Zambia. Africa fai da te

Laura SommarivaA. PorroA. Porro

Per vivere un safari senza affidarsi a lussuosi lodge e costose guide bastano un fuoristrada, una mappa e spirito di adattamento per dormire in tenda nei parchi in tranquilla solitudine. I nostri consigli per un’avventura low cost

Una tenda, un fuoristrada e per tetto il cielo stellato. Non occorre essere grandi esploratori né spendere cifre astronomiche per un viaggio fai da te in Zambia, perché l’Africa può essere un’avventura alla portata di molti, anche delle famiglie con ragazzini al seguito. Accantonati gli stereotipi sul continente africano, per partire servono spirito di adattamento, almeno due settimane e un po’ di impegno per pianificare l’itinerario. Dopo dieci anni di ripetuti ritorni per lavoro e per passione in Zambia, proverò a condividere qualche suggerimento per costruire un viaggio dove lo straordinario diventa possibile. Benvenuti in Zambia Chiuso nel cuore dell’Africa senza accesso al mare, lo Zambia è a metà strada fra Equatore e Tropico del Capricorno. La bellezza e la varietà del territorio, l’abbondanza d’acqua, la ricchezza di materie prime e la stabilità politica sono le carte vincenti di un Paese alla ricerca del compromesso tra sviluppo economico e sopravvivenza della fauna selvatica. Oltre ai safari organizzati e ai lussuosi campi tendati – che valgono la spesa, ma non sono alla portata di tutti – si può optare per la libertà di un viaggio fai da te, muovendosi con fuoristrada a noleggio ben equipaggiati, soggiornando in campeggi e semplici strutture, dalle cascate Vittoria alla capitale Lusaka, attraverso il parco nazionale del Kafue. Per evitare trasferimenti interni si può volare direttamente alle cascate Vittoria, atterrando in Zimbabwe, per poi ripartire dalla capitale dello Zambia. Approfittando del Kaza Visa (il visto unico per Zambia e Zimbabwe, che consente anche escursioni in giornata in Botswana) la prima meta dell’itinerario può valere tre Paesi in uno, includendo una gita al parco Chobe e visitando entrambi i versanti delle cascate. Scoperte per caso nel 1855 dal missionario scozzese David Livingstone, sono uno spettacolare strappo nella terra lungo 1,5 chilometri e profondo 128 metri: un lembo Zambia, l’altro Zimbabwe. Oltre alla loro bellezza oggi offrono ogni tipo di divertimento purché mozzafiato: voli in elicottero, rafting, bungee jumping, ma anche più tranquille navigazioni al tramonto sullo Zambesi.

Da non perdere la visita al piccolo parco nazionale Mosi ao Tunya – il cui nome significa «fumo che tuona», come le tribù locali chiamano le cascate – per incontrare alcuni degli ultimi rinoceronti bianchi sulla terra. Conviene noleggiare il fuoristrada in Zambia, perché le formalità per attraversare le frontiere con un veicolo possono essere complesse e costose. Generalmente le compagnie di noleggio zambiane propongono affidabili veicoli 4x4 equipaggiati con tende sul tetto, taniche, portapacchi, gps, sedie da campeggio e frigo, con la possibilità di aggiungere vari accessori, dalle tende da terra al telefono satellitare. Prima di partire per il bush – la boscaglia, come tutti chiamano le terre selvagge – meglio acquistare creme solari, repellenti per insetti, materiale elettronico perché difficilmente se ne trovano lungo la strada. Oltre a riempire il cestino da viaggio con dissetante sidro, biltong (carne secca di selvaggina, manzo e perfino coccodrillo) ed estratto di carne (ottimo integratore di sali minerali contro i colpi di calore) per sentirsi veri esploratori. Verificata l’attrezzatura, fatta la spesa e con il pieno di carburante, siamo pronti per partire per il selvaggio parco nazionale del Kafue. Da Livingstone occorrono circa due ore per l’entrata sud del parco a Dumdumwezi. È importante partire presto la mattina, perché per raggiungere le sponde del lago Itezhi Tezhi occorrono almeno altre tre ore e l’Africa va affrontata con lentezza, anche perché nel parco il limite è 30 chilometri all’ora. Vale la pena fermarsi per un picnic lungo il tragitto per godersi le sconfinate distese di Nanzhila e avvistare gli animali che si incontrano lungo il percorso, per lo più elefanti e varie specie di antilopi.

