Portfolio. Vado a scoprire il mondo

Raffaele BernardoRaffaele BernardoRaffaele BernardoRaffaele Bernardo

In Indonesia, chi lascia le proprie certezze spinto dalla curiosità e dalla voglia di scoprire il mondo è chiamato “Mangiatore di vento”. Come l’autore di questo libro che raccoglie fotografie e suggestioni dai cinque continenti. Un diario di viaggio di chi non sa – nè vuole – stare fermo.

Può sembrare un classico libro fotografico dedicato a destinazioni più o meno suggestive nei cinque continenti. Invece è quasi un romanzo d’avventura, I Mangiatori di vento, edito dal Touring Club Italiano ( pagine 292, 24,90 euro). L’autore, Raffaele Bernardo, architetto, giornalista e fotografo, è amalfitano di origine ma vive a Roma., in cui l’autore, Raffaele Bernardo, architetto, giornalista e fotografo, infila anima e cuore, trasformando i luoghi visitati nel corso della vita in un caleidoscopio di piccoli mondi incantati – due pagine per ciascuno – dove bellezze umane, animali e vegetali, s’intrecciano in un unico prezioso racconto di stati d’animo e fotografie, che non ha mai fine. Così come il viaggio, metafora della vita, che ci permette di conoscere la meravigliosa materia del mondo, in un continuo, emozionante andare e tornare, aprire e chiudere, osare e ritrarsi, avventurarsi e rimanere, senza fine. Raffaele osa e si avventura perché, come il titolo del libro, è un “mangiatore di vento”, espressione che in Indonesia indica chi, spinto dalla voglia di altrove, lascia le proprie certezze per andare incontro al nuovo, volando oltre l’orizzonte. Lui ha cominciato negli anni Ottanta con un classico coast-to-coast degli Stati Uniti, e non si è fermato più. «Saranno stati forse i geni dei miei genitori, amalfitani, a mettermi presto per mare alla ricerca del nuovo, del diverso, del bello – racconta l’autore – perché, come ha detto il grande architetto Zaha Hadid, non può esserci progresso senza affrontare l’ignoto».

Il pallino per l’architettura e il design Bernardo l’ha mutuato dalla sua professione e lo si ritrova a ogni pagina, nella descrizione dei colori delle destinazioni come fossero tele pittoriche, della forma delle abitazioni, dei particolari dei monumenti, dalla pietra al marmo, sparsi per il pianeta: le tate Somba del Benin, case di terra e paglia, che ricordano le bastides in Francia, quelle in pietra raccolte in grappoli sparsi di Capo Verde, le tombe di pietra, colorata da grandi fiori di carta di Iruya, in Argentina, le abitazioni nelle Antille, in pietra lavica e legno chiaro color pastell

Nello Stato del Minas Gerais, in Brasile, Bernardo scopre la storia di un geniale architetto-scultore, Antonio Francisco Lisboa, che lascia il segno a Ouro Preto nella chiesa di Sao Francisco. «è qualcosa che mette i brividi – racconta Bernardo a Touring – per l’equilibrio delle proporzioni, la morbidezza delle linee, l’eleganza dei dettagli. E pensare che l’artista era costretto a lavorare con due moncherini, a causa di una menomazione che lo colpì da piccolo». Delicata attenzione è riservata anche al pianeta animale, che nutre e vivifica i luoghi: a Lamu, la città più antica del Kenya, gli asini sono amati e rispettati e a loro è riservata una clinica che si prende cura di quelli più anziani; a Mohéli – l’isola più piccola e dimenticata delle Comore, all’ingresso del canale del Mozambico – sopravvivono i pipistrelli Livingstone, in altri territori scomparsi; nella riserva di Ngesi, in Tanzania, sgambetta il duiker blu, piccola antilope selvatica introdotta dai portoghesi.

Ma qual è il Paese d’elezione per il nostro mangiatore di vento? «Il Madagascar, cielo e mare, tramonti infuocati, voci ignote della foresta, colori della capitale Antananarivo, ricca di atelier artigianali che vivono dei tessuti realizzati con le foglie dell’albero di rafia, essiccate al sole». Sono piccole grandi storie che Raffaele Bernardo ci regala come una sorta di eredità e che prendono corpo nella spaziosa galleria, Le fil rouge, in via Germanico 203 a Roma, dedicata alla raccolta dei manufatti acquistati durante il suo viaggiare. «Il filo rosso – spiega – è la creatività che lega il mondo», cui noi aggiungiamo l’umanità perché, come scrive l’autore nella prefazione, «i sorrisi della gente, la loro accoglienza, la condivisione, sono valori universali. Sotto ogni latitudine».

Fotografie di Raffaele Bernardo