di Ferruccio De Bortoli
Il Touring, emblema di una società che si apre. "Gli anniversari servono. Per ringiovanire". L'omaggio - gli auguri - di un grande giornalista
Gli anniversari servono. Per ringiovanire. Non solo viaggiando attraverso i ricordi. Ma anche immaginando i sentieri lungo i quali inerpicarsi nel futuro. Senza limiti. I 125 anni del Touring Club sono un tagliando di giovinezza. Un soggiorno virtuale alle terme. Stesso effetto. Ci sentiamo, ancora di più, liberi di andare ovunque. Anche da soli. E, nello stesso tempo, avvertiamo la necessità di ”stringerci a coorte”, insieme agli altri, nella riscoperta delle virtù di una comunità civile. Il volume che l’associazione pubblica in occasione del suo prestigioso secolo e un quarto, realizzato con il prezioso contributo di consiglieri ed ex consiglieri Tci, ha un titolo di grande attualità: Prendersi cura dell’Italia bene comune. Non è il programma di un partito, purtroppo. Ma dovrebbe essere il baedeker di ogni cittadino, la sua carta d’identità, la sua “guida rossa” o “libretto verde” (il catalogo del Touring offre una gamma infinita di esempi).
L’educazione civica è andata e venuta dalle scuole. Ultimamente era dispersa. Al Touring c’è sempre stata. In prima fila. La fragilità del nostro territorio, che il cambiamento climatico mette ancora più in risalto, è stata denunciata in tanti anni di iniziative, rapporti, suggerimenti alle amministrazioni. Fa parte della storia dell’associazione, privata e senza scopo di lucro ma con una grande coscienza nazionale. E basterebbero queste semplici osservazioni per tributare a un’istituzione benemerita del nostro Paese il più profondo e sentito degli omaggi, il più affettuoso degli auguri.
Il Tci nacque da una intuizione borghese ed elitaria. Ma ha saputo – quando ancora la mobilità degli italiani era modesta e le vacanze un lusso per pochi – aprirsi a tutti. Offrire un servizio autenticamente popolare. è stata ed è un’università del turismo senza numero chiuso. Al pari della Rai, che ha unito l’Italia davanti a uno schermo in bianco e nero, ha intessuto una trama civile di relazioni facendo scoprire a ogni italiano la parte del Paese che non conosceva e rendendolo fiero e orgoglioso della sua appartenenza nazionale. Lo ha poi promosso cittadino del mondo ancora prima che avesse per le mani un passaporto. Lo ha fatto sognare su una cartina geografica. Sedotto e ammirato con storie, racconti, reportage. Tutti ci siamo sentiti, leggendo e correndo con la fantasia, inviati nella storia e nella geografia, quando ancora si studiava su “cartine mute”, un artigianale incrocio fra Goethe, Bonatti e Cousteau. Senza limiti.
Quando ho cominciato a fare il giornalista – e lavoravo al Corriere dei Ragazzi, fratello adolescente del Corriere dei Piccoli – la redazione accanto alla mia era quella di Qui Touring, testata nata dalla fusione tra Le Vie d’Italia e del mondo e il bollettino mensile dell’associazione. Un successo editoriale clamoroso che, agli inizi degli anni Settanta, ogni mese raggiungeva più di mezzo milione di abbonati. L’invidia per i colleghi di Qui Touring non era solo per la tiratura, ma per i meravigliosi viaggi dei suoi inviati, per gli articoli delle sue firme più prestigiose, da Enzo Biagi a Piero Chiara. I suoi redattori la mettevano giù un po’ dura. Erano consci dei loro privilegi. Quando uno di loro, Franco Rho, grande giornalista e amico, mise in vendita la sua Nikon, io la comprai senza esitazione. Prezzo: 50.000 lire. Ero felice perchè avrei voluto per il mio giornale firmare un servizio, come faceva lui su Qui Touring, con la firma “foto e testo di...”. Non vi riuscii mai. Perché il borderò non lo consentiva. Ma con quella macchina al collo il lago di Como poteva essere il Titicaca e il parco del Ticino un po’ la foresta amazzonica. La fantasia è il migliore dei viaggi. Intanto Rho girava il mondo con una macchina fotografica ancora più sofisticata. E io mi godevo i suoi racconti. Nell’Italia di quegli anni, nei quali gli effetti del miracolo economico si stemperavano in tensioni sociali e politiche – ed è apprezzabile e istruttivo leggere le cronache italiane accanto a quelle dell’associazione – l’appartenenza al Touring era un segno distintivo, una promozione sociale. Ricordo l’auto di un vicino di casa (credo una Nsu Prinz o una Simca) perennemente posteggiatata nel cortile di casa nostra, in corso di Porta Romana a Milano, il cui parabrezza posteriore era letteralmente ricoperto di adesivi della tessera Touring. Non credo che avesse mai varcato le Alpi con la sua utilitaria (termine usato nei giornali dell’epoca per non parlare delle Fiat). Non vedeva dietro quasi più nulla. Forse avrà preso anche qualche multa. Ma era orgoglioso della sua anzianità di tesserato come un bimbo davanti ai suoi giocattoli preferiti.
Il socio del Touring è un cittadino attivo e responsabile. Perché l’istituzione di cui fa parte è sempre stata in 125 anni attenta alla conservazione e alla valorizzazione del bene comune. Sa che il bene comune non è la sommatoria di beni e interessi. è qualcosa di più, molto di più. Il Touring ha capito prima di tutti che il turismo non è un settore economico a sé. Ne racchiude ed esalta, al proprio interno, tutti gli altri: dell’alimentazione al trasporto. Tutti nessuno escluso. Il turista è un consumatore a tutto tondo. Ma prima che divenisse una moda, che si cominciasse a parlare di economia circolare, il Touring ha messo in luce il tema della sostenibilità del turismo di massa. Ci sono limiti, regole. Il bene, il luogo, la meta vanno conservati e rispettati per quelli che verranno dopo. Nessuno ha l’esclusiva della bellezza. E questa piccola e pur banale constatazione è utile per circoscrivere quello che è il lascito culturale di una istituzione come il Touring, il seme che è riuscito in tutti questi anni a spargere nella società che non sembra farne purtroppo sempre tesoro. L’associazione ha poi scoperto potenzialità e identità dei territori ancora prima che si inventassero i “giacimenti culturali” e “distretti enogastromici”. La Guida gastronomica d’Italia è del 1931. Ha lanciato la suggestione raffinata di un turismo slow quando nessuno pensava, nemmeno per scherzo, che potesse diventare un marchio e uno stile di vita. E ancora: il viaggio è conoscenza, dice spesso il presidente Iseppi. Ha ragione. Il viaggio stimola la curiosità, il confronto e dunque l’innovazione. Una società della conoscenza – quale dovrebbe essere una comunità civile ed evoluta che possa reggere la competizione di altre culture, di altri sistemi – ha bisogno, oggi più di 125 anni fa, del ruolo del Touring. Emblema di una società che si apre, orgogliosa di quello che è, delle proprie bellezze come della propria storia. Non si chiude, rinuncia a viaggiare e a sognare. Senza limiti. Buon compleanno. E grazie a tutti i soci del Tci per il loro esempio civico.