Piccole Pompei

Giuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe Carotenuto

Terzigno, Boscoreale, Castellammare di Stabia: tre Comuni sotto il Vesuvio cercano di reagire al degrado del territorio grazie al parco archeologico, ai vini di qualità, alle piste ciclabili e al grande attaccamento alla loro terra. Ricca di sorprese

 

Non è facile trovare luoghi dove la monnezza si trasformi in bellezza. Capita a Terzigno, in provincia di Napoli, a circa sei chilometri da Pompei: in tempi remoti faceva parte del cosiddetto ager pompeianus ed era l’estrema periferia nord di quello che sarebbe poi diventato il sito archeologico più famoso del mondo, visitato ogni anno da più di tre milioni di visitatori. Sono case e fabbricati costruiti senza respiro uno sopra all’altro, saracinesche di negozi divelte, cartelli stradali piazzati in modo incomprensibile, ammassi di rifiuti buttati sul ciglio delle strade, che raccontano la storia di un territorio abusato nel tempo dall’illegalità e dimenticato dalle istituzioni. Pochi sono i turisti che si spingono fin qui, anche perché non esiste un percorso che porti verso a’ muntagna, il Vesuvio, raggiungibile invece da Ercolano o da Torre del Greco. Una mancanza che sembra una beffa perché il cono del vulcano è posto proprio sopra Terzigno, che è anche il maggior Comune per estensione del Parco nazionale del Vesuvio e il cui nome, ter ignis, significa “tre volte toccata dal fuoco”.

Quel fuoco e quella terra scura come il sangue – antico “limo” del vulcano – marchiano il paesaggio, la memoria della comunità e i suoi punti di riferimento storici, geografici, sociali ed economici: primi fra tutti i celebri vitigni del luogo, ossuti e caparbi, che da secoli con le sue varietà autoctone, come la Falanghina, il Greco e l’Aglianico, rendono il territorio tutto da bere. All’improvviso, un po’ fuori dal centro, in località Boccia al Mauro, si apre un cancello arrugginito avvolto nella vegetazione: è l’ingresso di un altro mondo in cui, tra lentischi, licheni e ginestre dei carbonai, i rifiuti e l’incuria sembrano lontani anni luce. E il silenzio parla solo di storia, natura, arte: l’unica vera ricchezza che può far rinascere dalle ceneri Terzigno, ma anche altre località dell’area vesuviana, come Boscoreale e Castellamare di Stabia che, con una nuova visione del territorio, si stanno alleando per ridare vita e voce ai loro siti archeologici e proporre un’offerta complementare o alternativa al sempre più intasato sito di Pompei.

Incredibile è la storia di quest’area di 55 ettari, all’inizio cava, poi discarica a cielo aperto, ora in procinto di diventare parco archeologico, geologico e naturalistico che, con le sue pareti vulcaniche incise da profonde stratigrafie, ricostruisce come un libro aperto oltre tremila anni di eventi e cataclismi vesuviani. La racconta l’architetto Angelo Massa che sin da ragazzo segue le vicende del suo territorio sia per lavoro sia per passione. «Cava Ranieri era specializzata nell’estrazione della pietra lavica, che costituiva una delle principali occupazioni di Terzigno. Scavando, scavando, le maestranze più di trent’anni fa toccarono a oltre venti metri di profondità le lave del 79 d.C., cioè quelle che distrussero Pompei, individuando tre ville romane sepolte dall’eruzione, una delle quali molto grande, dove si racconta che si fermò Spartaco, prima di rifugiarsi sul cratere». A queste signore del passato – vere e proprie aziende vinicole sulle terrazze naturali alle pendici del Vesuvio dove si produceva il vesuvinum vinum – Angelo ha dedicato parte della sua vita e ora anche un libro (Le ville romane di Terzigno. Tesori e bellezze per Il quaderno edizioni) e un progetto di restauro.

«Le ville vennero riportate alla luce con i loro preziosi reperti – alcuni conservati nel bunker di una banca a Torre del Greco, altri nei depositi della Soprintendenza – ma quando la cava fu bloccata e l’estrazione della pietra lavica vietata per legge, l’enorme contenitore fu utilizzato come sito provvisorio di stoccaggio della spazzatura. E poi, tra emergenze e ritardi, la monnezza è rimasta lì, per anni, trasformandosi in un putrido lago di percolato con migliaia di tonnellate di rifiuti. E pensare che l’area si trova nel Parco nazionale del Vesuvio, è pure un Sito di interesse comunitario ed è sottoposta a vincolo paesistico e paesaggistico ambientale. Nel frattempo, in quello sconquasso, le ville incustodite sono state interrate di nuovo in attesa di un loro eventuale recupero e di tempi migliori». Quei tempi sono arrivati.

