Circolo polare artico. Sami per sempre

Il racconto di un’esperienza tra una popolazione che vive da millenni in un territorio che va dalla Norvegia alla Russia. Tra renne, tradizioni e aurore boreali

Tutti li chiamano lapponi, eppure il termine è ambiguo, il nome identifica infatti chi abita in questo enorme territorio che il popolo Sami chiama Sàpmi e che comprende quattro stati: Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. In questo territorio, che si estende per la gran parte oltre il circolo polare artico, i Sami vivono da almeno diecimila anni. Hanno mantenuto le stesse tradizioni e una lingua propria suddivisa in dieci rami, anche se solo da poco più di trent’anni hanno visto ufficializzare la propria bandiera che rappresenta i colori dei costumi tradizionali Sami, mentre la larghezza delle strisce è proporzionale al numero degli abitanti nei vari Stati: rosso per la Svezia, verde per la Finlandia, giallo per la Russia e blu per la Norvegia. Il mio viaggio in questa splendida terra alla ricerca delle tradizioni Sami inizia in inverno, all’estremo nord della Finlandia, sulla placida distesa ghiacciata del lago Inari, il terzo bacino d’acqua dolce finlandese in ordine di grandezza. Qui, dal 1950, ogni anno, a marzo si svolge la Porokisat, la tradizionale corsa con le renne. Gli sfidanti sono trainati sugli sci dalle renne per circa un chilometro; lungo il tracciato previsto per la competizione, uomini, donne e bambini si destreggiano in questo singolare sport a noi sconosciuto. Le renne vengono radunate in un recinto e tenute a digiuno onde evitare complicazioni dovute alla digestione, e le corna vengono tranciate poiché sarebbero pericolose nelle fasi convulse della corsa, comunque in seguito ricresceranno. In questo periodo il gelido inverno artico morde ancora, ma le temperature sono più miti e le ore di luce si allungano; il sole fa brillare le case, i volti e la terra selvaggia: la Porokisat celebra l’inizio della primavera, affondando le proprie radici nelle antiche ritualità della rinascita. Dopo qualche giorno mi ritrovo a girovagare per Inari, piccolo paese: fra le singolarità spiccano le indicazioni dei percorsi chilometrici al centro del lago – rivolte palesemente ai possessori di motoslitta – e la naturalezza con la quale le donne locali attraversano le strade ghiacciate servendosi di uno slittino monopattino.

