Roma. Villa Medici, porte aperte sull’Europa

Fucina d’artisti, sede di mostre, eventi e collezioni, sito archeologico e set cinematografico. Dal dopoguerra questo palazzo sul Pincio è un attivissimo centro culturale internazionale

 

Sotto un boschetto di pini marittimi, una figura bianca con la mani dietro la schiena e il capo chino scivola nella verzura. Lo sbircia un giovane con i capelli a spazzola, seduto sui gradini della scalinata, mentre disegna la facciata interna della villa con i fregi originali dell’Ara Pacis.
La candida figura è il papa di The new pope, sequel della serie tv The young pope del regista Paolo Sorrentino, che si sta girando [mentre scriviamo] nel giardino di Villa Medici, sulla collina del Pincio a Roma. Quei sette ettari di verde sospesi tra il Vittoriano e Monte Mario e che Ferdinando de’ Medici, proprietario della villa a partire dal 1576, riempì di antiche vestigia, sono stati solcati da un altro papa cinematografico: il pontefice di Habemus papam, di Nanni Moretti, del 2011, che cede la scena due anni dopo alla passeggiata notturna di Jepp e Ramona, indimenticabili ne La grande bellezza, sempre di Sorrentino.
Talento e spettacolo, arte e visioni si intrecciano in questo scenografico, regale e papale monumento fatto di carne e spirito, che dal 1803 – con un documento a firma di Napoleone Bonaparte – ospita l’Accademia di Francia in cui si sono formati per secoli e continuano a formarsi grandi artisti.
Varcato l’ingresso, fresco di restauro così come la facciata, si avverte subito una grande energia, un’aurea splendente che illumina questo luogo, spazio di ispirazione, creazione e ricerca nel più bel tratto di via di Trinità dei Monti, in cui convivono diverse anime. Prima di tutto residenza per artisti, poi tempio della cultura francese, museo di antiche collezioni, fabbrica di eventi, luogo di incontro al Caffé Colbert, sulla terrazza.

E ancora, set cinematografico che si nutre di quell’incredibile affaccio sui tetti e sulle cupole, di quella conca con una palla di pietra, nei pressi del portone d’ingresso, dalla quale sgorga l’acqua fissata per l’eternità dal dipinto del pittore francese Corot nel 1825.
Con circa 60mila visitatori l’anno e un nutrito gruppo di mecenati internazionali che contribuisce al suo mantenimento insieme ai proventi degli eventi privati e al sostegno del Governo francese, la villa può contare su uno staff di 45 operatori, più i borsisti, che organizzano manifestazioni a getto continuo, con una vitalità e un’energia che solo l’arte può dare. Primi fra tutti, i Giovedì della Villa, inaugurati dalla direttrice Muriel Mayette-Holtz, attrice e regista – prima donna in oltre 350 anni a dirigere l’Accademia –  con cui cittadini e turisti possono confrontarsi con le discipline più diverse, tra conferenze, concerti, proiezioni, performance.
La continua ricerca dell’istituzione culturale si sta ora focalizzando su nuove visite, reali e virtuali. Per le prime, si punta alla scoperta del passato remoto del luogo dove sorgevano i celebri Horti Luculliani, con esplorazioni archeologiche nella vasta rete di cuniculi sotterranei che si estende dalla Villa fino al Muro Torto e alla Casina Valadier. Si parte per ora dalla cisterna al piano terreno, che risale forse al 500 d.C. dove, nel buio degli antichi tunnel, riprende vita il color ocra del cocciopesto usato dai Romani per proteggere gli ambienti dall’umidità, che contrasta con tutto quel bianco e quel verde, in superficie. Il salto all’indietro è potente: ecco apparire il generale bizantino Belisario che la fornisce di acqua per resistere agli Ostrogoti che assediano Roma, utilizzando ciò che rimane del sontuoso palazzo dell’imperatore Onorio costruito sul terreno della famiglia dei Pinci, da cui il nome della collina.
 

