di Monia Savioli
A maggioranza albanese, il Kosovo è il più giovane dei Paesi europeoi.
24 marzo 1999. Una data scolpita nel cuore del Kosovo. Quella sera, il presidente americano Bill Clinton annunciò al mondo l’avvio dei bombardamenti che intendevano mettere fine alla pulizia etnica guidata dal presidente serbo Slobodan Milosevic consumata ai danni della popolazione di etnia albanese. Furono 78 giorni di inferno che cambiarono il volto al Paese. I raid della Nato si protrassero fino al 10 giugno dello stesso anno, quando fu adottata la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzava una presenza internazionale civile e militare in Kosovo, tutt’ora presente con la missione KFOR, Kosovo Forces. All’epoca il Paese faceva ancora parte di quel che rimaneva della Repubblica Federale di Iugoslavia, ovvero Serbia, di cui era una provincia, e Montenegro. Quasi dieci anni più tardi, il 17 febbraio 2008, sotto la guida di Ibrahim Rugova – scrittore, politico e guida del processo di indipendenza – la Repubblica del Kosovo si è autoproclamata indipendente ed è oggi riconosciuta da 113 dei 193 Stati Onu.