la posizione ufficiale del Tci che era assai netta: «L’abolizione della mancia dovrebbe essere voluta da coloro stessi che ne sono umiliati».

La riflessione partiva da una considerazione sull’importanza crescente dell’industria turistica e la necessità di garantire maggiore professionalità all’interno degli alberghi e da una attenzione “morale” al ruolo dei lavoratori e sulla loro tutela. «Le mance sono un anacronismo» sentenziava Gerelli. «Contribuiscono a intorpidire le acque purissime del turismo» e «favoriscono l’ossequiosità ove basta l’obbedienza, l’atteggiamento esageratamente cortigiano ove occorre dignità». L’articolo cita un racconto di Victor Hugo dove lo scrittore, descrivendo un viaggio ad Aquisgrana, ironizzava a lungo sull’abitudine allora in voga in Germania (e non solo) di chiedere mance per ogni cosa. Abitudine che secondo Gerelli era peggiorata con l’avvento dell’automobile e la diffusione del turismo: «Contribuendo a creare una atmosfera sgradevole (…) perché sembra che tutto ciò che si muove intorno all’albergo abbia carattere servile». «Abolizione delle mance dunque? L’abitudine è così radicata che un cambiamento immediato dei rapporti fra cliente e personale sembra impossibile (…) il malcontento sarebbe generale» proseguiva Gerelli. Che però avanza una proposta di riforma dei salari e di abolizione delle mance mediante un’indennità. La proposta era mutuata dalla Rivista svizzera dagli albergatori ed era stata avanzata ben prima della guerra dalla Società degli albergatori italiana. Era vista come un segno di cambiamento, «un sintomo di risveglio del senso di dignità individuale e professionale» delle associazioni dei lavoratori degli alberghi.

Oggi l’abitudine della mancia è consolidata in alcuni Paesi – Stati Uniti in testa, dove è fondamentale per integrare i salari di chi lavora nella ristorazione e nell’hotellerie – e lasciata alla volontà dei singoli avventori altrove. In Italia il Contratto collettivo nazionale del turismo (art. 140) ne vieta esplicitamente la richiesta da parte del personale, pena una sanzione da parte del datore di lavoro. E infatti nei nostri conti, almeno al ristorante, c’è il servizio. Vessazione tutta italiana che in altre lingue non ha nemmeno traduzione.

Foto archivio Tci