Abruzzo. La cruna del lago

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La rinascita di Campotosto, in provincia de L’Aquila, passa per progetti visionari che pensano a un futuro sostenibile ma recuperano il passato

Mani sottili e veloci come zampe di ragno, nel silenzio del piccolo laboratorio, si arrampicano su un telaio antico dando vita a trame preziose. Le dita appuntite come fusi filano spedite perché se smettono di intrecciare rischiano di perdere il bandolo della matassa. E allora forse tutto finirà. A valle, un lago immerso in un paesaggio che ricorda un po’ la Scozia e un po’ l’Islanda, riflette la stessa tinta del cielo da cui sembra caduto. Appare immobile, ma nel profondo che sfiora i 35 metri ribollono vite che danno senso al suo essere lì, solitario, tra agrifogli dai frutti gialli anziché rossi, rare betulle che si arrampicano lungo il dorso delle montagne, ginestre che d’estate dipingono d’oro le sue sponde. Siamo in provincia de L’Aquila a circa 1.400 metri d’altitudine e quella macchia d’azzurro, incastonata nel Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, è un bacino artificiale, il secondo più esteso d’Europa. Più in alto, svetta il borgo di Campotosto dove vive la filatrice dalle mani come zampe di ragno, Assunta Perilli. Legati a filo doppio, lago e filatrice raccontano la storia recente di questo territorio, fragile e bellissimo, una storia di passione e ingegno, che nasce dal dolore e dal caos, come spesso accade in questa Italia, vitale e morente, geniale e cialtrona. Il lago fu creato alla fine degli anni Trenta con l’innalzamento di tre dighe, Sella Pedicate, Rio Fucino e Poggio Cancelli, perché serviva energia idroelettrica per alimentare l’industria. C’era già stato un altro lago al suo posto, nell’era pleistocenica, che poi scomparve dando origine alla più grande torbiera appenninica, attiva fino a quando il pianoro a un passo dal cielo fu di nuovo invaso dall’acqua e la comunità non potè fare altro che accettare quella creatura liquida che avrebbe cambiato la vita di tutti. «Man mano che le dighe venivano innalzate – scrive Aurelio De Santis nel volume Campotosto e il suo lago – la verdeggiante pianura veniva sommersa, soffocando per sempre le grida angosciose dei proprietari». A distanza di ottant’anni il paese continua a gridare.

Già provato dal sisma de L’Aquila del 2009, Campotosto ha condiviso il terremoto che ha colpito il Centro Italia tra agosto 2016 e gennaio 2017, lasciando sul campo tonnellate di macerie. Solo dopo circa mille giorni sono cominciate ad apparire le prime Mae, Misure abitative di emergenza, con un ritardo inaccettabile che ha contribuito a spopolare il borgo: da 520 anime sono passate a cinquanta, tutte consapevoli che niente sarà come prima. Eppure nello sconquasso della natura matrigna e della burocrazia vampira di futuro, Assunta Perilli, 50 anni, archeologa per formazione e tessitrice per vocazione, non si è arresa: quando la sua casa è crollata ha tenuto aperta la sua bottega artigiana “La fonte della Tessitura”, che oggi è uno dei punti di riferimento di ciò che resta di Campotosto. È qui che la donna dagli occhi color prato lavora con il telaio di legno di fine ‘800 appartenuto a sua nonna, riproducendo e rigenerando le lavorazioni tradizionali abruzzesi della lana, del lino e della canapa. I segreti della tessitura li ha appresi dalle anziane del paese, soprattutto da Mechina e Idea, che ora non ci sono più, ma rivivono ogni giorno attraverso le sue creazioni: sciarpe, mantelle, borse, cappellini, vestiti, tessuti, tovaglioli, tappetini, runner e coperte come quella a quadri che porta il “timbro” dell’alta montagna. Il suo progetto – anima e sangue della sua vita – è non lasciare estinguere il mestiere della tessitura, che ha rappresentato per molte generazioni una fonte di sostentamento economico.

