Sicilia Magistrale

Lorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo PalizzoloLorenzo Palizzolo

Sulle alte Madonie, in provincia di Palermo, c’è un borgo Bandiera Arancione con una vitalità culturale che non ci si aspetterebbe. Merito, anche, dell’Istituto Magistrale, la scuola superiore che ha formato generazioni di giovani di Petralìa Sottana...

Mi scusasse, ma lei che viene da Milano lo sapeva che in Sicilia c’erano le montagne?».
«Certo, l’Etna…»
«Non è vero» «Ma come? L’Etna è una montagna di oltre tremila metri, si scia anche…»
«E che c’entra l’Etna? Quello è un vulcano. Le montagne sono un’altra cosa, le montagne sono queste, le Madonie».

Con chi parli parli a Petralìa Sottana, l’unica Bandiera Arancione Tci dell’isola, tutti tengono a farti sapere che questo è un paese speciale, diverso dall’idea che va per la maggiore di una Sicilia assolata e balneare. Qui (non ce ne vogliano gli alpini) siamo in montagna, a mille metri sul livello del mare. E ad averle viste ci si potrebbe dilungare nel raccontare quanto le Madonie siano alte, aspre e belle, ma per tutta la durata di questo servizio c’è stato brutto tempo. Nuvoloni grigi nascondevano il paesaggio, avvolgendo Petralìa Sottana in una specie di ovatta fredda e umida. Un mattino ha fatto capolino anche una nebbia densa, stazionava giusto all’altezza del campanile della Chiesa Madre. Sopra, sole; sotto, grigio Londra. Eppure era primavera, in Sicilia. Ma chi va per montagne sa che il meteo è ballerino e, appunto (non si fosse capito), qui siamo in montagna.

Peccato, perché Petralìa, paese di pietra arroccato su un fianco esposto al sole, compatto e ben conservato (salvo due o tre brutture architettoniche da geometra anni Settanta), domina una vasta conca che si farebbe volentieri ammirare, orlata come è dalle vette che cingono Piano Battaglia, dove sono concentrati impianti di risalita e piste da sci vista Tirreno. Da un lato c’è monte S. Salvatore, dall’altro Pizzo Carbonara, che manca di poco i duemila metri ed è, Etna escluso, la vetta più alta della Sicilia. Alla spalle del paese, poco più in alto ci sarebbe l’altra Petralìa, Soprana, con cui spesso è accomunata nelle segnalazioni stradali sulle provinciali: forse per fare economia di cartelli recitano solo «Petralìe». Ma da Sottana non si vede. In questa vasta piana d’altura si vedono invece ampie campagne, verdi d’inverno e gialle tendenti all’ocra d’estate quando lontano, sullo sfondo, il grano cresce e inonda il latifondo che scende a valle, giù verso Caltanissetta. In autunno tutto diventa marrone, e allora si comincia a pensare di nuovo all’inverno. Se la vita economica di Petralìa è sempre stata segnata dall’essere borgo agricolo e di montagna, quella sociale è stata segnata da un’istituzione scolastica: il Magistrale. «Ho fatto il Magistrale» è un’affermazione che tutti pronunciano con lo stesso orgoglio con cui i rampolli della nobiltà inglese dicono di aver frequentato Oxford. Orgoglio che si passa di padre in figlio, di figlio in nipote.

Nato nel 1874 come scuola femminile pensata per le ragazze della zona, promossa da un illuminato benestante, il signor Pietro Domina, è stato elevato a regio istituto nel 1929, due anni dopo è diventato scuola promiscua rimanendo per decenni l’unico istituto superiore di tutta la provincia di Palermo non costiera. «La sua presenza ha cambiato il paese, arrivavano studenti da tutte le Madonie, vivevano nel convitto delle suore, ma soprattutto sparpagliati nelle famiglie sia ragazzi sia professori» ricorda Carmelo Licata, assessore alla Cultura, di professione maestro, neanche a dirlo diplomato al Magistrale. Questa presenza di centinaia di giovani ha creato un fermento culturale e un’apertura sociale che hanno reso Petralìa unica nel contesto dell’intera Sicilia interna. «C’erano 500 studenti su 5mila abitanti, la situazione creava ricchezza per tutti, perché ogni famiglia aveva un ragazzo a pigione. E poi ha contribuito a far del paese il centro dei servizi amministrativi delle alte Madonie, dall’ospedale all’Intendenza di Finanza, tutto aveva sede qui» racconta la vicepreside, Salvina Farinella. Oggi come allora l’istituto magistrale Domina è ospitato in un ex convento di carmelitane, con tanto di chiesa barocca cui si accede da una botola in sala professori. Oggi le cose son cambiate, i 500 alunni sono un quinto, delle migliaia di diplomati pochi sono rimasti nelle Madonie, perché per i giovani qui sbarcare il lunario è difficile. Resiste ancora l’ospedale, anche perché il più vicino è a Termini: un’ora di strada.

