di Diogene | Fotografie di Getty Images
La visita negata al parco napoletano, chiuso per maltempo in una bellissima giornata di sole
Maledetta Guida Rossa e la sua ossessione per il dettaglio. Quelle parti scritte in caratteri piccolissimi, che come ne Il Nome della Rosa possono essere saltati senza rompere l’intreccio narrativo, ma ne sono l’approfondimento. Così nella descrizione di Posillipo la Guida Rossa sale un po’ verso la collina verso la stazione di Mergellina. Già l’incipit ci riporta lontano, agli anni in cui il Touring con le sue Guide Rosse riusciva a essere essere più bravo degli inglesi (per non parlare dei francesi): «Il Parco Vergiliano, da non confondere con il Parco Virgiliano che si trova a ridosso del capo di Posillipo…» Chi oggi sa più di questa vocale cambiata, quasi un refuso, ma ancor peggio, la stragrande maggioranza non sa dell’esistenza del Parco Vergiliano. Eppure lì è sepolto Leopardi, lì si ritiene che fosse sepolto Virgilio, lì la leggenda popolare vuole che praticasse anche con enorme successo la magia.
Ma c’è la Guida Rossa di Napoli e dintorni, l’unica vera opera di cultura turistica per il viaggiatore non distratto dal consumismo, che porta con mano sicura ai luoghi più reconditi, agli androni che contengono resti di colonne romane, o a sbiaditi affreschi, altrimenti destinati all’oblio, figurarsi al Parco Vergiliano. Almeno così dovrebbe essere se non fosse per l’incuria degli uomini e dei tempi. Primo ostacolo: la via di Piedigrotta non ha alcuna indicazione del Parco (per inciso non ha neppure la targa con il nome della via). L’ostacolo è facilmente superabile in quanto la topografia dei luoghi aiuta. Secondo ostacolo: piazza Piedigrotta (la quale peraltro ha la targa in marmo) non ha alcuna indicazione del Parco Vergiliano e l’indagine visiva non aiuta, avendo a destra la maestosa stazione di Piedigrotta, a sinistra la chiesa di Santa Maria a Piedigrotta e in mezzo il cavalcavia della ferrovia. Anche questo ostacolo viene superato, dopo una ampia descrizione nella Guida Rossa della chiesa e una divagazione del convento annesso, oggi sede degli uffici sanitari della Marina militare e del suo inaccessibile chiostro, con l’indicazione di aggirare la chiesa per trovare dopo il cavalcavia, ma prima della galleria, l’ingresso al Parco. Terzo ostacolo: il Parco è chiuso con un vistoso lucchetto, con spazzatura abbandonata in sacchetti multicolori nell’angolo cieco del cavalcavia e con di fronte il cantiere della metropolitana che aggiunge un altro cubo di cemento alle opere ferroviarie che hanno distrutto l’area di rispetto al Parco. Ostacolo questa volta insuperabile nonostante un cartello giallo che descrive l’esistenza del Parco e una garitta vuota che dovrebbe ospitare un custode. Alla ricerca di un avviso o un cartello che riporti gli orari di apertura ci si imbatte invece in un foglio bianco avvolto in una plastica trasparente legato all’inferriata da un filo di metallo: «Il Parco è chiuso per maltempo». Senza data ma con l’intestazione del Ministero per i Beni culturali. Anonimo geniale che ha omesso di indicare la data e gli orari di apertura ma non ha omesso di imputare la responsabilità della chiusura al Ministero. Il cielo azzurro è terso, il giorno prima era sempre azzurro e terso, e la mente corre a due gocce di pioggia che, al mattino presto, avevano bagnato il lungomare e forse potevano aver lasciato tracce sul terreno o forse poteva essere condensa della rugiada mattutina.
Ancora la Guida Rossa, pervicace e quasi ostile, decanta che il Parco Vergiliano, nel Settecento e nel primo Ottocento, era una delle mete del Grand Tour dei viaggiatori alla ricerca delle meraviglie dell’Italia e di Napoli, non per Leopardi – ancora non era morto –, ma per Virgilio, cui l’intero promontorio di Posilippo era dedicato, e per il paesaggio che apriva la strada ai Campi Flegrei, con lo stravolgente contrasto tra la vegetazione lussureggiante e gli strapiombi sul mare del promontorio, e l’inferno delle manifestazioni vulcaniche che rendevano i luoghi desolati, fumanti e affocati. L’aura del Parco è scomparsa per sempre, tra la galleria e il viadotto e con la nuova costruzione della metropolitana ed è forse giusto che cada l’oblio su una delle mete del Grand Tour, sostituita dalla invasione turistica di Napoli, favorita dal rinnovamento della città, divenuta, questo sì, nel suo centro storico più pulita e sicura.