Con la preziosa fibra di lino grezzo – ottenuta coltivando e tessendo antichi semi autoctoni curati sin dai primi del ‘900 da una catena di donne – Assunta ha realizzato anche una parte di un nuovo modello di calzatura firmato da Alberto Fasciani, imprenditore marchigiano ed estimatore del lago: una scarpa visionaria che rappresenta il simbolo della rinascita del paese. Fasciani si è inventato, infatti, il Progetto Campotosto per accendere i riflettori sul borgo e ridare slancio alle eccellenze naturalistiche, artigianali e gastronomiche del territorio. Tra le attività commerciali che partecipano alla sua chiamata alle armi c’è il negozio di generi alimentari di Franca Cipriani, un’altra donna guerriera di questo borgo che ha trasformato la sua bottega in un punto di ristoro di qualità. Il tagliere a chilometro zero che lei prepara con la cura di una chef stellata – con mortadelline di Campotosto (vedi box), formaggio di capra, pecorino, miele, marmellata di sedano, ricotta con paté di pomodori, lonza e altri insaccati del territorio – parla la lingua universale della bontà. Mirtilli, mandorle e calendula sono invece la base di Dolce Laga, nuovo manicaretto creato dalla chef Serenella Dali, espressione concreta e dolce di un territorio intriso di tradizioni centenarie.

Se la comunità umana fa la sua parte nella resistenza quotidiana alle avversità, attingendo a un patrimonio interiore di memorie e ricordi che si fa quasi arte, il lago può rappresentare l’asso nella manica per la rinascita economica di Campotosto. Battuto da un vento costante, l’invaso in estate è meta ideale per gli appassionati di windsurf, kitesurf, ma anche di kayak e canoa quando cala la brezza. Il lungolago, prevalentemente pianeggiante, con oltre 40 chilometri di perimetro è perfetto per ciclisti e runner. Altre attività possibili, trekking e soprattutto equitazione, ben sviluppata grazie all’inserimento di Campotosto nel lungo itinerario dell’Ippovia del Gran Sasso. In inverno – ma anche durante le migrazioni primaverili e autunnali – il lago poi è perfetto per il bird watching. Diverse specie lo usano come tappa di servizio nel corso delle migrazioni, come le folaghe e le anatre, ma ci si può imbattere anche in rarità ornitologiche come l’airone bianco maggiore o il falco pescatore che, con acrobatici tuffi, acciuffa i pesci del lago. Pesci il cui numero è ben monitorato perché a tre chilometri da Campotosto c’è il vivaio dei lavarelli: dopo dieci giorni dalla nascita sono riversati nel lago in cui vivranno per tre anni e solo raggiunti i 350 grammi, potranno essere pescati.

Il turismo sostenibile Campotosto lo conosce. C’è però bisogno di un’iniezione d’investimenti e progetti affinché i piccoli numeri di oggi possano crescere nel rispetto di un ambiente delicato che si nutre di silenzi, vento, nitriti, guizzi, battiti d’ali. Certo, le azioni sarebbero più efficaci se tutti gli enti responsabili della cura di questo lembo d’Abruzzo lavorassero insieme. Dal canto suo, l’Ente Parco Gran Sasso e Monti della Laga – che ha nominato Assunta Perilli ambasciatrice del territorio – promuove il progetto Il Cammino naturale dei parchi che unisce Roma a L’Aquila e in cui Campotosto rappresenta una delle 25 tappe. Una volta superate le emergenze legate al terremoto, sosterrà il Comune nel realizzare 40 chilometri di ciclabile che in inverno diventerà pista da fondo, e 4 aree di sosta attrezzate per campeggiatori e camperisti. Nel frattempo Assunta sogna di istituire una scuola di tessitura a mano di alta montagna, per trasformare il territorio in un centro d’eccellenza artigianale. Sembra un’impresa folle, nel borgo manca ancora di tutto, ma da qualche parte bisogna pur ricominciare. E poi, le rivoluzioni iniziano sempre dai banchi di scuola.

Foto di Giacomo Fe'