di Diogene
«Il pavimento è di una specie di rozzo mosaico chiamato comunemente saraceno».
Henry Swinburne, Travel in the Two Sicilies, Londra, 1783
Perché chiamato saraceno? La Cattedrale di Otranto, l’Annunziata, trasuda di medioevo cristiano e il suo pavimento con l’albero della vita (nelle foto in alto), è l’impronta dell’arrivo dei Normanni nella Puglia Bizantina come nella Sicilia Araba. Henry Swinburne (scrittore e viaggiatore britannico, ndr) conosceva la Puglia e pur avendo una qualche stravaganza, raccontava il vero. Certo l’ingresso in Chiesa, con un roditore e due elefanti indiani che reggono l’albero della vita, che corre per tutta la navata, nel colore ambrato e nei cerchi e volute che li circondano, danno un senso di straniamento dal contesto. Ancor più il nome del costruttore, Pantaleone, scritto deformato e strombato nelle nere tessere su fondo paglierino, come se lo scalpellino ne facesse copia da uno specchio imperfetto. Però gli elefanti e il roditore sono una simbologia divenuta cristiana, ripresa dalla fiaba di Barlaam e Iosafat sulla conversione del Buddha alla vista della potenza del roditore che fa precipitare l’albero, spaventando gli elefanti e ponendo fine alla vita. Fiaba trascritta da cristiani persiani, tradotta in siriaco, arabo e infine in greco. Ma in quell’epoca, tra il 1163 e il 1168, Barlaam e Iosafat non erano monopolio del Salento: anche a Parma, nel Battistero, pochi anni dopo, Benedetto Antelami scolpiva lo stesso tema (senza elefanti). L’inserzione tra Adamo ed Eva alla cima dell’albero e a scendere tra Caino e Abele e poi tra le opere e le fatiche dei mesi dello zodiaco, di Alessandro il Grande, Re Artù, Carlo Magno, di animali fantastici del bestiario e della glittica dell’anno mille e dintorni, del leone con la testa e quattro corpi delle eresie ariana o monofisita, ancora una volta rappresentavano il mondo cristiano, lontano il più possibile dal mondo musulmano. E poi perché i Normanni, irrobustiti dal ceppo germanico del Sacro Romano Impero, avrebbero dovuto riprodurre il ciclo bretone, quello carolingio e infine quello bizantino di Alessandro il Macedone, per poi sentirsi dire dal popolo che il mosaico era saraceno?
Soccorre alla bisogna l’impagabile Guida Rossa Tci della Puglia, edizione del 1978, che al cenno storico su Otranto (pag. 440) recita: «Con Bari e Taranto fu anche il fulcro dell’ultima resistenza bizantina contro i Normanni e cedette solo nel 1070 a Roberto il Guiscardo. Ebbe nei sec. XI e XII una vita intensa, per i mercanti veneziani, dalmati e levantini che frequentavano il suo porto per il movimento delle Crociate». Ecco spiegato l’arcano della commistione bizantina, angioina, dell’Oriente e del mondo arabo: le Crociate. Al di là dal mare vi era il regno cristiano di Gerusalemme, quello di Goffredo di Buglione e dei re Baldovino che si erano succeduti sino ad Amalrico I, che nel 1163 regnava sempre più in difficoltà tra Bizantini e Saraceni. Pantaleone, monaco basiliano, celebrava non i Normanni ma i Crociati, che venivano dalla Francia, dal Belgio, dalle Fiandre, dall’Inghilterra, che conoscevano i cavalieri della tavola rotonda, le guerre di Carlo Magno contro i Longobardi e i Sassoni, la ricostruzione del Sacro Romano Impero su base carolingia, li mischiava, con sapienza, con l’Alessandro della corte di Costantinopoli e con le fiabe dell’Oriente fatte cristiane. La genesi, l’uccisione di Abele da parte di Caino, la dannazione del lavoro e della fatica, descritte con violenza espressionistica, portano l’estetica rinascimentale della Guida Rossa e di Swinburne a descrivere l’opera musiva come rozza, anche per la irregolarità delle tessere, del materiale con cui sono state formate, per la tavolozza cromatica quasi uniforme.
Ma saraceno no. Saraceno poteva essere, nella vulgata del Settecento, solo per il fatto che il regno di Gerusalemme era finito con Sibilla di Angiò nel 1187 e il feroce Saladino aveva riportato i musulmani al Santo Sepolcro e il popolo di Otranto, spenta da secoli l’età dell’oro, chiamava saraceno quello che un tempo era cristiano ma non normanno.