di Paolo Martini
L’insofferenza del viaggiatore moderno, che accusa del degrado coloro che lo hanno preceduto
Quando tornate dalle vacanze insoddisfatti, sapete bene che non è solo un problema relativo alla scelta del luogo. «Quanto più il mondo è inconsistente, tanto più cresce il numero di coloro che hanno da lamentarsene. Ma anche il loro lamento è inconsistente». Per spiegarci che viviamo dentro «l’età dell’inconsistenza», un intellettuale di rango come Roberto Calasso è partito proprio dall’esemplare insofferenza del turista di oggi: «A proposito di un luogo, si dice subito se è intatto o sfigurato dal turismo. Si parla del turismo come di una malattia della pelle. Eppure il turista ideale vorrebbe visitare luoghi non sfigurati dal turismo», ma non potendo trovarli sceglie di addossare la colpa a quelli che lo hanno preceduto (vedi L’innominabile attuale, Adelphi 2017).
Un’alternanza quasi compulsiva tra idealizzazioni e delusione è in effetti da tempo l’atteggiamento comune nei confronti del viaggio. E oggi non risuona più così incontestabile che «viaggiare apre sempre la mente». A molti sembra che nel turismo si sia raggiunto un punto di non ritorno. Del resto, «il turismo non è più un settore fiorente, ma il mondo intero è un settore attardato del turismo». Eppure, se si guardano ai risultati di questa nostra società di “turisti per sempre”, permanenti, si nota, per esempio, quanto la risorgenza del razzismo abbia preso piede nonostante un’ampia diffusione dei viaggi anche nel Terzo e Quarto Mondo. Gli esempi più clamorosi del passato ci ricordano quanto siano le cattive ideologie a permeare i fenomeni sociali, e non viceversa.
Nel 1938 il regime nazista varò una grande organizzazione turistica di massa, la KdF, Kraft durch Freude (letteralmente, Forza attraverso la Gioia), con centinaia di pullman e ben 12 navi da crociera. Più di 50 milioni di tedeschi vennero fatti viaggiare in patria e nell’Europa non ostile al Terzo Reich, soprattutto in Italia, Norvegia, Grecia e a Madeira. In tutti i viaggi erano previste cerimonie naziste la mattina, bandiere con le svastiche dominavano la scena e i partecipanti venivano catechizzati dai propagandisti, che sottolineavano la superiorità razziale degli ariani e l’importanza dell’esclusione delle razze inferiori. Durante la vacanza nazista ogni pretesto era buono per far notare la differenza radicale tra l’ordine e la pulizia germaniche, e la miseria di molti dei luoghi visitati, in particolare quelli abitati da popolazioni con il colore della pelle più scura.
E dunque, bando ai pregiudizi, anche quelli contro il turismo. Magari sforzandoci tutti di comportarci meglio anche da viaggiatori. Come si domandava retoricamente lo scrittore Antonio Tabucchi (Viaggi e altri viaggi, Feltrinelli 2010):«Che cosa c’è di meglio per i turisti quali siete, e forse siamo tutti turisti a questo mondo, di pensare per un momento che non siamo turisti?».