di Roberto Casalini | Illustrazioni di Gianluca Biscalchin
A cent’anni dalla nascita del grande regista romagnolo, ripercorriamo i luoghi della sua vita e del suo cinema, da Rimini a Cinecittà, da Fregene fino all’Abruzzo de La strada
Via Tuscolana 1055, Roma. Chi entra a Cinecittà, varcati i cancelli, si trova davanti a una grande testa coronata con gli occhi sgranati, conficcata nell’erba sotto i pini marittimi. È la testa di Venusia, che emergeva dalle acque del Canal Grande nelle sequenze iniziali del Casanova di Federico Fellini.
A Cinecittà tutto parla del maestro riminese. A sinistra c’è la Palazzina Fellini piena di cimeli, fotografie, abiti di scena e disegni. Nell’anno del centenario è stata riallestita da Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, mentre la parte museale offre tre percorsi felliniani. Dedicato al regista da qualche anno è anche il Teatro 5, il più grande d’Europa con i suoi tremila metri quadrati.
Giovanottino smilzo approdato a Roma da pochi anni, Fellini si innamora di Cinecittà nel 1941. Ci va in tram, gli studios allora sono in aperta campagna, e vede Alessandro Blasetti dirigere dall’alto di una gru La corona di ferro, un kolossal quasi peplum (film storico-avventuroso in genere ambientato in epoca romana). «Una sorta di Quo Vadis fatto in casa, di Ben Hur laziale» rievocherà. «In seguito, Cinecittà è diventata davvero la mia città». La reinvenzione di squarci di mondo – città come Venezia, epoche storiche come la Roma imperiale del Satyricon – comincia nel 1960, con La dolce vita.
Se gli esterni abbondano, tanto è anche il mondo di fuori rifatto in studio. A partire da via Veneto, che a Cinecittà corre in piano mentre dal vero è in salita e troppo erta e affollata per girarci, e alla cupola di S. Pietro dove Marcello Mastroianni e Anita Ekberg si incontrano. In seguito Fellini girerà qui Amarcord, I clowns, Prova d'orchestra, Ginger e Fred e Intervista. Ricostruirà in miniatura il quartiere dell’Eur – "Le tentazioni del dottor Antonio" nel film a episodi Boccaccio ʼ70, con il censore Peppino De Filippo perseguitato dalla gigantessa Ekberg che esce da un cartellone pubblicitario –, Trastevere – la piazza De' Renzi dove si svolge l'incontro furibondo fra due pugili in Roma – e, addirittura, nello stesso film, mezzo chilometro di Raccordo Anulare con quaranta lampioni, cinque cartelli stradali, quindici insegne pubblicitarie, quattro corsie con il guardrail e due osterie.
Girerà in interni anche altrove, Fellini: agli stabilimenti Titanus di via della Circonvallazione Appia, a Dinocittà sulla Pontina, alla Vasca Navale dove oggi c’è il dipartimento di Ingegneria, nella città militare della Cecchignola. Ma Cinecittà sarà l’amore di una vita.
IN PRINCIPIO ERA RIMINI
Fellini ha raccontato di essere nato su un treno in corsa, il 20 gennaio 1920. Suggestivo ma falso: c’era lo sciopero dei ferrovieri, treni non ne circolavano e Fellini nasce, com’era consuetudine allora, in casa. Dunque all’inizio c’è Rimini (e c’è già anche Roma, da cui proviene la madre Ida Barbiani).
