Le mappe letterarie

Un viaggio nelle terre immaginarie, fra mappe fantastiche di luoghi reali e mappe reali di luoghi fantastici. Perchè il confine è labile...

 

«Quand’ero un ragazzino, avevo la passione per le carte geografiche. Passavo ore a guardare l’America del Sud, o l’Africa, o l’Australia... A quei tempi c’erano molti spazi vuoti sulla carta della Terra, e quando ne vedevo uno dall’aria particolarmente invitante (ma ce l’hanno tutti, quell’aria) ci posavo il dito sopra e dicevo: “Quando sarò grande, ci andrò”. Il Polo Nord era uno di quei luoghi, mi ricordo. Non ci sono ancora stato».
Joseph Conrad, nel suo romanzo Cuore di tenebra, mette queste parole in bocca al marinaio Marlow. Più avanti confiderà che quelle sono parole sue: quel ragazzino che sognava di riempire gli spazi vuoti sulla mappa era lui.
Per sedici anni Conrad fu prima ufficiale e poi capitano sulle navi mercantili britanniche. Girò il mondo e avrebbe poi raccontato molte delle sue avventure nei suoi romanzi, da La freccia d’oro a Cuore di tenebra. A 36 anni lasciò il mare per diventare uno scrittore, ma la passione per i viaggi non lo abbandonò mai.
Huw Lewis-Jones ha appena compiuto 40 anni, è uno storico dell’arte e nella vita è stato (ed è tuttora) guida per spedizioni polari, nonchè autore di libri e di programmi televisivi. Ha riunito 15 scrittori e illustratori di fama internazionale per scrivere insieme Le terre immaginarie. Un atlante di viaggi letterari, pubblicato in Italia da Salani.

Le prime mappe letterarie ponevano la Terra, piatta e circondata dalle acque, al centro dell’Universo, con il Sole e le stelle a girarci intorno. Nelle prime Bibbie, venivano raffigurate Roma e Gerusalemme al pari del giardino dell’Eden. La mappa era la narrazione visiva di ciò che il testo conteneva, secondo le conoscenze e le credenze dell’epoca. E al tempo stesso, si cercava di comprendere, letteralmente, il vasto mondo che ci circonda, all’interno di un piccolo foglio. Che non bastava mai.
Eppure, con informazioni limitate e strumenti elementari, i primi cartografi hanno creato mappe meravigliose: le prime carte nautiche presentavano isole e continenti reali, ma anche mostri marini e paure ancestrali. Nel 1513 un ammiraglio turco, Piri Reìs, per fare colpo sul sultano Solimano il Magnifico gli offrì in dono un portolano di cui ci è pervenuto solo un frammento. Nel frammento sono rappresentati dettagliatamente l’Oceano Atlantico, con le coste occidentali dell’Europa e del Nordafrica, e le coste orientali del Centro e Sudamerica. Erano passati pochissimi anni dalla scoperta dell’America, eppure la sponda atlantica del nuovo continente era stata esplorata e cartografata. Nella mappa di Piri Reìs si osservano quattro rose dei venti, strane creature, isole mitiche e perfino un accenno di coste dell’Antartide. Quella mappa costituisce uno straordinario trait d’union fra la cartografia reale, che punta a riprodurre la realtà, e quella immaginaria, che racconta il mondo che vorremmo o che sogniamo. E riempie gli spazi vuoti che ossessionavano Marlow-Conrad. Ecco perchè, secondo Lewis-Jones, la distinzione fra mappa reale e fantastica perde di significato: nelle sue “terre immaginarie”, ogni mappa, anche la più fantastica, è reale. E ci accompagna in viaggi straordinari.

C’è una data da ricordare, nella storia della letteratura. È l’estate del 1881 e Robert Louis Stevenson, per far divertire il figlioccio di 12 anni durante una piovosa e noiosa vacanza in Scozia, disegna una mappa. Nella mappa, un’isola dalle coste frastagliate con boschi, vette, paludi e insenature. Ci sono segnati solo pochi nomi, e parlano di avventure e disastri: la Collina del Cannocchiale, L’Isola dello Scheletro, Le Tombe. Sulla punta sudorientale dell’isola c’è una rosa dei venti e il disegno abbozzato di un galeone. E nel centro c’è una croce rossa come il sangue con accanto la scritta, anch’essa in rosso, Qui c’è la cassa del tesoro.
Da quel pezzo di carta è nato uno dei capolavori della letteratura mondiale, L’isola del tesoro. Da quando fu pubblicato, nel 1899, innumerevoli bambini sono approdati su quelle spiagge, si sono mossi con circospezione attraverso quelle foreste, hanno affrontato e sconfitto i pirati. Nulla sarebbe accaduto senza quei giorni di pioggia, senza quella mappa.

Negli ultimi 100 anni, la produzione letteraria è stata fortemente correlata alle mappe. Interi continenti sono stati creati dal nulla e popolati di personaggi straordinari.
Due esempi per tutti: la Terra di Mezzo in cui John Ronald Reuel Tolkien ambientò Il signore degli anelli (1954) e i libri a esso correlati, di fatto definendo i parametri del genere fantasy; e Westeros, il continente dove si dipana la saga delle Cronache del ghiaccio e del Fuoco, serie di romanzi pubblicati da George R.R. Martin a partire dal 1996 e diventati popolarissimi negli ultimi anni grazie alla serie tv A Game of Throne-Il trono di spade. Luoghi e personaggi di pura fantasia, ma fatti vivere su mappe così dettagliate e accurate da regalarci l’illusione di essere veri. Dalla Contea degli hobbit fino a Mordor, da Grande Inverno ad Approdo del Re, ormai tre generazioni hanno viaggiato attraverso queste mappe immaginarie eppure così reali nella loro raffigurazione dettagliata. Io stesso, da ragazzino, seguivo la lettura del Signore degli anelli sulla grande mappa allegata al libro. E quel lungo viaggio per distruggere l’unico Anello mi sembrava più vero che mai, tra boschi tenebrosi, lande desolate e montagne irte di pericoli disegnate con tanta geografica precisione.
Come disse Tolkien, «ho iniziato da una mappa e ci ho fatto poi entrare la storia». Detto così, sembra quasi facile.