di Piero Carlesi
Gressoney-Saint-Jean, borgo Bandiera Arancione del Touring in Valle d'Aosta, vanta una centenaria tradizione di turismo, inaugurata da Margherita di Savoia. E oggi anche una grande attenzione all'approvvigionamento energetico sostenibile
«Siamo in un posto delizioso! Non ho mai visto nulla di più grazioso di questa valle (...) e se si pensa che questo castello si trova a sette ore di mulo dalla strada ferrata, non lo si crederebbe possibile» così scriveva della valle di Gressoney nell’agosto 1889 la prima regina d’Italia, Margherita di Savoia. Sovrana che per ben 36 anni trascorse le vacanze a Gressoney-Saint-Jean. Così proseguiva nella sua lettera «C’è in questa valle un grazioso torrente che scende tra i prati (...); ieri abbiamo fatto una gita fino al ghiacciaio del Lys ai piedi del Monte Rosa, non è immenso, ma è così elegante».
Una testimonial d’eccezione, si direbbe oggi, che precorreva la Bandiera Arancione del Touring assegnata oltre un secolo più tardi proprio a Gressoney-Saint-Jean. Non solo per la qualità dell’accoglienza e l’attenzione dedicata a tutelare le belle case di pietra del centro storico, ma anche per l’attento lavoro di indirizzo verso fonti rinnovabili dell’apporto energetico del paese, complice la possibilità di attingere all’impianto idroelettrico di Gressoney-la-Trinité che sfrutta il dislivello di oltre 700 metri con il lago del Gabiet e ha una potenza di 16 megawatt.
Pochi passi tra le case del cuore di Gressoney-Saint-Jean e anche l’occhio meno esperto coglie nelle architetture le tracce della cultura dei Walser, l’antico popolo di lingua alemanna – ormai quasi estinta – che popolò questa vallata a partire dal tredicesimo secolo. Un esempio? La bottega artigianale d’Socka, dove si producono e si vendono le originali pantofole di panno e corda che usavano tutti giorni le donne del luogo. Costituite da 18 strati di stoffa di lana unite da una forte corda, richiedono due giorni di lavorazione e il costo è conseguente: circa 140 euro al paio. Ma, garantiscono, durano una vita.
Nella stessa bottega è in vendita un altro oggetto che riporta ai costumi tradizionali delle donne walser gressonare: la cuffia in oro, un vero (e costoso, tra 1.600 e tremila euro) capolavoro che sembra sia stato suggerito dalla stessa regina Margherita. Una sovrana che pare non si limitasse ad apprezzare la frescura della vallata. Il celebre Rifugio Regina Margherita sulla punta Gnifetti del Monte Rosa (4.559 m) porta il suo nome perché lei vi salì, un po’ a piedi, un po’ in slitta e un po’ sulle spalle (si dice) di qualche forzuto montanaro... Non a caso al margine del paese, da un bel laghetto, il cosiddetto lago Gover, parte una comoda passeggiata in piano e ombrosa, il sentiero Regina Margherita che porta in una ventina di minuti, nel bosco, al Castello Savoia, residenza della sovrana, dalle linee architettoniche che ricordano i castelli della Loira.
Venduto dai Savoia alla famiglia Moretti (famosa per le tende fornite agli alpinisti italiani al K2 nel 1954) il complesso è passato alla Regione Valle d’Aosta e conserva nelle sue numerose stanze vari cimeli dei soggiorni di Margherita di Savoia. Negli anni si è imposto come meta turistica di prim’ordine, tanto che oggi è, dopo il castello di Fenis, il secondo castello più visitato della valle d’Aosta. Tutto, a Gressoney, parla ancora della Regina Margherita: lo stesso municipio è ricavato dalla residenza del barone Luigi Beck Peccoz, molto vicino alla regina, che ospitò la Corte reale negli anni della costruzione del castello voluto da Margherita.
Appena fuori dal centro di St-Jean incontriamo, sul bordo di un campo, Federico Chierico e Federico Rial: sono i due giovani soci dell’azienda agricola Paysage à manger. Con altri amici hanno fondato un’attività per certi versi nuova: coltivano i prodotti agricoli dell’alta montagna, soprattutto patate; quelle sei varietà che erano il cibo tradizionale dei Walser. Sono riusciti a ricavare da un istituto svizzero specializzato nella conservazione dei semi antichi alcune varietà di ortaggi dimenticati e ora possono vantare una produzione eccezionale, che riescono a esportare anche fuori dalla valle. Senza contare che nei mesi estivi i villeggianti possono acquistare qui veri prodotti a chilometro zero dove la qualità è garantita a vista.
La valle del Lys riserva anche altre sorprese culturali e gastronomiche. Risalendo il torrente, Gressoney-la-Trinité è l’ultimo paese, chiuso dal versante meridionale del Monte Rosa. Sulla piazzetta centrale, un’originale baita in legno e pietra ospita il Museo Walser. Guida la visita Elizabeth, una giovane il cui accento tedesco farebbe pensare a un’origine walser; invece è nata a Bressanone ed emigrata qui per amore. Nel piccolo museo oggetti, attrezzi agricoli, costumi tradizionali raccontano la cultura dell’antico popolo che ha coltivato queste terre nell’alto medioevo.
L’ultima sorpresa, gastronomica, si incontra sulla via del ritorno. A Gaby, scendendo lungo la valle del Lys verso Pont-Saint-Martin, si trova il bivio per un’ardita stradina asfaltata che risale a tornanti la montagna fino a fermarsi in quota alla frazione di Niel. La meta è un vero e proprio tempio dei sapori tradizionali: la Grouba, un locale piccolo ma degno di grande attenzione dove si possono gustare tante specialità del luogo ricavate anche da erbe officinali e con le immancabili patate d’alta quota. Ne sono artefici Alberto Calaba, ristoratore originario della vicina Alagna Valsesia (altra colonia walser appena al di là della cresta dei monti), e la moglie, nata proprio a Gaby. Un altro piccolo luogo da non dimenticare.