Parigi vale (ancora) un viaggio

Tra gilet gialli, attentati, cantieri aperti, strade chiuse e incendi, la città sembrava aver perso smalto. Eppure è possibile ritagliarsi percorsi insoliti e curiosi. I consigli della nostra corrispondente

Dallo scorso 17 novembre, ogni sabato parigino è diventato un “atto” della sequenza articolata sulle manifestazioni di protesta dei gilet gialli. Per turisti e residenti significa chiusura temporanea di strade e piazze (talvolta anche piacevole, come nel caso dei Lungosenna regalati a ciclisti e pedoni), stazioni della metropolitana inaccessibili, bus deviati (per informarsi: ratp.fr). Se poi consideriamo i lavori in corso per trasformare Parigi in una metropoli di respiro mondiale, quelli per accogliere le Olimpiadi del 2024 e le emergenze impreviste come l’incendio a Notre Dame, è facile aver voglia di rinunciare a un viaggio. Niente di più sbagliato: perché non trasformare le difficoltà in un’occasione per scoprire una città diversa?

A volte ci si mette anche il clima di traverso. Troppo caldo o troppa pioggia sono un’occasione per rifugiarsi nei musei meno affollati. Per esempio l’Atelier des Lumières (atelier-lumieres.com), inaugurato lo scorso anno nei locali di una vecchia fonderia del XIX secolo totalmente restaurata. È il primo centro di arte digitale a Parigi dove, fino a dicembre, si può fare una vera e propria immersione nei dipinti di Van Gogh grazie a una tecnologia che coordina musica (da Miles Davis e Nina Simone a Puccini, Vivaldi e Mozart) e immagini da 140 videoproiettori all’interno di uno spazio monumentale. Le immagini sono anche il pezzo forte della Fondation Henri Cartier-Bresson (henricartierbresson.com) che, a sei anni dall’apertura a Montparnasse ha da poco raddoppiato con una sede al 79 di rue des Archives, nel Marais. Un buon compromesso con la Parigi più classica è il MAD, il Musée des Arts Décoratifs su rue de Rivoli (madparis.fr). Oltre alle mostre temporanee, le collezioni permanenti raccontano le evoluzioni di mode, design, decorazioni. In una parola, del lifestyle, anzi: dell’art de vivre alla francese. Stanza dopo stanza il percorso di visita arriva fino al sottotetto che regala una vista spettacolare. I balconi in ferro battuto a ridosso di place des Pyramides e le finestrelle sulle Tuileries aggiungono una variante inattesa e sorprendente. Un boccone ghiotto per chi è a caccia di scorci inediti sulla Tour Eiffel, che ha appena festeggiato 130 anni di vita. Per salirvi, soprattutto nei fine settimana in cui i controlli si intensificano, meglio acquistare il biglietto online con l’indicazione dell’orario di ingresso. A quello della dame en fer quest’anno si uniscono il compleanno dell’Opéra Garnier, 350 anni, e quella della Piramide del Louvre (louvre.fr). Trent’anni fa l’opera in vetro e metallo di Ieoh Ming Pei, l’architetto americano di origine cinese scomparso di recente, cambiò totalmente l’area di ingresso al museo (dove le piramidi in realtà sono tre, inclusa quella inversée, visibile dal sottosuolo del Carrousel), affrontando critiche e osservazioni ma diventando una delle icone della città. Sarà così anche per la futura copertura di Notre Dame di cui si continua a discutere?

A est del centro, la Villette è un parco culturale che si declina in spazi per concerti e spettacoli teatrali, in Città delle Scienze, in un’area verde e in una sala che fino al 15 settembre ospita la gettonatissima mostra sui tesori di Tutankhamon (indispensabile prenotare, soprattutto nel weekend: expo-toutankhamon.fr). Dal suo Bassin, dove si è trasferita l’oasi urbana di Paris Plages, nei fine settimana tra il 6 e il 25 luglio partono anche i battelli da crociera che risalgono il Canal de l’Ourq, il più lungo della città. Dalla rotonda di Ledoux, in poco meno di tre ore (e con appena 1 € il sabato e 2 € la domenica; più care le crociere musicali, quelle dedicate al cinema o con il servizio brunch; pariscanal.com) comincia un viaggio panoramico fra paesaggi sempre più verdi, edifici sempre più bassi e muri che via via si ricoprono di street art. Anche la Senna, solcata dai bateaux gremiti dai turisti, si può navigare in maniera più originale. Basta scegliere le navette fluviali di Batobus (batobus.com): nove stazioni e un biglietto unico (validità minima 24 ore) per salire e scendere a piacere. Appassionati di brunch domenicali, i parigini adorano mangiare all’aria aperta e sono dei veri cultori del pic nic urbano: basta un muretto, una panchina o le mitiche sedie di ferro attorno alle fontane dei jardins (quelli del Palais Royal sono più tranquilli e meno affollati). I grandi parchi cittadini sono delle vere oasi in cui provare il dépaysement totale senza però allontanarsi troppo dal centro. Muniti di tovaglia, cestino con baguette jambon fromage (più classico di così non c’è!) e una bottiglia di vino rosso si può partire per il Bois de Boulogne per abbinare la scampagnata alla visita della Fondation GoodPlanet (goodplanet.org), aperta nel Domaine de Longchamps dal fotografo Yann Arthus-Bertrand e diventato il primo luogo di Parigi dedicato all’ecologia e alla solidarietà. Lui l’ha definita una specie di “bolla verde” in cui vivere un’esperienza di ecologia generosa e positiva. Tradotto, significa incontri, concerti, mostre e percorsi sul tema della difesa ambientale, articolati dentro e attorno a un castello del XIX secolo, aperto dal mercoledì alla domenica con ingresso gratuito. Più piccolo e dall’aria totalmente diversa, il parc Montsouris è la parentesi verde del quartiere Montparnasse. Dopo il pic nic è facile risalire oltre la Cité Florale e fino alla collina della Butte aux Cailles, con le case in mattoni rossi dall’aria british, le architetture ottocentesche e l’atmosfera di un villaggio di provincia.

Gli itinerari nel verde sono una delle specialità dell’esperto Jacky Libaud (tel. +33.761.097403; baladesauxjardins.fr) che accompagna, in francese, anche altre visite fuori dal comune, come quella che parte dal cinema Louxor, di fronte al métro Barbès. Oltre il brulicante mercato del mercoledì e del sabato, oltre il boulevard con le vetrine piene di dolci e di oggetti che arrivano dal Maghreb, Jacky porta i suoi ospiti alla scoperta di un mondo che dalle sponde mediterranee attraversa tutta l’Africa parigina, passando dalle boutique di sarti esperti in tessuti wax (stampati a cera) agli studi di registrazione, dagli scorci dell’incredibile mercato africano su rue Dejean al tetto in ferro battuto del marché de l’Olive e ai déhor sempre più “bobo” (cioè bourgeois bohémiens) della Halle Pajol. Un’altra Parigi, a lungo snobbata e sempre più amata da artisti e creativi che ne occupano gli spazi lasciati da chi, invece, non ha avuto la pazienza di aspettare. Oltre alle scarpe comode è bene munirsi di un piccolo carnet per gli appunti dove segnare i preziosi indirizzi di Jacky, per un brunch o per una cena etnica a prezzi davvero interessanti.