Se volete fare un itinerario nei luoghi del regista, potete partire dalle molte case che il padre Urbano, grossista di alimentari, fa cambiare alla famiglia nel giro di vent’anni: viale Dardanelli 10 alle spalle del Grand Hotel (in studio, per Amarcord, Fellini lo farà ricostruire prendendo a modello l’ex casinò liberty Paradiso del Mare di Anzio), Palazzo Ripa in corso d’Augusto 115, Palazzo Ceschina in via Gambalunga 48, la Palazzina Dolci di via Clementini 9, per piantare le tende infine in via Dante 23. E proseguire con le scuole: l’asilo S. Vincenzo, la scuola statale Tanzi di via Gambalunga, il ginnasio-liceo Giulio Cesare (ma la maturità è in esterni: gli scritti a Cesena, gli orali a Forlì dove il ragazzo Fellini sarà anche guardia d’onore di Vittorio Emanuele III e ne imiterà i gesti, a suo dire, da coniglio). I cinema: sopravvive il Fulgor, restaurato di recente da Dante Ferretti. Nei dintorni Fellini va a Gambettola, a trovare la nonna paterna (la cascina dove in Amarcord lo zio pazzo, Ciccio Ingrassia, in cima a un albero urla: «Voglio una donnaaa!». Solo che quella cascina e quell’albero, nella realtà, sono in via Capo Due Rami a Ostia) e in campeggio da balilla a Verucchio, che oggi è una Bandiera Arancione Tci.
Gli scherzi, le “battagliole”, la fantasie di fuga: molto in Fellini è ritorno a Rimini, rimemorazione. Peccato che a Rimini il regista non abbia mai girato neppure un fotogramma. Prendete I vitelloni per esempio, dove il giovane Moraldo-Fellini (Franco Interlenghi) lascia il natio borgo selvaggio per andarsene a Roma: la stazione è quella di Porta Fiorentina a Viterbo. Una città che offre molte altre location “romagnole” al film: piazza delle Erbe e piazza della Rocca, mete di passeggiate serali e di festeggiamenti del carnevale. E il mare d’inverno? È Ostia. Su un’altra spiaggia, a Fregene, e in un altro film, plana un altro ricordo dell’adolescenza riminese: il pesce-mostro che chiude La dolce vita è lo stesso che nel 1934 si spiaggiò a Rimini fra lo sconcerto dei bagnanti. Amarcord farà anche peggio: “il borgo” – Rimini non è neppure nominata – viene tirato su in studio: se ci fate caso, la stazione di Rimini è in realtà l’ingresso di Cinecittà. E gli esterni? A Ostia Antica.
ROMA, LA VITA E I FILM
Fellini arriva nella capitale nel 1939. Lo segue la madre con la sorella Maddalena. Abitano all’inizio in via Albalonga 13, nei pressi di San Giovanni: la casa è stata ricostruita in studio per Roma e, oggi, una targa ricorda quella prima abitazione mentre l’androne del palazzo ospita una mostra permanente. Dopo un anno, Fellini va a vivere da solo in una camera ammobiliata in via Nicotera 26. Il posto esiste ancora, si chiama Residence Prati. Il cinema non è il primo amore: racconti umoristici, testi per la radio, articoli, vignette sono gli esordi professionali del riminese. E gli indirizzi giusti sono Palazzo Sciarra in via del Corso dove ha sede il Giornale d'Italia, viale Regina Elena 50 dov’è la redazione del Marc’Aurelio, e l’Eiar in via delle Botteghe Oscure 54, dove Federico conosce Giulietta Masina che sposerà nel 1943 andando ad abitare dalla zia di lei, in via Lutezia 11 ai Parioli. La prima casa della coppia, poi venduta in seguito al trasloco di via Margutta 110, è sempre ai Parioli ma in via Archimede 141/A: Federico e Giulietta la abitano dal 1956 al 1968.
