di Franco Iseppi
Sintesi dell’intervento del presidente sul ruolo di intermediazione del Tci tra turismo, cultura e ambiente
I territori stanno rappresentando un’attrattività e un interesse estremamente rilevante nei media, nelle istituzioni, nella società in generale. I territori sono tutto: buone pratiche, laboratori politici, associazioni, imprenditori, ambiti di partecipazione, luoghi di espressione dei diritti. La tematica territoriale richiede di essere affrontata con un approccio e una strategia di sistema.
Qualche considerazione
1. Per noi, che come associazione nasciamo “territoriali” e che possiamo definirci un “attore di sistema”, con una funzione di mediazione che ci colloca tra flussi e luoghi, i territori sono uno dei motori più importanti delle nostre progettualità (Aperti per Voi, Club di Territorio, Bandiere Arancioni), sono i contesti integratori della offerta turistica e della domanda, nonché luoghi dell’esperienzialità, in cui si declinano i nuovi modi di fare turismo (responsabile e personale). Sono inoltre ambiti di conoscenza, di intermediazione, di sperimentazione, laboratori in cui nascono nuove esperienze e relazioni tra i diversi attori del sistema-turismo che permettono di far emergere idee e progetti che, proprio per il fatto di essere fortemente ancorati alla dimensione locale, riescono a recepire i criteri della sostenibilità in senso più generale (economica, ambientale e sociale). I territori sono spazi collettivi di mediazione, sono il palinsesto con il quale il turismo esprime, attraverso l’articolazione delle sue destinazioni, le sue potenzialità di sviluppo.
2. La pratica turistica e del viaggio cresce se alimentata da una relazione virtuosa tra tutti gli asset che la possono sostenere: viabilità, formazione, distintività dell’offerta e qualità di servizi, promozione. Il turismo può affermarsi solo se può contare su un sistema di relazioni, di decisioni e di strutture. I sistemi turistici sono rimasti un’ipotesi di scuola. Forse è più opportuno identificarli oggi con il termine “piattaforme” turistiche e territoriali. La piattaforma è un concetto più fluido che antepone le relazioni alla dimensione spaziale, i sistemi possono produrre risultati se nascono dal basso, se sfruttano la “civiltà materiale” rappresentata dal territorio, se non sono imposti e si qualificano (in termine di dimensione e di governo) come sartoriali (su misura). I loro confini non sono definibili in termini amministrativi, ma sulla base della specificità delle loro offerte e delle loro progettualità. In definitiva delle loro relazioni: spaziali, socioeconomiche e culturali. Perimetri che possono e devono evolvere nel tempo in risposta alle mutate domande dei viaggiatori e ai diversi bisogni e desideri delle comunità residenti. Un’iniziativa emblematica da questo punto di vista – per il fatto che non nasce su impulso del settore pubblico ma di quello privato – è la Rete Destinazione Sud. Si tratta di una rete di imprese nata e cresciuta come “sartoriale” che coinvolge numerosi territori del Sud Italia per promuovere e commercializzare il “prodotto Sud” in modo integrato.
3. Pur tenendo conto che la gestione del comparto turistico è riconosciuta alle Regioni, sarebbe inaccettabile togliere allo Stato il ruolo di indirizzo, di controllo e di promozione. Non si esclude che la gran parte delle piattaforme territoriali (sono definibili in modo pragmatico e cioè sulla base delle loro distintività e nascono dai diversi attori locali del sistema) si sviluppino nei confini regionali, ma non si può ignorare che molte saranno interregionali. Alcuni esempi al proposito: il Po, il lago di Garda, la virtuosa esperienza del rapporto tra alcuni paesi della costa con i relativi territori interni, alcuni territori di montagna, alcune aree archeologiche. Pensiamo poi ai Cammini o alle vie ciclabili che per natura interessano più regioni (o addirittura più Stati). Il concetto di piattaforma ben si adatta alla fisionomia del territorio italiano che ricalca di più un modello “diffuso” composto dalle “cento città” che un modello “polarizzato” rappresentato dalla metropoli.