Per le visite virtuali, è appena nata una Villa Medici digitale che trasmette gli eventi più importanti e raggiunge in diretta il pubblico lontano, cui segue la app Villa Medici, che arricchisce le visite fornendo contenuti inediti e facilita le relazioni tra vecchi e nuovi borsisti.
Oltre alle novità, si confermano i seguitissimi eventi quali il ciclo di mostre “UNE”, che porta sulla scena le opere delle maggiori artiste internazionali, come Yoko Ono, Elisabeth Peyton, Camille Claudel, Tatiana Trouvé e Katharina Grosse; la Notte Bianca di Villa Medici e il festival di musica pop, rock ed elettronica Villa aperta, dedicati al pubblico più giovane.
Sempre in pole position è la settima arte, con il festival Cinema all’aperto che propone film di registi di rilievo, proiettati en plein air. Mentre Aperto di notte è un altro progetto dell’eclettica direttrice che ha affidato i quadrati del giardino a diversi artisti. E così, al calare del sole, una mostra di luci esplode nel verde, irradiato da installazioni di ogni forma e colore. Con Porte aperte, gli ampi spazi della Villa si aprono gratuitamente una volta l’anno ai visitatori mentre Viva Villa! riunisce le opere provenienti da altre due residenze artistiche francesi all’estero, la Casa de Velazquez di Madrid e la Villa Kujoyama di Kyoto, per creare virtuose connessioni tra menti alternative. Ogni anno, infine, i borsisti organizzano una grande mostra denominata L’oro, titolo che unisce“l’oro” a “loro”, gli artisti, la risorsa più preziosa di Villa Medici.
Sono progetti vincenti, che legano passato e presente, sulla scia della scuola di Balthus, il pittore francese direttore dell’Accademia dal 1961 per sedici anni, che decreta la fortuna dell’istituzione con l’apertura al pubblico e la ricerca di percorsi alternativi per far affiorare nuovi talenti. L’artista iscrive nuove espressioni artistiche nel carnet delle tradizionali discipline, accogliendo tra i borsisti rappresentanti di fotografia, cinema, design, scenografia, coreografia, arti culinarie, secondo l’ottica di rilanciare, modernizzare e stringere relazioni con Roma e i suoi cittadini.

 

Lo star system italiano adora Balthus: Federico Fellini, frequente ospite a Villa Medici, lo chiama “signore del Rinascimento” e “principe della Transilvania”, forse per il sangue blu del pittore che è conte, forse per il suo profilo aquilino. E anche se ama e dipinge gatti, un po’ uccello Balthus lo è davvero quando – raccontano le cronache – con i pattini a rotelle svolazza tra le sale del palazzo, salutando i suoi ospiti, come Luchino Visconti, Renato Guttuso, Valerio Zurlini, Alberto Moravia, mentre riflette sul rinnovamento dell’edificio, al suo arrivo in condizioni disastrose. Dipinge muri e volte, ripavimenta, trasforma il giardino restituendogli l’aspetto rinascimentale, installa un nuovo sistema d’illuminazione, realizza quadri come La chambre turque (oggi conservato a Parigi, al Centre Pompidou) ispirato dalla stanza turca in cima a una delle due torri della villa. A posare per lui è Setsuko Ideta, che poi diventerà sua moglie.
Quel che oggi è Villa Medici si deve principalmente a Balthus. Fluida come un fiume e malleabile come materia viva, proprio come lui l’aveva pensata e grazie ai suoi illuminati successori, Villa Medici continua a insinuarsi nei gangli culturali di Roma di cui è ormai parte integrante. In uno dei punti più panoramici della Città eterna continua a raccontare e promuovere la storia infinita dell’arte, che si esprime non solo in francese e in italiano, ma in una lingua che tutto il mondo comprende: quella della bellezza. Che non finisce mai di sorprendere, turbare, consolare.

 

Fotografie di Clara Vannucci