Poi c’è la Roma – ricostruita, ma anche ripresa dal vero – dei film. C’è la Fontana di Trevi, vera che più vera non si può, dove Anita e Marcello si bagnano, e i fotogrammi fanno il giro del mondo. Piazza del Popolo dove Federico incontra gli amici al Bar Canova e dove Mastroianni e Anouk Aimée (ancora La dolce vita) rimorchiano una prostituta, via Veneto (Le notti di Cabiria) dove la candida Giulietta Masini prova a battere ed è scelta dal divo Amedeo Nazzari, Trinità dei Monti dove approdano gli sposini in luna di miele dello Sceicco bianco, che vedremo anche dalle parti del Quirinale, a Trastevere, in piazza S. Pietro e in piazza Campitelli. La Stazione Termini, teatro di arrivi carichi di speranze e congedi mesti come quello di Mastroianni e Masina in Ginger e Fred, è presente almeno in cinque film. E Villa Borghese (Roma), le Terme di Caracalla (Cabiria e La dolce vita), e ancora il Parco degli Acquedotti, Castel S. Angelo, S. Giovanni in Laterano, il mausoleo di Cecilia Metella, il Colosseo dove sfrecciano i motociclisti, il Foro Italico.
Spesso però la Roma felliniana non ha niente di turistico: come le borgate di Guidonia e Pietralata, Tiburtino Terzo e Idroscalo, dove Federico gira di notte con Pasolini quando prepara Le notti di Cabiria. Spesso sono posti che non si indovinerebbero se accaniti cacciatori di location non li avessero individuati: come la sede Rai di Ginger e Fred che è un palazzo della Magliana, come la stazione ferroviaria di Otto e mezzo che è un capannone dello Scalo S. Lorenzo. Anche questo gusto per il puzzle è Fellini.
LA SCOPERTA DELL'ITALIA
Prima di diventare regista (l’esordio in comproprietà con Lattuada, Luci del varietà, è del 1950) Fellini è sceneggiatore quotato: c’è anche la sua firma sul copione di Roma città aperta. Con Rossellini, girando l’Italia assieme a lui, Federico farà anche Paisà (Maiori nella Costiera amalfitana, Firenze, Porto Tolle e la Sacca degli Scardovari alle foci del Po). Con Alberto Lattuada, quand’è sceneggiatore di Senza pietà, nel 1948 un Fellini factotum si muoverà con disinvoltura fra militari americani e prostitute nella pineta di Tombolo, a Livorno. Con Pietro Germi si sposterà a Sciacca in Sicilia (In nome della legge) e in Calabria (Il brigante di Tacca del Lupo). Esperienze che metterà a frutto quando passerà dietro la macchina da presa. Così, già Luci del varietà punta su Capranica nella Tuscia, anticipando altre scelte nei dintorni (la festa popolare in La strada nella bellissima Bagnoregio), Lo sceicco bianco si muove fra Roma e Fregene (Alberto Sordi che tenta di sedurre sulla spiaggia Brunella Bovo) e Il bidone, dove il truffatore Broderick Crawford fa una brutta fine, ha molti esterni girati a Marino.
La strada, con il brutale girovago Zampanò e la mite mattocchia Gelsomina, è forse il film più on the road di Fellini: che lo gira a Fiumicino, a Roma (nei dintorni di San Paolo Fuori le Mura), nella Tuscia appunto e in Abruzzo. A Ovindoli, a 1400 metri d’altitudine, il divo Anthony Quinn è costretto a truccarsi all’aperto. E a metà febbraio, visto che manca la neve, Fellini e i suoi la creano requisendo tutte le lenzuola del paese e facendo piovere dall’alto trenta sacchi di gesso.
Nei pressi di Roma Fellini torna per La dolce vita: agli stabilimenti dell’Acqua Albula dei Bagni di Tivoli, al Palazzo Odescalchi di Bassano Romano, restaurato e riaperto di recente, per la festa sciamannata dei nobili. Luchino Visconti, gauchiste e aristocratico, carissimo nemico di Fellini, commenterà a denti stretti: «Quelli sono i nobili visti dal mio cameriere».
Il 29 marzo 1993 Fellini riceve l’Oscar alla carriera. Quell’anno però sarà un calvario: tre interventi chirurgici, poi un ictus e altre complicazioni. Morirà il 31 ottobre: il giorno prima cadevano le nozze d’oro per lui e Giulietta Masina. Il grande amore di una vita, assieme a Cinecittà.