Dopo pranzo incontro Pekka e così ho modo di spingermi oltre: salgo sulla sua motoslitta e assieme raggiungiamo Pielpajarvi vecchia chiesa cristiana dove tuttora, in rare occasioni, si celebrano alcune funzioni. In seguito ci dirigiamo verso una piccola isola, Ukko, incastonata nel lago ghiacciato, dove i pochi sami a tutt’oggi devoti allo sciamanesimo si radunano per pregare. Dopo una settimana di permanenza a Inari, cambio mezzo e cambio anche Stato. Salgo su un autobus e due ore dopo mi trovo a Karasjok. Qui ha sede il celebre Parlamento Sami della Norvegia, una importante biblioteca con circa 35mila volumi e una radio in lingua Sami. Ad attendermi c’è Nils Sara, un pastore di renne, che mi accompagna fino a Kautokeino, una silenziosa cittadina abitata al 95 per cento dal popolo Sami. Il freddo punge il naso, la neve ammanta le strade: è tutto ancora molto suggestivo. Arriviamo in tarda serata nella sua casa dove vive con la moglie e i tre figli. L’abitazione è spaziosa, su due piani, calda e confortevole; ceniamo tutti assieme con piatti a base di renna, un po’ in tutte le salse: affumicata, in umido, secca. Il mattino seguente partiamo per Alta lungo la strada verso Capo Nord, e Nils ne approfitta per fare alcune commissioni. Lungo l’asse della strada europea si snodano bacini d’acqua ­­stretti e frastagliati nella bianca e assolata taiga. Le case la punteggiano di rosso in netto contrasto con il manto nevoso. Alta si trova sulle sponde del mar Glaciale Artico, ma ciò che cattura immediatamente l’occhio è la Cattedrale della luce del nord, realizzata nel 2012, il cui campanile è alto 47 metri e sta a rappresentare plasticamente l’aurora boreale. Il lungo profilo spiraliforme si staglia trionfante all’orizzonte: la superficie è rivestita in titanio e ciò permette una perfetta simbiosi col riverbero cangiante della luce artica. Il sole volge al tramonto quando siamo di ritorno a Kautokeino. Le due giornate seguenti mi vedranno testimone della celebrazione nota come “cerimonia di conferma”, dove vengono omaggiati i ragazzi al compimento dei loro quindici anni. Si tratta di una celebrazione religiosa, officiata da un prete, prima in norvegese, poi nella lingua Sami. Partecipano tutti, dai più piccoli ai più anziani, indossando drappi variopinti, monili argentei e calzature lanose, ovvero il perfetto completo Gakti, l’indumento tradizionale. L’indomani parto con Nils alla volta di Šuoššjavri, un piccolo borgo e stazione di posta per un rapido cambio con la motoslitta. Da qui ci separano quaranta chilometri circa dalla sua baita pastore. Il tragitto è lungo e freddo, ma sopra i miei indumenti indosso una tuta imbottita, e i piedi calzano un nuovo paio di doposcì; c’è anche Barke, l’inseparabile cane, sulla sella tra me e il suo padrone, che si destreggia per rimanere in equilibrio. All’arrivo si è ormai fatto scuro e la casa è gelida, ma troviamo ristoro nelle tremule fiamme che danzano nella stufa in ghisa. Per fortuna ci si scalda presto, qui, nella cabin, come la chiamano loro. Non c’è l’elettricità né acqua corrente, l’unico agio è un generatore e se serve da bere c’è vicino un ruscello. Dopo un ricco pasto a base di renna, esco ad ammirare per la terza volta il breve e opaco balenio nel cielo dell’aurora boreale, lo spettacolo della buona notte. Il mattino successivo mi sveglio presto perché qui il tempo è scandito dall’affrettato zoccolare di un animale, la renna, in una sorta di vincolo d’interdipendenza con l’uomo, una relazione molto simile a quella tra l’uomo e il cane. Con la motoslitta facciamo un giro di perlustrazione per verificare l’esatta posizione delle renne, poi, nel pomeriggio, per ben due volte portiamo loro del pellet (cibo pronto per loro): siamo alla fine della stagione invernale e queste creature non avrebbero quasi più nulla di cui cibarsi altrimenti. Nils mi narra delle sue genti, dei suoi antenati che vivono qui da almeno 120 anni: «È una bella vita a stretto contatto con la natura: è una vita libera» Confida di riuscire a tramandare il proprio lavoro anche ai figli. Heaika, per esempio, a soli nove anni è un prezioso aiuto: rabbocca il bacile al torrente, trasporta cibo alle renne e guida già con padronanza la motoslitta.

Benché questi cervidi siano liberi di pascolare, capita spesso che alcuni di loro si uniscano ad altre greggi; ecco allora che Nils, aiutato da altri pastori, si arma di lazo e motoslitta e avanza cautamente tra le centinaia di capi. Una volta individuata – ogni renna è marcata con una targhetta colorata all’orecchio – accelera all’improvviso, fa vibrare i lazo e accalappia la renna per le corna; questa verrà quindi impastoiata, caricata in un secondo momento su un’altra slitta e riportata al gregge di appartenenza. A metà settimana, le renne si sono allontanate dalla cabin, si decide quindi di passare la notte all’addiaccio, in una tenda chiamata lavvu, simile al tepee dei nativi americani. Nel passato costituiva più una abitazione piuttosto che un rifugio, adottata per seguire appunto la transumanza delle mandrie. La tenda viene allestita in poco tempo: rami e pelle di renna a terra per isolare dalla neve; al centro una piccola stufa in ghisa. Al rientro a Kautokeino resta il ricordo dei duri cieli azzurri dell’aria limpida e secca, delle dolci e pungenti folate di vento, del grande silenzio, del tempo sospeso. Ma anche dei 400 chilometri in motoslitta. C’è spazio per un ultimo appuntamento culturale: l’evento più importante dell’anno: il Festival di Pasqua Sami. In programma ci sono le gare con le motoslitte, quelle di pesca nel ghiaccio e un concorso di musica noto come Sami Gran Prix: i cantanti competono nelle categorie di musica pop e musica joik, tra le più antiche tradizioni musicali d’Europa. Si possono acquistare i caratteristici oggetti d’artigianato, consumare le tipiche vivande a base di renna, visitare delle mostre e assistere ad alcune performance teatrali. è giunta l’ultima sera e Nils ancora una volta prepara la carne di renna e, come sempre, è davvero gustosa. Ripenso ai lunghi giorni trascorsi a stretto contatto con lui e la sua famiglia che continuano a vivere come i loro genitori, nonni, bisnonni. Non rifiutano il progresso quindi hanno motoslitte e telefonini, ma vivono ancora seguendo il ritmo della natura. Ci ho provato anche io grazie a loro e, tutto sommato, devo dire che è andata proprio bene.

Foto di Sandra Zagolin