di Silvestro Serra | Foto di Giuseppe Carotenuto
Da un anno il palazzo presidenziale ha aperto le porte all’arte del Novecento e al design. Per raccontare un’Italia che continua a creare e a essere eccellenza
Quindi non solo un palazzo di mille sale e saloni ricco di arredi e di opere d’arte del passato ma anche di testimonianze e archivi di prima mano che ricostruiscono la storia del nostro Paese. Visto il successo dell’iniziativa, il Presidente ha deciso di continuare sulla stessa strada e di aprire il Palazzo e i giardini anche alle opere di arte contemporanea. «Il Presidente ha voluto in qualche modo “rendere repubblicano” il Quirinale», dice a Touring l’architetto Renata Cristina Mazzantini che cura questa collezione. «Ha voluto che nella sede della massima magistratura dello Stato fossero esposte, accanto a tante meraviglie del passato, anche opere d’arte del periodo Repubblicano. Questa decisione è maturata proprio con l’apertura quotidiana al pubblico del Palazzo, resa possibile dal fondamentale contributo di tanti volontari del Touring Club Italiano. Con l’esperienza, ci si è resi conto che i visitatori del Quirinale vedevano un luogo in cui le lancette dell’orologio sembravano essersi fermate al Regno d’Italia. O meglio, al 1946. Questo poteva dare un’immagine distorta del Palazzo, che non è da tempo una dimora regale, ma che invece è vivo e vitale per la nostra democrazia». Ecco perché il Palazzo del Quirinale non va visto come un museo. «Vi si svolgono molte importanti funzioni, prima fra tutte quella di rappresentanza. Il Quirinale è il nostro biglietto da visita nei confronti dei Paesi esteri, dei loro rappresentanti in visita, degli ambasciatori. Ma anche delle parti sociali e degli enti locali ed è un orgoglio per tutti i cittadini». Spiega l’architetto. «Ed è per questo motivo che si sentiva il bisogno di esporre, accanto ai capolavori del passato, anche i lavori dei nostri nonni e quelli dei nostri figli. Si sentiva il bisogno di arricchire con nuove opere d’arte e di design il Palazzo, senza creare contrasti e con il massimo rispetto della sua storia e della sua aura istituzionale».
L’immagine del palazzo andava insomma in qualche modo modernizzata. Ed è così che è nato, la scorsa stagione, il progetto Quirinale Contemporaneo. «Occorreva aggiornare l’immagine del palazzo per ripristinare la percezione della continuità culturale nel Paese: la creatività italiana non si è mai spenta. Al contrario, la nostra tradizione artistica ha continuato a essere una fonte di ispirazione per molti artisti contemporanei. Basti pensare al quadro Nero e oro di Burri, che si ispira chiaramente all’antica arte dei mosaici di Ravenna. O ai dirompenti tagli di Fontana e alle sue tracce curvilinee, che rievocano lo scorrere dell’acqua e la sinuosità delle architetture veneziane». Un’ulteriore novità se si pensa che nell’ultimo periodo della monarchia le collezioni del Palazzo non furono particolarmente arricchite con opere contemporanee. Nella prima stagione di Quirinale Contemporaneo che si è inaugurata un anno fa in occasione della festa della Repubblica con il Palazzo aperto alla popolazione «sono state esposte le prime settanta opere che iniziano a dare continuità al patrimonio artistico del palazzo colmando intanto le più evidenti lacune. Ma si tratta solo di un inizio, perché sono ancora molte le correnti, gli artisti e i designer da accogliere. Per garantire un aggiornamento costante, si è pensato a un progetto in itinere, volto a acquisire annualmente le testimonianze degli artisti più significativi e integrare piano piano la collezione di dipinti, sculture e arredi del Quirinale». Il primo obiettivo è stato quello di togliere l’immagine di museo con queste presenze contemporanee e creare un dialogo tra le opere. «È stato un intervento molto garbato, che volutamente – proprio perché non siamo in un museo – non ha comportato alcun allestimento specifico. In base alla disponibilità, le opere e gli oggetti di design sono stati selezionati per armonizzarsi al meglio con le sale destinate ad accoglierli. Così, gli ambienti interessati dal progetto non risultano alterati, ma impreziositi e spesso più funzionali e meglio illuminati».