4. Le piattaforme territoriali possono nascere tanto da buone pratiche esistenti, quanto dalla volontà di alcuni Comuni di mettersi insieme, esaltando in questo modo sia la valenza comunitaria che possono avere alcuni progetti ed esperienze sia la sostenibilità di questi ultimi. Essendo “intellettuali collettivi” del territorio, queste piattaforme devono considerare come un valore di riferimento alcuni dei contenuti della Convenzione di Faro: abolendo la distinzione tra patrimonio tangibile e intangibile, essa affianca alla definizione di patrimonio culturale una specifica nozione di “comunità di eredità” (heritage community), legando indissolubilmente i due concetti. Se infatti il patrimonio culturale è «l’insieme delle risorse ereditate dal passato nelle quali le persone si identificano […] come riflessione ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni in continua evoluzione», una comunità di eredità è costituita da «un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale e che desidera sostenerli e trasmetterli alle generazioni future». Ci permette di identificare nel patrimonio e nella stessa comunità locale un motore fondamentale dell’attrattività turistica dei diversi territori, ribadendo il loro ruolo di luoghi della mediazione delle diverse istanze che esprimono. Il percorso proposto sottintende una prospettiva ben identificabile: nessuno ignora la necessità di operare in un mondo globale, ma la sua costruzione può partire anche dal basso, salvando le distintività e la sua eredità, e non necessariamente dall’alto omologando ogni progettualità. In fondo i territori – nella loro capacità di essere sempre sintonizzati con quanto avviene nel mondo, dunque in qualche modo “simultanei” nel recepirne i mutamenti – possono rappresentare la via italiana alla globalizzazione.
5. Suggestioni “conclusive” 1. Teniamo conto di alcune considerazioni: il nostro è un Paese con fortissime distintività territoriali. I beni culturali (Italia, museo diffuso) non possono essere considerati la sola attrattività per i viaggiatori. Anche i beni enogastronomici, l’industria creativa, gli eventi, il paesaggio in generale: l’insieme di tutto questo può essere considerata la nostra eredità culturale da tutelare e valorizzare. Noi possiamo contare su “eccellenze” di grande qualità e competitività. La ricchezza e la distintività di questa offerta che può soddisfare, come in poche destinazioni del mondo, le domande dei viaggiatori che non si muovono per un solo motivo, anche se ognuno le allinea in modo gerarchico (prima i beni culturali e poi la sagra del cotechino), è alla base della convinzione che il futuro del turismo italiano possa essere elitario per tutti. 2. Da un punto di vista delle potenzialità future (indipendentemente dal peso che continuano ad avere le offerte considerate mature, città d’arte, mare, montagna...), una delle offerte interessanti può essere rappresentata dalle aree interne e l’altra dal rapporto virtuoso che può nascere tra la costa (4mila km praticabili) e le aree interne, specialmente se prenderà corpo la proposta di mettere in essere delle piattaforme turistiche territoriali che, per loro natura, non sono condizionate da confini amministrativi. 3. C’è una forte richiesta di formazione alla pratica turistica. Un tema nodale per lo sviluppo del sistema stesso, ma che potrebbe avere anche un investimento di conoscenza prettamente educativo: mi riferisco alla necessità di recuperare la geografia nelle scuole. La geografia, per statuto, è una delle forme più compiute della conoscenza (proprio per la pluralità del sapere e dei linguaggi che esprime) e ha una forte specificità: permette di orientarci e proiettarci verso tutte le attrattività espresse dai territori e non solo di spostarci nei territori stessi. 4. Sono emerse, nella nostra discussione, tre esigenze fondamentali (accanto a quella condizionante della innovazione tecnologica): a) la necessità di un modello di governance che esprima una visione condivisa di tutti gli attori (istituzionali, imprenditoriali, associativi) del sistema, b) l’opportunità di alleanze infrastrutturali del Paese (autostrade, ferrovie, linee aeree), c) la produzione di formazione e di conoscenza sistematica e affidabile del sistema stesso. Contributo al Seminario Aspen - L’industria del turismo - Venezia 11-13.10.19