Assieme all’ospedale resiste anche un coriaceo manipolo di ragazzi che credono in Petralìa e nella sua diversità per così dire antropologica. «Lavoravo a Palermo e ho deciso di tornare a casa perché sono convinta che qui ci siano tante cose da fare per far crescere questo territorio» racconta Sonia Geraci, 32 anni e una laurea in marketing. «Siamo un luogo di montagna in una regione di mare: promuovere il turismo è ancor più difficile, anche perché in Sicilia non c’è la mentalità per creare sviluppo condiviso. Eppure questo è un territorio vergine, dove bisogna cogliere la sfida e provare a costruire». Magari sfruttando il volano del Parco delle Madonie la cui sede è a Petralìa, ma – dicono – serve più che altro a creare posti di lavoro negli uffici, non ad attivare il territorio. Eppure, puntando sul turismo naturalistico, possibilità ce ne sarebbero: non solo le piste da sci di Piano Battaglia, ma l’escursionismo, sfruttando la fitta rete di sentieri che dal 1927 mantiene e segnala la sezione del Cai, e il percorso della Francigena siciliana, che qui fa tappa nel viaggio da Palermo a Messina. O il parco avventura, tra i boschi di Gorgonero, e la centrale idroelettrica di Catarratti, la prima comunale in Sicilia. «Sarebbe fondamentale far sinergia con il territorio» auspica Sonia. Cominciando con Soprana, dove si trova la miniera di salgemma più grande d’Europa, una ricchezza naturale ben raccontata alla sezione geologica del museo civico Collisani, a Sottana. «Perché la geologia costituisce un ottimo pretesto per valorizzare il territorio» spiega il direttore Alessandro Torre. Allo stesso modo la cultura, che a Petralìa fiorisce dove non te lo aspetti, potrebbe essere un ottimo pretesto per lo sviluppo turistico.

Di certo è per via del Magistrale, di cui tutti sono figli, però per un paese di 2mila abitanti l’effervescenza stupisce. C’è un cineteatro, il Grifeo, portato avanti per scommessa da tre soci che promuovono una stagione di teatro popolare, ma anche una di prosa, più sperimentale, oltre a portare le prime visioni. «Altrimenti per un film bisogna fare 70 chilometri» racconta Lillo Scelfo. «Qui c’è un grande desiderio di cultura, anche di quella alta, difficile. Così andiamo avanti, facciamo qualcosa per noi, ma soprattutto per il territorio. Perché se abbiamo deciso di rimanere bisogna pur organizzare la resistenza» spiega Mario Li Puma, socio del Grifeo.

A Petralìa oltre al cinema c’è una compagnia, il Teatro della Rabba, che ha sede nell’unico convento in funzione, in un’immensa sala prove che i ragazzi hanno ristrutturato a loro spese. La compagnia si cimenta con tutto, dalle opere dialettali al teatro civile, dai laboratori per bambini ai festival. «In queste zone c’è tanto da fare, la questione lavorativa è un problema enorme, però ci crediamo: pensiamo che la parola possa contribuire a cambiare le cose» commenta Giuseppe Dino, tra le anime della Rabba. Tanto da fare, vero, ma molto è stato fatto, persino un film. Lo ha realizzato il collettivo Terra Video Lab, che ha autoprodotto un bel lungometraggio,
Le stelle non hanno padroni, «con l’idea di raccontare la storia delle nostre zone prima che i ragazzi se la dimentichino». Così, coinvolgendo tutta Petralìa, hanno girato un film in costume e in siciliano che racconta di Epifanio Li Puma, sindacalista ucciso dalla mafia nel dopoguerra. Uno che resisteva. Perché in montagna, vuoi o non vuoi, si impara a resistere. E Petralìa Sottana, che si sappia, è in Sicilia, ma è anche e soprattutto in montagna.

 

Foto di Lorenzo Palizzolo