importanti, scegliendo – laddove possibile – gli esponenti più noti. Senza compiere scelte troppo sofisticate e senza correre dietro alle mode del momento. Non dobbiamo dimenticare che al Quirinale possono accedere tutti, persone di ogni livello culturale e istruzione e visitatori non necessariamente esperti di arte contemporanea o alla ricerca dell’avanguardia. Ci sono molti musei che possono soddisfare a pieno queste esigenze. Quindi, nella formazione della raccolta siamo partiti dagli artisti maggiormente noti al grande pubblico, per lo più accompagnati da una fama consolidata nel tempo. L’idea che guida il progetto è quella di inserire diversi artisti, appartenenti a varie correnti, con opere che vadano dal figurativo all’astratto e rappresentino il meglio del panorama artistico della nostra Repubblica». Nella prima edizione sono stati scelti 37 artisti (ai quali se ne aggiungeranno altri quest’anno). Si va, oltre che a Burri e Fontana, da Carla Accardi ad Alighiero Boetti, da Pietro Consagra a Giorgio de Chirico, da Renato Guttuso a Giacomo Manzù, da Arnaldo Pomodoro a Marino Marini... Una scelta comunque difficile. Il progetto ha incontrato ostacoli? «La prima edizione è stata allestita molto rapidamente. Tutto doveva essere pronto per la festa del 2 giugno». Ma con quale formula gli artisti (o i loro eredi) hanno concesso le opere al Quirinale? «Le opere sono state donate o date in comodato d’uso gratuito (ma con la necessità di assicurarle). Quindi non ci siamo rivolti ai musei ma agli artisti direttamente o alle fondazioni che li rappresentano o agli eredi tramite sempre archivi o fondazioni». Il secondo paletto? «Non tutte le fondazioni avevano opere da prestare o sono state disponibili nel prestarle. Altre opere le potremo acquisire in un secondo tempo di ritorno dalle mostre in corso. Abbiamo scelto la formula del comodato d’uso triennale anche in considerazione della scadenza del mandato presidenziale». Altri ostacoli? «L’istanza di tutela ha, in alcuni casi, vincolato la scelta delle opere. Avendo deciso di non creare un allestimento ad hoc e allo stesso tempo di non snaturare le sale, abbiamo potuto contare su un numero limitato di pareti disponibili. Abbiamo quindi privilegiato la scultura alla pittura e, in genere, abbiamo evitato opere che comportassero un’installazione invasiva. Ma l’istanza di tutela non è stata un ostacolo. Anzi, i vincoli sono stati delle opportunità: valorizzare allo stesso modo sia il presente sia il passato. Un mobile di Fornasetti serve anche per capire un Maggiolini, il grande ebanista. I “saperi” vanno attualizzati. Dico spesso ai miei studenti di restauro, al Politecnico di Milano, che le città o le architetture morte interessano gli archeologi, mentre gli spazi che continuano a vivere interessano gli architetti. Dobbiamo capire quale fortuna abbiamo nel possedere un tale patrimonio e farlo vivere, attualizzarlo. È come partire con un vantaggio».
Ma non ci sono solo opere d’arte nel progetto Quirinale Contemporaneo. «Infatti. L’altra grande novità che sarà anch’essa rinforzata con la seconda stagione che inaugurerà speriamo presto è quella dell’apertura del Palazzo alle opere di design, uno dei nostri settori di eccellenza. Nella prima edizione sono stati selezionati 33 lavori e oggetti firmati dai nostri grandi designer, da Cini Boeri a Gae Aulenti, da Achille Castiglioni a Michele De Lucchi, da Piero Fornasetti a Gio Ponti, da Gaetano Pesce a Vico Magistretti, a Marco Zanuso... La presenza di oggetti, lampade, tavoli, sedie, poltrone, complementi d’arredo d’autore (tutti donati dalle case produttrici) rappresenta ciò che il nostro Paese ha realizzato di meglio grazie ai suoi maestri, ai suoi talenti, alla loro creatività, progettualità e capacità produttiva in questi 70 anni di Repubblica. Un’apertura che si riallaccia alla tradizione del Quirinale che conserva nei suoi archivi, vetrine, armadi e cucine importanti collezioni storiche di servizi di piatti, porcellane, argenti, orologi...». Mazzantini prosegue «abbiamo voluto sottolineare il grande contributo del nostro Paese all’evoluzione dell’’Abitare contemporaneo’ attraverso il design, che è stata forse la forma d’arte più innovativa del periodo repubblicano, in cui si sono fuse tante conquiste della società dal secondo dopoguerra a oggi. Occorre sottolineare anche che la presenza di arredi, lampade e oggetti di design nelle sale aiuta a percepire ancora di più il Quirinale come la “Casa” degli italiani.