A scuola d’Africa

Se il sapore dell’avventura in Zambia è ancora quello di un’Africa che va scomparendo, sopraffatta dai pacchetti «spiaggia e safari tutto incluso, almeno dieci leoni garantiti», esplorare il parco nazionale del Kafue equivale a un vero master del bush. Fondato nel 1950, prende il nome dal fiume Kafue e malgrado la sua notevole estensione è ancora fuori dai circuiti turistici più battuti. Pochi veicoli in giro, possibilità di uscire dalle piste e di fare safari notturni, un ristretto numero di campeggi, spesso abbinati a piccoli campi gestiti da appassionati proprietari che oltre ad accogliere i turisti svolgono una preziosa azione di presidio antibracconaggio. Fra le zone di maggiore interesse, a sud il lago Itezhi Tezhi, formatosi a monte di una diga realizzata negli anni Settanta dall’italiana Impregilo. Dove un tempo c’era una valle, oggi c’è un lago grande quasi quanto il Garda, molto apprezzato dalla fauna selvatica, soprattutto durante la stagione secca (da maggio a novembre). Qui è facile avvistare grandi branchi di elefanti e bufali, ippopotami, coccodrilli, un’infinità di specie di antilopi e, ovviamente, i loro predatori: leoni, ghepardi, leopardi e piccoli carnivori più rari, come gattopardi e licaoni. Paradiso per gli appassionati di birdwatching, sulle sponde del lago si trova il primo campeggio, l’Hippobay Camp, l’unico della zona sud. Un pozzo per l’acqua potabile, una casetta di paglia con docce, acqua calda e servizi igienici, falò per scaldarsi e cucinare, niente corrente elettrica e nessuna recinzione. I timidi impala, i placidi puku e i maestosi kudu amano venire a brucare nell’area. Sembra si sentano protetti dalla presenza dei turisti, mentre grandi branchi di elefanti passano poco lontano, silenziosi e noncuranti, per raggiungere l’acqua. Mantenendo sempre la distanza di sicurezza, senza fare rumore o movimenti improvvisi, qui ci si immerge nella natura. Il ruggito profondo di un leone maschio, il borbottio degli ippopotami e il battito d’ali di un’aquila pescatrice sono gli unici suoni sotto il cielo, insieme alle chiacchiere attorno al fuoco e ai racconti dei safari già vissuti e di quelli che verranno. Per esplorare questa zona selvaggia il consiglio è di unirsi a uno dei safari con veicoli scoperti che il vicino Konkamoya Lodge organizza all’alba o dal pomeriggio fin dopo il tramonto. Con l’aiuto degli occhi esperti delle guide si vede ciò che ai nostri sguardi è quasi invisibile. E le spedizioni notturne, rischiarate da lampade, conducono nella notte africana brulicante di vita, regalando incontri impossibili in altri parchi più antropizzati.

Verso nord

Dopo una visita all’Orfanotrofio degli Elefanti, lasciamo il grande lago Itezhi Tezhi per risalire lungo il fiume. Dopo tre ore di sterrato lungo la Spinal Road si arriva a Kasabushi, un bel campo acquattato sotto grandi alberi in un’ampia ansa del Kafue. Costruito dai proprietari, Andy e Libbie, che hanno curato ogni dettaglio, qui il panorama cambia e le avventure sono soprattutto in barca. Con loro è possibile fare un tuffo al sicuro da coccodrilli e ippopotami, prima del trekking al tramonto fino alla cima della collina per ammirare il profilo della boscaglia che si perde all’infinito. Dispiace abbandonare il relax di Kasabushi, ma nuove avventure attendono nell’area centrale del parco. In prossimità del fiume, il campeggio dei Mc Brides – gestito con la moglie Charlotte dal leggendario Chris, noto per gli studi sui leoni bianchi del Timbavati – è il posto dove sperimentare un safari a piedi per cui lo Zambia è famoso. Niente profumi e indumenti dai colori sgargianti, binocolo e sensi ben allerta. Soltanto a piedi si entra nell’intimità della boscaglia africana, scoprendone i segreti e interpretandone i segnali. Non bisogna aspettarsi di incontrare i grandi animali – se capita sangue freddo e massima attenzione alle indicazioni della guida – ma piuttosto di osservare la piccola vita nascosta, imparando a riconoscere le orme, le piante e le erbe impiegate per la medicina tradizionale.

24 ore a Lusaka
Dal campo dei Mc Brides dopo circa cinque ore si raggiunge la capitale dello Zambia. Città piccola e senza identità ben definita, dove gli edifici storici sono pochi, i centri commerciali in stile americano molti e il traffico estenuante. L’Africa vivace e pittoresca latita, ma se una sosta a Lusaka si impone per motivi organizzativi, non sarà difficile trovare che fare. Un’occhiata alla State House, la residenza del presidente in Independence Avenue e alla Freedom Statue, prima di uno spuntino e un succo di baobab a La Bottega, ristorante gestito dall’associazione no profit In&Out of the Ghetto dell’italiano Diego Mwanza Cassinelli. Per chi è a caccia di artigianato di qualità ed è interessato agli artisti locali, merita una visita la 37d Gallery annessa a Jagoda Gems, dove si acquistano pietre preziose a prezzi ragionevoli. Il miglior souvenir da portare a casa, però, è il bagaglio carico di ricordi e scoperte. Si impara che tutto può essere riutilizzato, anche la cacca, specie se d’elefante: incendiata in piccoli contenitori attaccati ai veicoli serve per scacciare le mosche tse tse durante i safari. Si scopre che le impronte dei leoni sono le più grandi, ma che per trovare il re dei predatori è importante osservare tutto il quadro: i richiami d’allarme dei babbuini, gli sguardi nervosi di puku e impala, le antilopi sentinelle del bush. Soprattutto si impara ad aspettare che un grosso branco di elefanti passi o che la jeep venga liberata dal fango. Si inizia con una crisi d’astinenza da corrente elettrica, per capire che si può fare anche senza, perché la cena a lume di candela ha un sapore speciale. Si arriva senza accorgersene alla conclusione del viaggio convinti che ricercare l’equilibrio con la natura è necessario e possibile. Rimpiangendo quella sensazione di partecipazione alla vita con i sensi e la mente ben aperti. Nostalgia che molti chiamano mal d’Africa, e non è soltanto il rimpianto per un bel paesaggio.