 

Angelo indica il punto dove giace sotto terra la Villa uno ed è sicuro che dopo aver finanziato il suo progetto di recupero, la Regione individuerà anche le risorse per parte della sua riemersione e valorizzazione. Alle sue spalle, quel lago di morte è stato da pochi mesi bonificato dal ministero dell’Ambiente e naturalizzato con 500 piante tipiche dell’area vesuviana: una rivoluzione copernicana per tutta la comunità. Il parco archeologico, geologico e naturalistico contribuirà all’apertura di nuove campagne di scavo e sarà al più presto un luogo di visita da raccontare a studenti, cittadini e turisti. E intanto con gli affreschi della Villa sei, già esposti in Giappone, è stato appena inaugurato il Matt, il Museo archeologico territoriale terzignese, allestito nell’ex mattatoio della città. Sono pitture meravigliose che lì rimarranno in modo permanente perché, come ricorda Angelo, «ogni cosa è l’anima del territorio e deve rimanere nel luogo dov’è nata». Un’altra rivoluzione è scoppiata a Boscoreale, in epoca romana suburbio settentrionale di Pompei come Terzigno, popolato di ville rustiche utilizzate per la coltura della vite, dell’ulivo e di cereali. La sua Villa Regina – l’unica residenza romana del territorio vesuviano scavata per intero – ha riaperto i battenti, dopo anni di chiusura. Il complesso archeologico, scoperto nel 1977 in seguito a lavori edilizi, farà parte di un tour museale che prevede la visita al vicino Antiquarium e al museo del Parco nazionale del Vesuvio ospitato nel Centro culturale-auditorium di Boscoreale e appena inaugurato.

 

Gioisce Annamaria Sodo – archeologa e funzionaria della Soprintendenza archeologica speciale di Pompei e direttrice dell’Antiquarium – da anni in prima linea nella conservazione in un territorio difficile di questi tesori del passato che rappresentano la memoria e il futuro. «Villa Regina è tornata a splendere sia all’esterno con le nuove coperture sia all’interno con il restauro di apparati decorativi, rivestimenti in stucco delle colonne, pavimenti in battuto di coccio pesto, intonaci e dipinti murali, calchi in gesso degli infissi. La cosa principale è che il suo rilancio sta contribuendo al recupero urbano della zona, fortemente degradata: il Comune ha avviato i lavori per riqualificare il verde, rifare il manto stradale e sta lavorando per realizzare un parcheggio per i bus turistici – così sarà più agevole arrivare da Pompei a Boscoreale, e viceversa – per integrare la visita della villa rustica e incrementare la presenza turistica sul nostro territorio, peraltro agevolata dalla nuova fermata della Circumvesuviana Villa Regina, tra le stazioni di Torre Annunziata e Pompei Villa dei Misteri». E si parla pure di realizzare una pista ciclopedonale sulla rete ferroviaria dismessa San Giuseppe Vesuviano-Terzigno-Boscoreale-Torre Annunziata, grazie al coinvolgimento di più enti. Un sogno, specie da queste parti. Nel giardino della Villa Rustica il calco del tronco di un albero deformato dalla pioggia di pomici, ceneri e lapilli di quell’ottobre del 79 d. C. sembra puntare come un dito ritorto il nuovo percorso intrapreso a Boscoreale: è curvo, scuro e sembra un’installazione di arte contemporanea. Era un ulivo, oggi è simbolo di rinascita.

Appare nera e spelacchiata anche la vegetazione di una parte del Parco nazionale del Vesuvio, a ricordo del terribile incendio che si mangiò due anni fa centinaia di ettari di verde. Ma il presidente dell’ente, Agostino Casillo, ha scatenato tutte le risorse a disposizione, professionali ed economiche, per guarire le piaghe e contrastare i reati ambientali. «Ero arrivato al parco da poco, pieno di energia e grandi propositi ma quell’evento mi gettò nello sconforto e pensai di mollare. Poi però capii che bisognava lottare. Oggi possiamo contare su un sofisticato impianto di videosorveglianza e su una pattuglia di droni ad altissima tecnologia, termocamere e altre tipologie di sensori. Siamo inoltre in pole position per ricevere dal Ministero dell’ambiente un finanziamento per ripristinare la biodiversità boschiva del parco, per un totale di 160 ettari. Non possiamo però tralasciare il turismo che ci vede al terzo posto con oltre 700mila visitatori l’anno dopo Pompei e la Reggia di Caserta: per questo stiamo riqualificando i sentieri esistenti e realizzando percorsi cicloturistici per circa 40 chilometri, e ippovie per circa 27 chilometri». Anche la riapertura qualche mese fa dell’imperiale Villa Arianna a Castellamare di Stabia è solo l’inizio di una progressiva riqualificazione dell’area dell’antica Stabiae, a venti minuti di auto da Boscoreale. Si prevede il miglioramento delle vie di accesso e di collegamento ad altre destinazioni culturali, la riqualificazione delle aree di sosta, con info-point, piccola area espositiva e bar. Un passo alla volta, questo territorio ferito vuole dimenticare la monnezza. Tornare a respirare aria pulita. Per sempre.

Foto di Giuseppe Carotenuto