di A cura di ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo
La seconda vita di due borghi italiani: Santo Stefano di Sessanio in Abruzzo e Miagliano in Piemonte
SANTO STEFANO DI SESSANIO - UN ALBERGO DIFFUSO NEL PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO
Il silenzio, l’alta quota, il centro storico medievale, la posizione panoramica sulla valle del Tirino, sotto la piana di Campo Imperatore, nel cuore del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga: Santo Stefano di Sessanio, a circa 1200 metri di altitudine, si trova in provincia dell’Aquila ed è un luogo magico con i suoi vicoli, le case costruite in pietra calcarea bianca, i tetti in coppi.
Dal XIII secolo fa parte della Baronia di Carapelle e passa sotto il dominio di diverse famiglie nobili. Tra queste è indelebile il segno lasciato da quella de’ Medici, il cui emblema è la Torre medicea, divenuta simbolo del borgo, crollata con il sisma del 2009 e ora in ricostruzione: con loro Santo Stefano raggiunge il massimo splendore come avamposto della Signoria di Firenze per il commercio della lana carfagna, prodotta qui, lavorata in Toscana e venduta in tutta Europa. Con l’Unità d’Italia e la fine dell’attività legata alla transumanza, il borgo conosce una lunga fase di decadenza e abbandono.
La sua rinascita è legata alla realizzazione di uno dei primi alberghi diffusi, che ha coinvolto le antiche abitazioni del centro, ristrutturate conservando l’integrità delle costruzioni e l’identità dei luoghi: l’uso di materiali architettonici di recupero e di un arredamento povero tipico della montagna abruzzese raccontano l’antico vissuto delle case. Le piste da sci di fondo nei dintorni, gli eventi culturali, le piccole botteghe artigiane, insieme all’albergo diffuso, hanno riportato vita tra i vicoli del borgo che affascinano turisti provenienti da tutto il mondo con la loro atmosfera intima e autentica.
MIAGLIANO, IL GRANDE LANIFICIO E IL MINUSCOLO COMUNE
L’amore del Biellese per la lana ha origini remote, ma è negli ultimi due secoli che il passaggio dalle antiche tecniche di lavorazione alla moderna manifattura tessile e poi industriale ha prodotto risultati straordinari, tanto che Cavour definì quest’area «la Manchester italiana». Dal 1700 a oggi illustri dinastie imprenditoriali e una consolidata tradizione del “saper fare” hanno fatto del distretto biellese l’ambasciatore del tessile Made in Italy, con nomi di assoluto prestigio internazionale.
A Miagliano, piccolo centro della valle Cervo, la produzione di filati inizia nel 1863, quando i fratelli Poma aprono uno stabilimento con seicento telai, che diventerà il più grande complesso industriale cotoniero d’Italia. Nel 1958 l’azienda viene riconvertita in lanificio dalla famiglia Botto e chiude definitivamente nel 1992. Abbandonato per un decennio, il complesso di archeologia industriale oggi rivive grazie all’iniziativa Biella the Wool Company e dell’associazione culturale Amici della Lana. Fondatore e anima del consorzio, Nigel Thompson promuove un centro di raccolta e riciclo totale delle lane autoctone dall’Europa e dal mondo. La Wool Experience degli Amici della lana coinvolge il visitatore in laboratori, spettacoli e visite guidate al sito e al villaggio operaio (tra i primi in Italia). Di grande attrattiva anche per il turismo all’aria aperta – siamo vicinissimi al Parco naturale oasi Zegna –, questo borgo di 581 abitanti, e più piccolo Comune per superficie del Nord Italia, incarna la vitalità del Biellese, oggi proiettato verso nuovi, importanti traguardi, come attesta la recente candidatura di Biella a Città Creativa Unesco nella sezione Crafts & Folk Art.