Evergreen. Architetture pericolanti

Dieci anni dopo il sisma aquilano la cultura abitativa non è cambiata

A dieci anni dal terremoto che ha devastato L’Aquila la domanda resta la stessa: come è possibile che un sisma di magnitudo 6,3 Richter sia peggiore per vittime e danni rispetto a uno più violento che avvenga altrove nel mondo? Il sisma di Fukushima-Sendai del 2011 fu 30mila volte più intenso di quello aquilano, ma fece relativamente poche vittime (molte di più lo tsunami), suscitando poco panico e zero polemiche. Perché? è vero che il terremoto di casa nostra è diverso da quello di altri Paesi sismici come Giappone, California, Turchia, Nuova Zelanda e Cile. Ma questa differenza dovrebbe essere un vantaggio, visto che è un terremoto di energia medio-bassa: da noi ci si aspetta al massimo magnitudo 7 della scala Richter, in altri Paesi si supera facilmente magnitudo 8. Siccome la faglie italiane sono relativamente corte (meno di 40 chilometri) e poco profonde e i blocchi crostali coinvolti limitati (microplacche) e con spostamenti a bassa velocità, qui non si sviluppano intensità paragonabili a quelle degli altri Paesi.
Ѐ vero che da noi solo il 23 per cento del territorio è pianeggiante e questo è un fattore che aggrava i danni. Ma le montagne ci sono pure in Giappone e in Sudamerica. Un’altra causa è la scarsa profondità ipocentrale dei terremoti italiani che difficilmente superano i 30-40 chilometri di profondità e che, anzi, di media, si attestano attorno ai dieci chilometri.

 

Le onde sismiche, dunque, non si attenuano perché attraversano uno spessore meno cospicuo di rocce rispetto a quanto accade, per esempio, in Giappone o in Cile, dove gli ipocentri sono spesso a decine di chilometri di profondità. Poi ci sono le rocce, come abbiamo visto in diversi casi: spesso edifici e paesi vengono distrutti dal cosiddetto effetto-sito, cioè dall’amplificazione che le onde sismiche subiscono in corrispondenza di terreni più molli. Dunque da noi il terremoto non dovrebbe fare i morti e i danni che fa. Se uccide centinaia di persone e devasta paesi e cittadine dipende solo dal fatto che abbiamo costruito male, con materiali scadenti e non abbiamo eseguito la manutenzione. E che qualche volta non ci siamo spostati in posti più sicuri. Ciò dipende dal malaffare, dalla memoria dimenticata, ma anche dalla mancata incorporazione culturale del fenomeno terremoto: se dai sismi ci possono difendere solo le preghiere e il fato a che serve costruire bene e intervenire?
Nel caso del terremoto de L’Aquila abbiamo contato circa 70mila sfollati, danni sconvolgenti e 309 vittime. I morti e i danni peggiori si sono registrati soprattutto in quelle costruzioni degli anni ‘70 in cui la magistratura ha rilevato difetti, errori e malefatte costruttive, come l’uso di malte dallo scarso potere cementizio, l’utilizzo di tondini di ferro di diametro inferiore a quello richiesto e svariati errori di progettazione. Questo è un fatto comune in Italia: non sono gli immobili più antichi, quelli rinascimentali, barocchi o medievali, a crollare, ma soprattutto quelli costruiti dopo il 1918, cioè quelli moderni. Una volta sapevamo costruire e curare, oggi non più.