Una foto, una storia. La meglio gioventù in Valganna

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Un secolo fa partiva il progetto di creare sulle montagne del varesotto il Villaggio Alpino Tci, una colonia pensata per gli orfani della Grande Guerra e poi...

Negli anni della prima guerra mondiale il Touring, come tanti in Italia, si diede da fare per aiutare in qualche modo le truppe al fronte. Lo fece organizzando una sottoscrizione tra i soci per inviare “pacchi-dono” con generi di conforto da distribuire ai militari impegnati tra le vette delle Dolomiti e le pianure del Piave. Si trattò di una sottoscrizione imponente, come erano le imprese del Touring di allora, che in pochi mesi raccolse oltre un milione di lire (oggi grossomodo un milione e mezzo di euro). Senonché a Vittorio Veneto la guerra finì, e al Touring rimasero circa 74mila lire. Che fare di quei soldi che non si potevano più spendere per sostenere i soldati? Pensare ai figli dei soldati, o meglio agli orfani. Lo racconta Luigi Vittorio Bertarelli sulle pagine della Rivista Mensile del Touring del giugno 1919, quando descrive la genesi e il primo sopralluogo per visionare il terreno offerto dal professor Lauro Chini per edificare quello che ancora si chiamava semplicemente villaggio Touring. In quei mesi del dopoguerra infatti il villaggio era ancora solo un’idea, proposta e portata avanti dal segretario generale del Touring, Mario Tedeschi, che aveva pensato di «offrire a bambini poveri, di preferenza figli di combattenti, un po’ di cura climatica di mezza montagna, quella che i medici ritengono la più utile, perché, mentre fruisce della pura aria montanina, sposta non troppo i giovani e gracili organismo dal loro ambiente normale». E per farlo pensò di costruire una «piccola baita montana», ma mancava il luogo.

 

Luogo che, racconta Bertarelli, venne offerto da Lauro Chini «un self made man» industriale del cemento originario di Boarezzo che il presidente del Tci aveva conosciuto in Libia anni prima. Chini, saputo dell’iniziativa, offrì al Touring di scegliere un appezzamento qualsiasi tra i terreni, un’intera montagna, che possedeva in Valganna. «Si tratta di una stretta vallicella lunga dieci chilometri che appena dietro Varese entra tra le prime ondulazioni dei monti» la descrive Bertarelli. Una stretta vallicella dove in un fitto bosco di faggi, qualche betulla e alcune querce a circa 900 metri di quota, lungo la strada militare che saliva alla cima del monte Piambello, Bertarelli e la sua commissione andata in esplorazione nella primavera del 1919 individuarono una conca «sana, secca, ampia, vasta, bene adatta». Conca «poco acclive, dove con piccoli sbancamenti di terreni vi si potranno costruire le casette», e dove la pendenza cresce «sarà facile con stradette, crearvi effetti di giardinaggio splendidi e luoghi di piccole passeggiate, varie e simpatiche. Più in alto ancora vi è un grande spiazzo che potrebbe servire per altre costruzioni e per campi di giuoco». Conca che «misurata, risultò di 32mila metri quadrati (…) e fu battezzata Parco Chini». Perché Chini la concesse immediatamente. «E noi – prosegue Bertarelli – già con l’immaginazione vedevamo nelle sue linee di gran massima i nostri progetti delle casette linde e salubri, modeste e d’aspetto montanino (senza pretese di lussi, che poi disorienterebbero i piccoli) sparse qua e là nei boschi… Una casa più grande delle altre con la cucina e la dispensa, la lavanderia, e un capannone aperto: il refettorio».

Così fantasticava Bertarelli il futuro villaggio, peccato mancasse ancora il grosso dei fondi: «Ma noi faremo ogni sforzo perché l’idea benefica germogli, ora che ha trovato un così bel suolo su cui fiorire». Così subito iniziò una nuova gara «per la realizzazione del sogno»: la raccolta del denaro. Raccolta che avvenne in breve, visto che consiglieri e filantropi fiancheggiatori del Tci fecero a gara per donare chi «mille lire per captare una sorgente, chi diecimila lire per l’acquedotto», chi una cucina degna di un albergo, chi una costruzione in legno. A coordinare tutta l’iniziativa una commissione presieduta dal dottor Marco de Marchi, fondatore di ospedali e capanne alpine che si assunse le spese di un’intera villetta. «Avanti, avanti: ciascuno del proprio posto e secondo la propria competenza. Cuore, fede, lavoro e denaro: di tutto abbiamo bisogno per forgiare il villaggio del Touring» concludeva. Il villaggio che venne costruito in pochi mesi e inaugurato nel luglio del 1921, con due villette dove dormivano i bambini divisi tra maschi e femmine e un refettorio. Negli anni il Villaggio Alpino Tci venne ampliato con la costruzione di scuola, colonia idroterapica, ospedaletto e cappella. Presto iniziò a ospitare non più orfani di guerra ma ragazzini “di pianura” bisognosi di cure e aria sana, e poi i figli dei lavoratori di aziende come Pirelli e Lanerossi. Lo fece fino al 1986, quando chiuse: i bambini non erano più bisognosi.

Fotografie Archivio Tci